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CAPITOLO 8

Con il fiato sul collo

Jackie trovò sulla porta il gruppo di poliziotti che l’avevano già fermato in precedenza. – “E’ possibile ora entrare?” – chiese abbastanza stufo di aspettare.
Gli rispose il Tenente Salvatore: – “Hanno quasi terminato, ma non si preoccupi, troverà la stessa scena del crimine che hanno trovato loro, il corpo verrà portato via più tardi.” – poi si volse verso un altro poliziotto e richiamandolo iniziarono a scendere le scale.

Dopo una decina di minuti vide tutti gli uomini della scientifica lasciare l’appartamento e decise di riavvicinarsi ai poliziotti, indicando poi l’uscio come per chiedere il permesso d’entrare.
“Certo, ma se non le spiace la devo accompagnare.” – fu la risposta di uno dei due poliziotti rimasti. Varcata la soglia gli fece strada lungo in corridoio, ignorando le varie stanze accessibili. Quando giunse alla sua fine gli disse: – “Qui nella stanza di destra può trovare il corpo del signor Calò. La stanza a sinistra invece è quella dove abbiamo ritrovato una macchia di sangue vicino al davanzale.”
Il giornalista entrò nella stanza dove si trovava il cadavere. Lo vide steso al suolo, piegato su di un fianco, la camicia che indossava era totalmente imbevuta di sangue.
Facendo il giro del corpo riuscì a mettersi in una posizione più favorevole per analizzare il corpo. Dove si era spostato vedeva in modo più evidente il profondo taglio sulla gola e l’assenza dell’occhio destro.
Provò a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa che catturasse la sua attenzione, come qualche segno lasciato da un’eventuale colluttazione ma non vide nulla. Probabilmente Tommy non aveva avuto nemmeno il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo.
Scattò diverse foto poi passò alla camera adiacente. Era in perfetto ordine. Si avvicinò alla finestra spalancata e il poliziotto che lo seguiva prese parola. – “Prima non era così. L’hanno lasciata aperta quelli della scientifica, noi l’abbiamo trovata accostata con segni di scasso.”
L’orientale si sporse dalla finestra e vide subito la traccia di sangue. Immediatamente scattò un’altra foto. Poco distante vide la scaletta antincendio: posò per terra la sua macchina fotografica e provò a fare un balzo per verificare quanto fosse possibile utilizzare quella via per la fuga.
Purtroppo inciampò nel davanzale e si ritrovò appeso per miracolo a quella scaletta. Il poliziotto gli stava già tirando dietro delle maledizioni chiedendogli se fosse impazzito e di tornare subito indietro.
Ora che la presa era più salda con un balzo deciso fece ritorno sul davanzale. – “Mi scusi ma volevo verificare se quella scala poteva essere stata usata dall’assassino…”
“E non poteva chiederlo?” – esclamò il poliziotto – “Questa prova è già stata fatta dalla scientifica. Hanno anche verificato che si potesse arrivare fino in strada ed in effetti era possibile. Quella scala può scorrere sia in alto che in basso.”
Conscio di non aver fatto una grossa figura, l’orientale si limitò a scattare ancora qualche foto e a girare per le altre stanze della casa.

Il picciotto di Don Orazio aprì la porta del bar “Da Angelo” e con fare sicuro si avvicinò al bancone. La persona con la quale voleva parlare era già lì ad aspettarlo, ma non immaginava che come piccola precauzione avesse nascosto una pistola sotto lo straccio che teneva a portata di mano.
“Saluti.” – disse Angelo.
“Saluti a te. Sono venuto ancora come portavoce di Don Orazio, il quale è molto contento del materiale che mi hai consegnato ieri, ma non è altrettanto contento delle modalità con le quali l’hai ottenuto.” – disse il picciotto.
Angelo alzò le spalle. – “Non ho corso alcun rischio e ho recuperato quello che volevate. Direi che il mio lavoro è stato eseguito egregiamente.”
“Ti avevamo detto di non dare nell’occhio! E tu cosa fai? Finisci su tutti i giornali per aver accoppato ben due persone in pieno pomeriggio, in una delle strade più trafficate e sotto gli occhi di tutti? Cos’hai da dire?” – gli chiese in modo duro.
“Qualche rischio andava corso, ma il fine giustifica i mezzi.” – rispose in modo secco il barista.
L’altro non era per nulla contento della risposta ma al momento sembrava volesse accantonare quel discorso. – “Veniamo allora al tuo secondo lavoretto. Tutto sistemato?”
A questa domanda la risposta di Angelo venne data con una voce decisamente più insicura. – “Beh, il bersaglio è stato colpito e a quanto ne so ora è in ospedale che sta per tirare le cuoia. Qualora per sua sfortuna dovesse riprendersi non c’è da preoccuparsi. Andrò in ospedale a finire il lavoro cominciato.”
“Che si chiuderà in giornata?” – chiese l’altro.
“Questo di sicuro.” – confermò Angelo.
L’altro sembrava soddisfatto. Prese il cappello che aveva appoggiato sulle proprie gambe e lo mise sul capo, abbassando la tesa per nascondere parte del viso. Si alzò dallo sgabello e fece per incamminarsi verso la porta, quando all’improvviso si voltò verso il barista e aggiunse. – “Non sono tenuto ad avvisarti ma ho ancora una cosa da dirti, che è solamente di tua utilità. Stai attento alla polizia, sanno di te, di quello che hai fatto ieri e pare abbiano due testimoni oculari. Non so quando avverrà ma credo che verranno a cercarti.”
Dicendo queste parole il picciotto si volse nuovamente e uscì dal locale.

