Ogni riferimento a persone e cose esistite o esistenti e/o a fatti realmente accaduti e' puramente causale. Questo e' solo un gioco  
 

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Crylo e pallottole

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PERSONAGGI

Don Orazio Spironi … Padrino di Crylo
Don Tommaso Santè … Padrino di Crylo
Don Luca Carmelo Santo … Braccio destro di Don Tommaso
Tony Mancuso … Picciotto di Don Tommaso
Riccardo Storchi … Picciotto di Don Tommaso
Pietro Alliata … Picciotto di Don Tommaso
Montgomery Solomon … Elettricista del comune
Livì Ariette … Cantante e donna di spettacolo
Jackie … Insegnante di Arti Marziali e giornalista
Ciro Erba … Picciotto di Don Tommaso
Tommy Calò … Picciotto di Don Tommaso
Kate … Cameriera di Don Luca
Giulio Tarano … Funzionario bancario di Nivarro
Mario … Tuttofare dipendente de “La Voce di Crylo”
Oscar … Capo Redattore de “La Voce di Crylo”
Angelo Corleone … Barista e sicario
Roberto … Ragazzo che consegna i giornali
Nando … Aiutante di Angelo
Valente … Rinomato Sarto
Giuseppe … Poliziotto all’accoglienza della centrale di Polizia
Salvatore … “Maresciallo” o meglio capitano della Polizia
Peter … Poliziotto informatore di Jackie
Moschin … Tenente di polizia
Livio Marturano … Picciotto di Don Tommaso
Tito … Proprietario del Circolo della Botte
Giò … Buttafuori del Circolo della Botte
Sam … Croupier del Circolo della Botte
Gina … Ballerina e intrattenitrice del Circolo della Botte
Bruno … Poliziotto che si occupa di identikit
Gabriel … Giornalista di “sCRYviLO”
Nino … Receptionist dell’Hotel Royal
Gustavo Maluccio … Dottore di Crylo
Lulù … Cagnetta di Giulio Tarano
Mesino … Funzionario Bancario di Crylo
Josè Casari … Ricco petroliere
Vittorio Capomonte … Segretario Sala Congressi
Ian McMoin … Scagnozzo di Don Luca
Frankie … Scagnozzo di Don Luca