Don Luca era seduto sulla poltrona della sua scrivania. Per quanto si sforzasse di tenere tutto sotto controllo un altro picciotto era stato fatto fuori… e in pieno giorno! L’assassino stava diventando difficilmente prevedibile o forse solamente più sicuro di sè.
Bussarono alla sua porta. – “Avaaanti.” – rispose.
Dalla porta fecero il loro ingresso i due scagnozzi che aveva ingaggiato per ritrovare Tommy. Uno dei due, Ian, si fece avanti per dare un resoconto dei fatti sincerandosi di zittire più e più volte l’altro, Frankie, che era dietro di lui tutto emozionato e che più di una volta tentò di intromettersi nel discorso per sottolineare quanto fossero stati bravi e rapidi nel risolvere la missione a loro assegnata.
“E adesso?” – chiese impaziente Frankie.
Don Luca lo guardò un po’ storto.
Per mettere una pezza prese nuovamente parola Ian. – “Vede Don Luca, Frankie si chiedeva se ora fosse il caso di andare a recuperare la Chrysler Fordor che guidava Tommy e che è rimasta sul vialetto davanti a casa sua…”
Don Luca fece un cenno con la mano per dare congedo ai due. – “Andate e riportatela qua in villa. Ora ho altre faccende da sbrigare.”
Attese che i due picciotti fossero usciti e sollevò la cornetta del telefono. Compose il numero della centrale di polizia e chiese di farsi passare il Tenente Salvatore.
“Totò? Sono Don Luca… quali buone notizie mi porta?” – gli chiese.
L’altro sembrò disorientato dalla domanda mirata, alla quale tra l’altro non era in grado di dare la risposta desiderata. – “Vede… dai nostri rilevamenti siamo sicuri che la mano che ha compiuto il delitto sia la stessa che ha ucciso Pietro Alliata. Per il resto abbiamo ricostruito i fatti, com’è entrato, cos’ha fatto e da dove è uscito… ora stiamo conducendo delle indagini…”
Il Don lo interruppe. – “Ma un nome? Ancora niente?!?”
L’altro rispose: – “No, effettivamente un nome non lo abbiamo ancora, ma non appena ne saremo in possesso la avviserò immediatamente.”
“Sarà meglio… e sarà meglio che ciò avvenga presto.” – e così chiuse la telefonata.

Angelo iniziò a preoccuparsi di come si stesse mettendo la situazione. La polizia lo ricercava, l’uomo che doveva far fuori si stava rivelando fin troppo tenace e non si decideva a morire e in più colui che aveva mandato a sorvegliare la situazione non si stava facendo sentire da ormai troppo tempo.
Era il caso di andare via da lì o comunque era meglio nascondersi, trovare il modo di coprirsi le spalle ed arrivare a fine giornata per portare a termine il lavoro che doveva affidargli Don Luca.
Doveva cercare rifugio in qualche albergo, la cifra che avrebbe pagato non gli importava, avrebbe pagato bene il silenzio con cui avvolgersi. Prese la cornetta del telefono e compose il numero dell’hotel “Le Torri”, un albergo tutto sommato di un certo livello situato ai confini dell’area industriale.
Quando dall’altra parte gli risposero si limitò a chiedere se c’erano delle stanze disponibili. Una volta avuta la conferma non avanzò alcuna richiesta di prenotazione, si limitò a ringraziare.
E ora doveva pensare a come proteggersi da una possibile accusa della polizia. Sia per quello che aveva già fatto che per le azioni che avrebbe potuto eventualmente compiere in giornata… d’altronde aveva dei lavori ancora in sospeso.
L’unico modo di salvarsi il fondoschiena con la legge era proprio quello di rivolgersi alla legge. Quello che doveva fare era affidarsi ad un avvocato ed era nella posizione di poter scegliere il migliore.
Prese la rubrica telefonica e ricercò il numero dell’avvocato Galante, personalità decisamente di prestigio in tutta Crylo, com’era anche risaputo il fatto che si tenesse molto vicina la famiglia degli Spironi.
Gli rispose la segretaria. – “Buon giorno, studio Galante. Desidera?”
“Buon giorno, avrei bisogno di poter fissare un incontro con l’avvocato, già nel pomeriggio.” – fu quello che disse Angelo.
La donna rimase basita. – “Mi scusi ma credo che potrà liberarsi solo questa sera tardi e solo se la cosa fosse davvero urgente. Vuole anticiparmi il suo problema?”
“Direi proprio di no, ne devo parlare con lui. E comunque sì, è una cosa davvero urgente, è questione di vita o di morte.” – tenendo per sé il fatto che intesse anche la sua di vita.
“Beh… mi spiace ma non credo di poter organizzare un incontro prima….” – provò a rispondere al donna ma fu subito interrotta da Corleone.
“Vede, il problema che mi spinge a chiamare il signor Galante non riguarda solo me… ma diciamo anche una famiglia più allargata… una che l’avvocato ha molto a cuore, non so se mi sono spiegato…” – disse sornione Angelo.
La donna cambiò espressione. – “Aah… quella famiglia allargata… in tal caso posso provare a sentire subito l’avvocato per vedere cosa riusciamo a fare. Ovviamente nel caso lei si fosse inventato tutto la ritengo responsabile di aver fatto perdere del tem….” – ma venne nuovamente interrotta.
“Non si preoccupi, ciò che le ho detto corrisponde a verità. Quando sarà in grado di dirmi qualcosa?” – le chiese.
“Mi richiami tra dieci minuti, va bene?”- chiese la donna.
“Perfetto, la ringrazio.” – e riattaccò la cornetta.
Aveva giusto il tempo di organizzare la sua momentanea fuga. Chiamò Nando al bancone e gli disse che quel giorno aveva degli impegni, che doveva lasciare il locale e che avrebbe dovuto pensarci lui a gestirlo. L’altro non ne sembrò minimamente preoccupato.
“Senti, avevo mandato Roberto in ospedale per tenermi informato sulle condizioni di salute di un tizio che è stato ricoverato oggi, un certo Tarano. E’ da un po’ che non lo sento, potresti trovare qualcuno da mandare là in ospedale e vedere cosa succede?”
“Ma sì, non c’è problema, ce penso io!” – gli disse Nando.
Corleone richiamò ancora l’attenzione del ragazzo. – “Ancora una cosa… tutte le informazioni che riesci a trovare fammele avere chiamandomi all’albergo ‘Le Torri’, io sarò lì. E mi raccomando, fammi anche da filtro nel caso mi cercasse qualcun altro. Segnati tutto e poi chiamami in hotel.”
Il giovane annuì, le cose da ricordare iniziavano a diventare tante. – “E per caso c’è altro?”
Angelo si fermò un attimo a riflettere. – “In effetti sì… ti spiace se uso ancora la tua auto? Ho visto che è già fuori comoda… almeno non porto fuori dal garage la mia…”
L’altro si strinse nelle spalle. – “Va bene figurati… ma ricordati di farmi il pieno!”
Corleone annuì e poi andò nel retro, salì una rampa di scale e si ritrovò in un corridoio che lo conduceva nel suo appartamento. Si preparò a partire e non dimenticò di portar con sè qualche ferro del mestiere.
Racimolato tutto ciò che poteva essergli utile, scese nuovamente nel retro del bar per chiamare lo studio legale.
“Pronto buon giorno… avevo chiamato prima. Volevo sapere se mi dava la conferma per l’incontro con l’avvocato…” – disse tutto d’un fiato Angelo.
La segretaria gli rispose: – “Il signor Galante ha accettato di vederla ed è disposto a fissarle un appuntamento tra tre quarti d’ora.”
“Non chiedo di meglio.” – fu la risposta del barista – “A dopo.”
Senza perdere altro tempo uscì dal locale e raggiunse la macchina.

Jackie ormai si sentiva quasi a casa alla centrale di polizia. Negli ultimi tempi non avrebbe saputo contare le volte che ci era stato.
Peter gli aveva detto di tornare nel pomeriggio per ricevere delle informazioni circa il duplice assassinio del giorno precedente e lui l’aveva preso in parola. Era lì perché voleva quelle informazioni.
Lo trovò praticamente subito e l’altro, senza perdersi in convenevoli, gli fece cenno di seguirlo e lo portò nella stessa saletta degli interrogatori dov’erano già stati in mattinata.
“Dunque Peter… cosa mi racconti circa il casino di via Pellegrini?” – fu la secca domanda dell’orientale.
“Sappiamo chi è stato! Si tratta di Angelo Corleone, un barista di un locale che c’è su nella parte nord di Crylo.” – rispose l’altro con prontezza.
“E come fai ad esserne così sicuro?” – gli chiese il giornalista.
“Vedi, abbiamo ben due testimoni oculari! Uno è il ragazzo che lavora allo sCRYviLO, quello con cui l’assassino ha parlato poco tempo prima di commettere il delitto. L’altro è un fruttivendolo, che aveva le proprie bancarelle proprio a due passi da dove è avvenuto il tutto.” – prese un attimo pausa, poi aggiunse – “E’ fregato! Gli abbiamo già messo un uomo alle costole per tenerlo d’occhio! Poi domani mattina verrà arrestato e portato qui in centrale per fare un confronto visivo con i due testimoni. E direi che la pena di morte non gliela toglie nessuno!” – concluse il poliziotto.
“Ok Peter! Ti ringrazio, sono informazioni preziose.” – e dopo aver riflettuto qualche istante riprese – “…mentre le informazioni che ti avevo dato io? Quelle che riguardavano la sparatoria davanti all’Hotel Royal…… avete scoperto qualcosa?”
Peter scosse la testa. – “No, purtroppo abbiamo fatto un mezzo buco nell’acqua. Per carità, qualcosa è successo: abbiamo interrogato diverse persone e alcune sostengono di aver sentito uno sparo. Il punto è che siamo entrati nell’albergo come ci avevi detto e lì non abbiamo trovato alcun indizio, nessuna traccia di sangue… e nemmeno in strada!”
“Beh, ma se sono quelle le prove che cerchi te le posso dare io!” – rispose tronfio l’orientale – “Ho scattato un paio di foto che possono provare l’esistenza di quelle macchie, sia in albergo che in strada.”
Al poliziotto si illuminarono gli occhi! – “E quando riusciresti a farcele avere?”
“Devo ancora svilupparle, ma direi che posso portartele stasera, quando verrò qui a ritirare a mia volta le informazioni sull’assassino di Tommy Calò. D’accordo?”
L’altro annuì e lo riaccompagnò nella parte degli uffici. Il giornalista però non perse tempo ed uscì dalla centrale.