Era il 19 maggio e la città di Crylo si svegliava con una soleggiata mattinata primaverile del 1930.
Alcune signore munite di borsone di tela per la spesa si erano già avventurate per le botteghe della parte centro-meridionale della città alla ricerca di generi di prima scelta, nella parte nord le industrie stavano riaprendo i battenti per dar vita ad una lunga giornata di lavoro, mentre in tutta Crylo il traffico di autovetture era ancora blando, situazione che da lì a poche ore sarebbe decisamente cambiata. Nel mezzogiorno il modo più conveniente per spostarsi rimanevano le proprie gambe, a meno di non volersi infliggere gli ingorghi delle vie principali…
La maggior parte della gente del posto viveva in modo più che soddisfacente, in una città ben curata e che tecnologicamente si teneva al passo con i tempi. L’utilizzo dell’automobile era ormai diffuso, se ne vedevano parecchie circolare, a dire il vero alcune potevano essere scambiate per rottami, ma per lo meno il loro compito lo eseguivano!
Anche a livello di informazione la popolazione era discretamente soddisfatta: esistevano infatti tre testate giornalistiche e la radio era presente praticamente in tutte le case.
Il televisore invece era alla portata solo dei più ricchi, ma ai tempi aveva solo una funzione d’informazione, in quanto non esisteva ancora una realizzazione di programmi televisivi di intrattenimento. Un altro importante sistema di comunicazione molto diffuso era il telefono: lo si poteva trovare negli uffici, enti pubblici, luoghi come bar e ristoranti, le case di persone più o meno benestanti. Nei condomini più poveri, se presente, ce n’era uno a disposizione per tutti, ovviamente a gettone.
A ben vedere questa situazione di tranquillità poteva sembrare strana in quanto dietro ogni commercio, ogni iniziativa comunale, ogni nuovo edificio costruito o anche solamente dietro ogni nuovo esercizio aperto, correvano gli interessi di due potenti famiglie mafiose, quella di Don Orazio Spironi e di Don Tommaso Santè.
Le due famiglie erano in lotta fra di loro per ottenere il predominio sui traffici di Crylo, cercando via via di ampliare le proprie zone di competenza, senza pestare i piedi della famiglia rivale… o per lo meno di farlo in modo non troppo vistoso!
La polizia, pur garantendo la sicurezza della città, non disdegnava di prendere qualche mazzetta da entrambe le fazioni, con un reciproco accordo di non farsi del male a vicenda.
In effetti questa era la prima cosa che veniva insegnata ai picciotti di una “famigghia”, ovvero di non uccidere un poliziotto, in quanto un’azione del genere avrebbe creato non pochi problemi e rotto un equilibrio basato su determinati vincoli indissolubili.
I cittadini non vivevano in modo negativo tale situazione: se da un lato alcuni erano caldamente invogliati a favorire una famiglia o a versare dei pizzi, sapevano comunque di poter ricevere protezione da chi stava alle loro spalle o anche chieder loro dei servizi particolari che di certo la polizia non avrebbe potuto fornire…
Per sommi capi, nonostante gli Spironi e i Santè tentassero di prendere sotto il proprio controllo qualsiasi attività di Crylo, effettuarono involontariamente una spartizione che portò Don Orazio a tenere le redini della parte nord della città, mentre Don Tommaso quella sud.
Nella parte settentrionale la famiglia Spironi aveva sotto controllo la grande parte industriale, dove vi erano diverse aziende che si occupavano della produzione di gomma, pneumatici, posate, automobili, tessuti e diverse industrie chimiche.
Sempre a nella parte nord, verso ovest, a diverse altezze della città si trovavano la stazione (un mezzo veloce per arrivare nei due centri più grandi vicini, ovvero Nivarro e Galiena), il grande Teatro Ribalta e una specie di centro commerciale, per meglio dire un grosso supermercato su due piani, ospitante all’interno piccoli negozi gestiti dal proprietario del centro stesso.
Per quello che riguarda il lato residenziale oltre alle comuni case, vi erano stanziate anche le ville della popolazione ricca di Crylo.
Nella parte meridionale gestita dalla famiglia Santè si trovava il Duomo, la chiesa più grande di tutta la città e il cimitero.
Il territorio più ad est, affacciato sul mare, ospitava un attivo porto, il quale era uno dei punti nevralgici per il commercio.
Nel cuore di questa parte sud era anche stanziato il centro abitato più popolato, le botteghe dei vari commercianti ed era quindi l’area dove la densità dei cittadini era più alta.
Esattamente al centro di Crylo era situato il Comune.
Altri locali che meritano menzione sono il Circolo della Botte, luogo nel quale si vociferava vi fossero traffici poco legali e nel quale veniva praticato gioco d’azzardo, il Bar Bè che in pratica era un loungebar per una clientela un po’ eccentrica, ricavato da un vecchio salone da parrucchiera. Dalla lista dei posti di particolare rilevanza non devono essere dimenticati il Club Apollo e il Club del Giglio, i quali erano dei locali privati nei quali erano soliti andare rispettivamente i componenti della famiglia degli Spironi e quella dei Santè.
La nostra storia ebbe inizio da questo scenario…