Il telefono squillava nuovamente. Don Luca distrattamente sollevò il ricevitore.
“Pronto Don? Sono Livio…” – era la voce di Marturano.
“Dimmi tutto Livio… avete fermato il tizio sospetto di cui mi avevate parlato?” – chiese senza mezzi termini il Don.
“Certo! E’ ancora sotto le mani di Riccardo! Comunque sia ha già cantato, tutto quello che c’era da dire l’ha detto. Ci è voluto un po’ di tempo ma le cattive maniere usate da Ricky si sono dimostrate convincenti!” – gli disse Livio.
Don Luca non voleva attendere ulteriormente. – “Livio non tenermi sulle spine… chi è e che cosa vuole?”
“Come avevamo già capito solo a vederlo, è un pesce piccolo! E’ qua solo perché qualcuno gli ha detto di sorvegliare le condizioni del nostro Giulio… e sai chi è quel qualcuno? Il Macellaio!” – rivelò il picciotto.
Don Luca strabuzzò gli occhi. – “Cosa???” – non riusciva a credere ciò che stava sentendo.
“E’ così! Ma come avevo detto prima, non è che ci sia molto altro da aggiungere… questo tizio, che si chiama Roberto, è stato spremuto da Riccardo all’inverosimile, ma non ha più detto altro.” – concluse Livio.
“Va bene, adesso vedrò io cosa fare… voi continuate così ragazzi.” – e chiuse la telefonata.
Non perse tempo e compose subito il numero del bar “Da Angelo”, ma la persona che gli rispose non era quella che si aspettava. Lasciò detto di avvisare Angelo che aveva bisogno di parlargli e che si trattava del lavoro di quella notte, poi riappese la cornetta.
Aveva sentito che Ian e Frankie erano da poco ritornati, forse era arrivato il momento di dar loro una seconda missione, andare a cercare Angelo, ovunque lui fosse. Così li fece chiamare nel suo ufficio.
Non appena i due arrivarono al suo cospetto il telefono riprese a squillare. Don Luca iniziava ad odiare quell’oggetto. – “Pronto?”
“Sono Jackie, saluti.” – gli rispose l’orientale.
“A cosa devo il piacere?” – disse ironico il Don.
“La chiamavo per informarla su come stanno andando le mie ricerche! Ho importanti informazioni circa l’assassinio di ieri e dell’uccisione di Gabriel Novice. Pare sia stato Angelo Corleone.” – gli rivelò il giornalista.
Al Don scappava da ridere per non piangere. – “Ma quand’è che riuscirai a darmi qualche informazione che sia davvero una novità?” – pareva esasperato.
“Beh io ci tenevo solo a farle sapere quanto ho appreso io, ovvero che ci sono due testimoni oculari pronti ad inchiodare il killer e che la polizia lo sta tenendo sott’occhio.” – gli rispose con semplicità.
E fra queste parole l’orientale pareva finalmente aver dato al Don un’utile informazione che non sapeva. – “E così Angelo è sorvegliato dalla polizia? Bene bene bene…” – poi guardò i suoi due scagnozzi che erano ancora in attesa vicino alla porta. Il lavoretto che voleva dargli era saltato.
“Ma dimmi Jackie… riguardo l’omicidio di oggi? Cosa sai dirmi?” – chiese il Don cambiando argomento.
“Riguardo ciò che è successo a Tommy le chiedo di attendere fino a questa sera, finalmente dovrebbero darmi delle informazioni utili circa l’assassino.” – disse il giornalista.
L’altro sbuffò nuovamente. – “Ma tu pensa… pure io devo aspettare la sera per avere informazioni… e come al solito tu non arrivi prima in mio aiuto… Ma è possibile che vada sempre così? E scommetto pure che domani troverò una trafila di tuoi articoli sul giornale infinitamente dettagliati, perché lì sì che t’impegni a dire tutto.” – il tono era proprio seccato – “Chiamami non appena saprai qualcosa.” – e chiuse la conversazione.
Mentre appendeva il ricevitore gli parse di cogliere dei frammenti della conversazione dei due scagnozzi che stavano aspettando la sua attenzione. Da quanto aveva capito, Frankie continuava a dire a Ian che adesso che erano stati alzati di livello avevano tutto il diritto di guidare loro la Fordor nera.
Prima di dedicarsi a loro prese nuovamente il telefono e chiamò la centrale. Appena dall’altro capo poté sentire la voce del Tenente Salvatore iniziò a fargli domande circa dove fosse Angelo Corleone e come lo stessero tenendo sotto controllo.

L’altro gli disse che c’era un uomo che lo stava seguendo e che ad intervalli regolari di tempo si faceva sentire per aggiornarli sulla situazione.
Don Luca tutto sommato poteva accontentarsi di quel tipo di controllo, senza mobilitare i suoi uomini avrebbe comunque potuto sapere dove si trovava Angelo.

Dopo aver salutato Salvatore chiamò a sé Ian e Frankie.
“Ragazzi, ho per voi un nuovo compito. Dovete recarvi nella Sala Congressi, quella davanti all’Hotel Royal e cercare alcuni documenti che sono stati firmati stamattina, presi dal segretario Vittorio Capomonte e consegnati ad un uomo della sicurezza. Solo questo, non c’è altro.” – concluse il Don.
I due scagnozzi erano piuttosto elettrizzati di aver ricevuto subito e proprio da Don Luca un nuovo lavoretto da sbrigare. Mentre ancora stavano uscendo dalla porta si sentì Frankie indugiare e proporre nuovamente a Ian di prendere la Crysler nera.
Don Luca fece finta di non capire.

L’albergo ‘Le Torri’ era decisamente di buon livello, questo fu il pensiero di Angelo mentre ne attraversava la hall.
Al bancone dell’accoglienza vide una donna e si diresse verso di lei.
“Buon giorno. Avrei bisogno di una camera per tutta la giornata, avevo telefonato prima per assicurarmi che ne aveste a disposizione…” – esordì Angelo.
La donna annuì. – “Sì, ricordo, ne aveva parlato con me. Preferisce una stanza con vista sull’area industriale e la costa o verso il centro cittadino?”
L’altro alzò le spalle, la cosa non gli faceva alcuna differenza. – “Guardi, non mi interessa la vista… facciamo comunque quella che dà verso l’area industriale.”
“Va bene, allora le assegno la camera 403. Ecco le chiavi… e qui ci sono i documenti che deve compilare…” – disse la donna porgendo il tutto a Corleone.
“Documenti da compilare?” – chiese con fare ingenuo Angelo.
“Sì… esatto… i suoi dati… nome, cognome eccetera eccetera…” – gli confermò la donna.
Angelo estrasse il portafoglio e ne estrasse 80 dollari dandoli alla receptionist, la quale vedendo quella somma davvero spropositata sembrò essere in difficoltà. – “Io penso che questi possano bastare per pagare la camera e per dare a lei un piccolo compenso per evitare questo tipo di formalità. Ci terrei a non far sapere di essere qui. Siamo d’accordo?”
La donna annuì e non perse tempo a prendere il denaro a lei offerto. – “Sì sì sì… è stato chiarissimo, faccio perfino fatica a sapere che lei è qui anche ora che l’ho davanti a me…”
Angelo le sorrise. – “Perfetto, era proprio quello che intendevo”.
Dopodiché raccolse la chiave e la sua valigia e velocemente salì in camera per lasciare il tutto. Non mancava molto all’incontro con l’avvocato, aveva appena il tempo di fare un salto nella sua stanza.

Qualcuno bussò due volte alla robusta porta in noce dello studio di Don Luca. Dopo che quest’ultimo diede conferma di poter entrare, vide introdursi Tony Mancuso e solo questo fatto gli metteva già preoccupazione.
Notò anche che Tommy entrando non aveva chiuso la porta e ciò gli sembrò strano ma dopo pochi istanti vide che un altro uomo stava varcando quella soglia.
Era un uomo che aveva poco meno di sessant’anni, non molto alto e da come lo stringeva il doppiopetto che indossava lasciava intuire che fosse lontano dal suo peso ideale. Aveva capelli corvini, rigati qua è là da qualche fine striatura bianca, baffi molto fini e ben curati. Una sciarpa in seta bianca pendeva lungo il suo collo. Lo sguardo era fiero, il suo incedere era sicuro e nei suoi occhi si poteva leggere la consapevolezza del potere che esercitava sulle altre persone.
Di tutt’altro spirito era invece Don Luca, il quale sembrava davvero in soggezione. Non si aspettava minimamente una visita di Don Tommaso.
Il padrino si avvicinò alla scrivania, girandole attorno per raggiungere la poltrona sulla quale era seduto Don Luca, il quale in segno di rispetto avrebbe voluto alzarsi ma in quel momento le gambe non lo avrebbero sorretto.
“Buon giorno Carmeeelo…” – disse il padrino, che era solito chiamarlo con il suo secondo nome di battesimo.
“Sa..sa..saluti Don Tommaso… è un piacere averla qui…se l’avessi saputo magari avrei potuto farle trovare…” – iniziò Don Luca ma venne interrotto da un cenno della mano di Don Tommaso.
“Carmeeelo… se sono venuto qui oggi è perché le cose non stanno andando bene. Sii sincero… ma a te importa davvero della nostra famigghia?” – chiese il padrino.
Quella domanda spiazzò Don Luca. Sgranò gli occhi e sul subito non riuscì a rispondere, fu obbligato a riprendere fiato e poi riprese: – “Ma ma… come? Perché mi chiede questo? Sono giorni che mi sto facendo in quattro per proteggere la nostra famigghia…” – ma fu nuovamente costretto ad interrompersi sentendo che l’altro gli aveva appoggiato una mano sulla sua spalla.
“Appunto… ti avevo chiesto durante la mia assenza di trovare il cane che sta ammazzando i nostri uomini…e invece cosa succede? Che ora ci accoppano anche i nostri picciotti più fidati. E cos’altro ti avevo chiesto per voce di Tony? Di pensarci tu ad organizzare il funerale di Pietro… e invece niente, non hai organizzato un bel niente. E questo ti sembra rispetto verso la famigghia? Uno dei nostri muore e tu te ne freghi.” – le parole del padrino colpirono Don Luca più violentemente di un gancio di un pugile professionista.
Stava per balbettare qualche giustificazione ma Don Tommaso riprese a parlare. – “Carmeeelo… alle mie orecchie sono giunte le domande dei famigliari di Pietro, non sapevano cosa dovessero fare, se a questo punto dovevano pensarci loro ad organizzare il funerale. Ti rendi conto? La vergogna che ho provato nel sentire gente che umilmente chiedeva una degna cerimonia per il loro scomparso e che ancora non era avvenuta perché chi di dovere sembrava essersene dimenticato. Non hai avuto rispetto per quelle povere persone, né per Pietro né per tutta la famigghia…”
In quel momento entrò dalla porta Kate che teneva in mano un vassoio sul quale si trovavano due piccoli bicchieri, contenenti presumibilmente un liquore. Velocemente si avvicinò alla scrivania e depose i due bicchieri, dopodiché mantenendo sempre lo sguardo basso, uscì spedita dalla stanza.
La mano che si trovava sulla spalla di Don Luca si spostò per prendere uno di quei due bicchierini. Il Padrino ne bevve un sorso e si poi si fermò a guardarlo. Don Luca capì che non era il caso di farlo bere da solo e prese subito l’altro bicchiere.
Ne bevve giusto una punta poi finalmente trovò le parole per rivolgersi a Don Tommaso. –“Le chiedo scusa per la mia mancanza, effettivamente è stato un periodo dove mi sono ritrovato a gestire diversi problemi tutti legati alla nostra famiglia, ma le prometto che ora tutto andrà a posto. Organizzerò il funerale per domani. Per ciò che riguarda il bastardo che si è messo contro la nostra famiglia lo troverò, metterò fine a questa faccenda e la pagherà molto cara…”
Il padrino non distolse mai lo sguardo dagli occhi di Don Luca mentre quest’ultimo parlava e quando ebbe terminato, alzò un sopracciglio e gli rispose. – “Questo è il minimo, ma sono promesse che avevi già fatto e si sono dimostrate solo parole e la nostra famigghia è stata ancora colpita.” – sospirò – “Carmeeelo… mettiamola così, tu mi farai la cortesia di chiudere il tutto per la sera di San Petronio. Per quella sera dovrai avere già sistemato quel figlio di una buona donna e così tutti noi potremmo festeggiare sereni. Lo prendo davvero come un gesto di cortesia tuo nei miei confronti… e tu non vuoi essere scortese, vero?”
Don Luca aveva le spalle al muro, il significato delle parole del padrino era maledettamente chiaro. In pochi giorni era obbligato a risolvere tutto oppure il prossimo a saltare sarebbe stato lui. – “No, Don Tommaso… consideri questi problemi risolti per San Petronio.”
L’altro fece un cenno di assenso con il capo, finì il contenuto del bicchierino e poi fece un cenno a Tony Mancuso. Salutò Don Luca ed insieme al suo picciotto uscì dalla stanza.
Stava sudando freddo, sentiva davvero di essere alle strette e per quanto si aspettava che prima o poi Tony portasse avvertimenti di quel genere da parte di Don Tommaso, mai avrebbe pensato che il padrino venisse di persona a dargli un ultimatum.
Non appena riuscì a tornare in sé e a riprendere il proprio controllo chiamò Tullio Tumulo, un impresario di pompe funebri al quale erano soliti rivolgersi i Santè per le loro cerimonie.
“Buon giorno Tullio… sono Don Luca.” – si presentò il Don.
“Saluti a lei. Come posso esserle utile?” – gli chiese l’altro, ma in realtà già immaginava quale fosse il motivo della sua chiamata.
“Ovviamente per motivi tristi. Ti chiamo per organizzare due funerali. Uno per Pietro Alliata e deve avvenire assolutamente domani. Non voglio nemmeno discutere di farlo successivamente. L’altro funerale è per Tommy Calò e dovrà aver luogo il giorno dopo San Petronio. Tutto chiaro?” – furono le richieste del Don.
“Direi chiarissimo. I tempi sono stretti ma se queste sono le sue disposizioni sarà tutto fatto come da suo desiderio. Ma… mi dica… che funerali dobbiamo organizzare? Semplici o siamo nella categoria ‘di tutto rispetto’?”
Don Luca ci pensò un attimo, soffermandosi più che altro sul numero di anni di servizio dei due presso i Santè, ma alla fine decise che non era il caso di fare scelte che avrebbero potuto in qualche modo contrariare Don Tommaso, quindi optò per funerali in grande stile per entrambi.
Il Don aveva come l’impressione di sentire che dall’altro lato del ricevitore il becchino si stesse fregando le mani e sul quel pensiero lo salutò e chiuse la telefonata.

Angelo riuscì ad arrivare in orario all’appuntamento con l’avvocato Galante.
All’ingresso fu accolto dalla segretaria, la quale lo condusse in un’elegante stanza che altro non era che l’ufficio di Galante.
Si sedette su una sedia rivestita di un materiale simil-pelle e si fermò ad osservare attentamente quell’ambiente. L’avvocato doveva aver servito davvero bene gli Spironi.
I suoi pensieri vennero interrotti dall’ingresso di Galante, il quale non perse tempo a prendere posto dall’altra parte della scrivania dopo aver stretto la mano di Corleone.
“Buona sera. Ho cercato di riceverla il prima possibile dopo che la mia segretaria mi ha accennato le parti in gioco… ma sono curioso di sentire in cosa posso esserle utile…e come posso venire nuovamente incontro alla famiglia allargata…” – furono le parole dell’avvocato.
“Bene… da dove cominciare… vediamo. Diciamo che io sono sotto il loro servizio, mi hanno dato diversi incarichi e a causa dell’adempimento di questi lavori mi ritrovo in una situazione abbastanza spiacevole…” – disse Angelo che non sapeva ancora bene fino a che punto spingersi nel raccontare il tutto all’altro.
“Per situazione spiacevole immagino intenda ‘illegale’…” – disse Galante.
“Esattamente…” – fu la risposta di Corleone.
“In quale giro illegale è finito? E’ rimasto invischiato in un traffico di droga?” – gli chiese.
“No… altro…” – rispose evasivo il Don.
“Bische clandestine?” – riprovò l’avvocato.
“No… altro…” – disse Corleone scuotendo il capo.
“Denaro falso?” – insistette Galante.
“No… altro…” – rispose nuovamente.
“Un furto ed è stato beccato?” – provò ancora a chiedergli il suo interlocutore.
“No… nemmeno…” – gli rispose.
“Ma… non avrà mica ucciso qualcuno?” – chiese ancora l’avvocato.
Angelo sembrava non molto a suo agio. “Ecco… è questo il punto. In effetti dopo aver seguito gli ordini giunti dalla famiglia, qualche vita si è spenta per mano mia…”
Anche l’avvocato ora sembrava non essere più tranquillo rispetto a quanto lo era stato inizialmente. – “E quante ne avrebbe spente?”
Corleone prese un attimo di tempo per riflettere e poi rispose: – “Ecco vede io avrei ucciso due… anzi no…diciamo tre…oooh beh, sarebbero due al momento mentre un terzo individuo è sul punto di lasciarci o in ogni caso con un piccolo aiuto ci lascerà entro fine giornata…”
Galante iniziò a grattarsi il capo poi chiese ancora: – “Qualcuno ne ha le prove?”
“Riguardo la terza persona sono piuttosto sicuro di poter dire di no… mentre per le altre due pare ci siano dei testimoni…” – confidò Angelo.
“Questo potrebbe essere un problema. Vediamo subito di mettere le cose in chiaro… lei come si vuole porre di fronte all’accusa di omicidio? Negherà tutto?” – chiese l’avvocato.
“Non so come pormi… è proprio per questo che mi sono rivolto a lei, per avere un consiglio su come agire e avere il suo appoggio in caso di processo.” – gli disse il barista.
“Se vogliamo evitare la pena di morte direi che non è il caso di ammettere la colpevolezza… e per non peggiorare la situazione le consiglierei caldamente di stare tranquillo e di evitare anche solo di pensare di far in qualche modo sparire questi fantomatici testimoni oculari.” – suggerì Galante.
“Già… e poi non vorrei che avesse dei problemi anche la famiglia Spironi nel caso incastrassero me…” – aggiunse Angelo allo scopo di sottolineare quante persone rischiavano di trovarsi nei guai se ci fosse stato il processo.
“A tal proposito so benissimo che siamo sotto segreto professionale ma le vorrei chiedere se mi permette di sentire Don Orazio, per capire se in qualche modo lui ci possa venire in aiuto…” – fu la richiesta dell’avvocato.
“Un po’ d’aiuto di certo non lo rifiuto, quindi faccia pure…” – acconsentì Corleone.
A quelle parole l’avvocato si alzò e lasciò quella stanza.
Fece ritorno una decina di minuti dopo e la sua espressione parve più rilassata. – “Ho avuto modo di parlare con Don Orazio e di raccontargli il suo problema. Pare interessato a venirle incontro ha detto che farà il possibile per sistemare le cose a modo suo, ha solo bisogno di un po’ di tempo. Le devo chiedere quindi di tornare qui fra circa un paio d’ore per vedere se ci saranno buone novità.”
“Va benissimo… allora per il momento la ringrazio, ci sentiremo in serata.” – e salutò l’altro porgendogli nuovamente la mano.
L’altro ricambiò la stretta e lo fece accompagnare fuori dalla segretaria.

Visto che il tempo non gli mancava, Jackie decise di fare nuovamente un salto al giornale per sfruttare al meglio quella parte di giornata dedicandosi a sviluppare le foto scattate.
Purtroppo quelle della scena del crimine che riguardavano Tommy sapeva bene che non avrebbero dato nessun aiuto nella ricerca dell’assassino, ma se non altro sarebbero stato un illustre corredo all’articolo che sarebbe andato in stampa per il giorno dopo.
Già…l’articolo… aveva molto materiale e non aveva ancora scritto nulla. Anche gli appunti che aveva raccolto erano troppo in disordine per poterli affidare a Mario. Stavolta non poteva contare su di lui per scriverlo, ci doveva pensare da solo.
Ci avrebbe pensato in serata, ovviamente dopo essere andato in centrale: aveva appuntamento per le sette e mezza ma puntava ad essere già lì con un anticipo di mezzora, tanto se qualcosa era saltato fuori, a quell’ora dovevano già saperlo.
L’orientale spese parecchio tempo nella camera oscura.
Ora aveva fra le mani le due foto scattate durante il tentato omicidio (o forse riuscito…) avvenuto in mattinata. Le foto erano perfette: non c’era spazio a dubbi, le macchie di sangue erano decisamente visibili.
Era soddisfatto del proprio operato, quella sera avrebbe potuto consegnare alla polizia delle prove insindacabili riguardo quanto era avvenuto.

La preoccupazione in Don Luca non si era ancora spenta. Tante cose erano in balle o altrettante variabili potevano andare storte. Ma ora era nella condizione di dover far sì che tutto, ma proprio tutto, andasse per il verso giusto.
Nella sua mente fece il punto della situazione circa dove si trovavano i suoi uomini, quando li avrebbe rivisti e quali erano tutte le altre persone implicate in quei giri che potevano o meno influire nei suoi piani.
La faccenda Tarano era quella che gli dava più dubbi. Ora di possibili funzionari bancari di Nivarro ne aveva due, uno tenuto sotto controllo nella sua villa e una sua copia in fin di vita all’ospedale. Bene o male aveva a disposizione qualcuno che potesse firmare eventuali altri documenti per far andare in porto i progetti, solo che dichiarando la presenza di Tarano in ospedale poteva essere davvero complicato farne uscire un altro bello pimpante per svolgere quelle pratiche. Peggio ancora se Montgomery fosse morto.
Era il caso di pararsi contro qualsiasi evenienza, decise quindi di chiamare Arturo Casagrande. Egli non era altro che il direttore amministrativo dell’ospedale, con il quale in passato aveva già avuto a che fare con un reciproco scambio di piaceri.
“Pronto?” – gli rispose l’altro.
“Buona sera. Sono Don Luca”. – si presentò il Don.
“Aaah Don Luca… è un piacere risentirla… a cosa devo la sua chiamata?” – gli chiese l’altro.
“L’ho chiamata perché avrei bisogno che si prestasse particolare interesse per una persona che è stata da voi ricoverata oggi, mi riferisco a Giulio Tarano.” – confidò il Don.
“Sì, ho ben presente il suo caso… è tutto il giorno che uno stuolo di medici e infermieri si occupano di lui… conciato male il ragazzo… ma le posso assicurare che si sta facendo tutto il possibile per recuperarlo…” – volle confortarlo il direttore.
“Questo mi fa piacere, ma se devo essere onesto con lei l’ho chiamata anche per discutere su cosa fare nel caso non ce la dovesse fare.” – si fermò e sentì che anche l’altro era rimasto in silenzio, spiazzato dalla sua affermazione – “Bene, nel caso Tarano non ce la dovesse fare, questa notizia non deve essere divulgata, fate finta che sia ancora in vita.”
“Beh… questo potrebbe essere complicato… soprattutto nel caso si facessero vivi i famigliari…” – rispose Casagrande.
“Dei famigliari lei non si deve preoccupare, sono in contatto io con loro.” – mentì il Don – “Ma non si tratta solo di questo. In caso di decesso… o anche in caso di mia necessità… avrei bisogno della vostra collaborazione per procedere ad una sostituzione… mettere in un’altra stanza Tarano e continuare ad assisterlo sotto altro nome, mentre io vi darò un nuovo Tarano da mettere al suo posto.” – terminò Don Luca.
“Lei si rende conto di quello che mi sta chiedendo?” – chiede il direttore davvero preoccupato.
“Sì. E mi rendo anche conto di quanto l’ho aiutata in passato e di quanto potrei aiutarla in futuro…” – aggiunse il Don.
Il suo interlocutore rimase in silenzio per qualche istante, poi riprese: – “Beh, tutto sommato si può anche fare. Va bene, accetto la sua richiesta. Ovviamente mi aspetto poi il suo appoggio economico per la prossima apertura della nuova area nel reparto maternità…” – la buttò lì Casagrande.
“A tempo debito vedremo anche quella.” – disse il Don.
Dopodiché si salutarono e Don Luca rimase a pensare se c’era ancora qualcosa in sospeso che potesse sistemare.

Angelo fece nuovamente comparsa nella hall dell’albergo ‘le Torri’. Percorse velocemente tutta la distanza che lo separava dalle scale ma venne richiamato dalla receptionist.
“Mi scusi… l’ha cercata una persona… io naturalmente sono stata molto vaga circa la sua presenza, anzi non ho proprio dato conferme…” – fu la lunga premessa della donna.
“Di chi si tratta?” – chiese Corleone che non voleva perdere tempo.
“Mi ha detto di chiamarsi Nando…” – rispose la donna.
“Ah bene… sì, quando mi cerca lui passatemelo pure. Posso richiamarlo dalla mia camera o devo chiamare qui?” – si interessò il Macellaio.
L’altra gli disse che nella sua camera poteva solo ricevere, quindi per chiamare avrebbe dovuto usare quello. Si allontanò per lasciargli un po’ di privacy.
Compose il numero del suo bar e dopo poco il suo aiutante rispose. – “Da Angelo, pronto?”
“Ciao, sono io. Mi avevi cercato?” – disse Corleone.
“Ciao! Eh sì che ti avevo cercato! Ma… allora sei alle Torri… la tizia con cui ho parlato mi sembrava un po’ confusa…” – disse divertito l’amico.
“Sì, lascia stare… storia lunga… dimmi tutto.” – incalzò nuovamente Angelo.
“Allora, ho mandato Jimmy all’ospedale per vedere cos’era successo ed ho già ricevuto sue notizie. Prima di tutto non c’è traccia di Roberto… l’ha cercato ovunque ma senza successo, sembra si sia dileguato. E poi mi ha anche detto che ci sono novità circa Giulio Tarano. Sembra che l’operazione sia finita e che il ragazzo ce l’abbia fatta a sopravvivere.” – fu il resoconto di Nando.
Angelo rimase in silenzio. Entrambe erano davvero delle cattive notizie e sinceramente la seconda la preoccupava maggiormente.
Il fatto che Tarano fosse sopravvissuto implicava che entro la giornata avrebbe dovuto far un salto all’ospedale per completare quello che aveva cominciato in mattinata. In poche parole, altre grane.
“Non mi stai dando buone notizie…ma ti ringrazio…c’è altro” – chiese Angelo.
“Sì, ancora una cosa: ti ha cercato Don Luca aveva bisogno di parlarti.” – fu la risposta dell’amico.
“Ok, allora fammi sapere se qualcun altro mi cercasse… grazie Nando, ci sentiamo.” – concluse Corleone.
La receptionist era ancora distante e ne approfittò per fare una seconda chiamata.
“Pronto?” – fu la risposta alla sua telefonata.
“Buona sera Don Luca, sono Angelo… ho saputo che mi ha cercato…” – iniziò il barista.
“Aaah… Angelo… difficile trovarti ultimamente.” – si fermò, sembrava avesse cambiato idea su quanto voleva dire e poi riprese – “Sì ti avevo cercato solo per darti una conferma per stanotte. Puntuali a mezzanotte al porto, intesi?”
“Sì, certo, lei mi porta le due persone e io le faccio sparire…” – confermò Corleone.
“Forse sarà solo una… vedremo stasera.” – rispose l’altro.
“Come preferisce…” – concluse.
Si salutarono e Corleone fece un cenno alla receptionist per segnalarle che aveva finito.
Ora gli rimaneva da salire in camera, darsi una sciacquata e attendere il momento per tornare da Galante per avere un responso delle telefonata con Don Orazio. Presto avrebbe saputo quanto le cose si erano fatte complicate per lui.

Senza farsi troppi problemi Ian e Frankie avevano preso la Chrysler Fordor nera che usava Tommy, per raggiungere la Sala Congressi.
Videro che lì fuori c’erano dei poliziotti che sembrava facessero da spola tra la Sala e l’albergo Royal. Aspettarono in macchina diverso tempo, quando finalmente li videro andar via.
Fecero ingresso nella struttura e attraversando l’intero atrio raggiunsero una donna con i capelli rossicci, a metà fra la trentina e la quarantina d’anni, che si trovava in piedi dietro un bancone alle prese con un registro. – “Buona sera, non ci sono riunioni in corso al momento…posso fare qualcosa per voi?”
Fu Ian a rispondere bloccando subito uno slancio di Frankie. – “Sì signora, avremmo…”
“Signorina, prego.” – disse seccamente l’altra.
“Mi scusi, dicevo, avremmo bisogno di parlare con il signor Capomonte… dove lo possiamo trovare?” – stavolta riuscì a terminare la sua domanda.
“Sono spiacente ma il segretario è già terminato il suo orario di lavoro… è andato via circa un’ora fa.” – rispose la donna.
“E sa dove si lo possiamo trovare?” – incalzò nuovamente.
“Non sono la segretaria del segretario…” – disse con aria scocciata – “…ma presumo che sia tornato a casa.”
“E… dove?” – chiese Frankie ansioso.
La donna lo guardò male e aggiunse: – “Mi dispiace ma non sono tenuta a darle questo tipo di informazioni. Se non c’è altro vi chiederei di andare ora.”
I due scagnozzi si guardarono fra di loro e alzando le spalle emisero un sospiro. La loro ricerca sembrava essere più impegnativa del previsto.

Angelo Corleone volle essere ancora puntuale per l’incontro con l’avvocato. Si ritrovò a rivivere la scena di poco più di due ore prima, con la segretaria che lo accolse e lo condusse nell’ufficio di Galante.
Una volta all’interno l’avvocato lo fece accomodare e sembrava essere molto più tranquillo rispetto a quando l’aveva lasciato.
“Buona sera Galante… ci sono novità?” – chiese per evitare di continuare a stare sulle spine.
“Certo, diciamo che la situazione ha avuto una buona evoluzione.” – gli rispose l’altro con tono soddisfatto.
Con un cenno Angelo invitò l’altro a non fermarsi e a continuare ad esporgli quali fossero le buone notizie.
“Ho parlato poco fa con Don Orazio, il quale mi ha garantito di aver già risolto la sua situazione spiacevole.” – fece una pausa, poi continuò: – “Nel frattempo, grazie ai suoi informatori, è venuto a sapere chi fossero i due testimoni oculari. Uno è un giornalista dello sCRYviLO, l’altro è un fruttivendolo che ha il proprio banco in via Pellegrini.”
Angelo annuì per far capire che aveva ben presente le persone di cui l’altro stava parlando.
“Bene, sempre Don Orazio si è permesso di convincere entrambe le persone a dichiarare il falso, credo pagandoli ma di questo non posso esserne certo. Comunque sia le spiego meglio cosa accadrà: lei domani mattina verrà fermato dalla polizia e portato in centrale sotto l’accusa di omicidio. Lei dovrà seguirli senza protestare, senza rilasciare alcuna affermazione.
Verrà poi confrontato con i due testimoni oculari, i quali avendola davanti diranno di essersi sbagliati e che non è lei la persona che ha ucciso quelle due persone in via Pellegrini.”
Angelo faceva fatica a credere che tutto si fosse risolto così facilmente. Don Orazio si era proprio dato da fare!
“Quindi tutto si conclude così?” – chiese per conferma il barista.
“Esattamente. Deve solo rigare dritto e tutto sarà sistemato.” – poi abbozzò un sorriso – “Una cosa ancora ci sarebbe, la mia parcella. Metà mi è stata pagata da Don Orazio, l’altra metà è a suo carico, sono 90 dollari.”
La cifra era importante ma Angelo non sembrava curarsene, anzi, estrasse prontamente il portafoglio e saldò il suo debito, ormai era abituato a portare sempre con sé una forte quantità di liquidi.
I due si strinsero la mano ed Angelo venne congedato. Stavolta fu proprio Galante ad accompagnarlo alla porta e mentre ancora quest’ultimo gli faceva raccomandazioni sul rigare dritto, i pensieri di Corleone andavano a ciò che presto avrebbe dovuto fare in ospedale.

capitolo nono



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