CAPITOLO 1

Adunata alla villa

Don Luca Carmelo Santo era seduto alla poltrona della sua scrivania e rifletteva su tutte le cose che si trovava a dover gestire ora che la famiglia aveva bisogno di lui per portare avanti le attività in un momento tanto difficile.
Mentre chiudeva l’ultimo fascicolo sentì bussare alla sua porta. - “Avanti..”
La porta si aprì e fu varcata da Tony Mancuso, uno degli uomini di maggior fiducia di Don Luca, il quale con passo veloce si diresse verso quest’ultimo con fare preoccupato.
“Saluti Don Luca. Vengo per conto di Don Tommaso… vuole sapere a che punto è la situazione… l’arrivo di Tarano è previsto per domani e vuole assicurarsi che tutto sia stato accomodato.”
Don Luca con fermezza replicò: “Don Tommaso può stare tranquillo, ho già un piano e non ci saranno grane… lo scambio avverrà e i nostri interessi saranno fatti. Lo garantisco.” – poi senza aspettare una replica – “Se era solo una conferma che ti serviva ti congedo subito… ho un po’ di cose da vedere ora.”
Tony abbassò lo sguardo e salutandolo abbandonò la stanza.
I tempi stringevano, l’affare sarebbe dovuto andare in porto due giorni dopo, nella sua testa sapeva esattamente cosa fare: le ricerche erano state eseguite con ottimi risultati e l’autista di Tarano era già stato corrotto. Ora rimaneva solo da sbrigare l’ultimo piccolo dettaglio.
Senza perdere altro tempo Don Luca chiamò al suo cospetto Riccardo Storchi e Pietro Alliata. “Ragazzi, dovete procedere nel recuperare il sosia… sapete dove trovarlo…” Ricky chiese dubbioso: “Ma… con le buone o… con un trattamento speciale?”
“Ragazzi, siate convincenti ma non torcetegli un capello, fategli capire che gli devo fare un’offerta che non potrà rifiutare!” – poi con un gesto indicò la porta ai due dicendo loro di fare in fretta.
Montgomery Salomon si trovava in comune, aveva appena finito di sistemare le ultime cose e ora gli rimaneva da risolvere alcuni problemi di corto circuito segnalati dai proprietari del Teatro Ribalta.
Salì velocemente sul suo autocarro di lavoro e si mosse in direzione del teatro. La città sembrava tranquilla, la gente passeggiava godendosi la bella giornata di sole. Su alcuni muri erano appesi i manifesti pubblicitari per la festa di San Petronio, la festa patronale di Crylo, che avrebbe avuto luogo quattro giorni dopo.
Non gli sarebbe dispiaciuto poter partecipare a tale festa proponendo uno dei suoi spettacoli: ormai da diverso tempo aveva studiato particolari pratiche con i metalli e l’elettricità, ottenendo dei buoni giochi pirotecnici e luminescenti. Sarebbe stato davvero fantastico mostrare la sua abilità in un’occasione come quella della festa, un giorno nel quale anche le due famiglie si sfidavano nel creare il festeggiamento più spettacolare, ognuna organizzando particolari show nel proprio Club solo allo scopo di lasciare a bocca aperta il pubblico.
Finalmente arrivò davanti al teatro: incontrò subito il proprietario che gli mostrò quali erano i grossi problemi che dovevano essere sistemati dopodiché lo lasciò al suo lavoro. Dopo qualche ora si ritenne soddisfatto del proprio operato e tornò dal proprietario: lo vide occupato in una conversazione con un’altra persona. Stavano parlando di Livì Ariette, una nota cantante, giovanissima, la donna di spettacolo più bella per opinione di molti. – “Sembra proprio che Don Orazio abbia fatto il colpaccio! Si dice che Livì canterà al Club Apollo per San Petronio!” - “Oh, meno male, sembrava che non ci fossero molte idee quest’anno… ma già una presenza di questo calibro risolleva il tutto!”
Montgomery sentì questo discorso e, dal momento che lui parteggiava per il Club del Giglio visto che in fondo era Don Tommaso che aveva dato lavoro a suo padre al porto, gli venne in mente di tentare di sminuire la bionda diva. – “Ehm, scusate se vi interrompo, ma io l’ho vista… e secondo me sono solo le luci a renderla così bella… perché invece se la vedeste dal vivo notereste che ultimamente si è parecchio imbruttita… non è più la Livì di una volta…“
Il proprietario del teatro e il suo interlocutore si guardarono perplessi, non tanto per l’irruzione nella loro conversazione, piuttosto per la plateale boiata sparata dal giovane elettricista. – “Guarda ragazzo che io ho assistito ad un suo spettacolo nemmeno due settimane fa… e ti assicuro che mai vidi bellezza che potesse eguagliarla…“
E Montgomery: - “Beh ma è sfiorita proprio ultimamente, ormai pare proprio bruttina…” – ma venne interrotto dal proprietario spazientito – “Senta, piuttosto di dire certe minchiate andiamo a vedere come ha aggiustato le luci dietro al palco…” – e si diresse velocemente dove il ragazzo aveva lavorato nelle precedenti ore.
Provò tutto quello che prima non funzionava e stupefatto dai nuovi giochi di luce che Montgomery aveva installato si rifece serio e si avvicinò al ragazzo porgendogli 10 dollari – “Vedo che hai lavorato bene. So che dovrei pagare direttamente il comune ma… considera questo denaro come un incentivo a tenerti disponibile nel caso avessimo delle urgenze… di solito ci fate aspettare parecchio e tu lavori bene. Quindi spero di poter contare su un tuo pronto intervento nel caso avessimo dei problemi… siamo d’accordo?”
Montgomery prese al volo il denaro offerto, quella cifra corrispondeva ad un suo mese di lavoro. Annuendo lo ringraziò, dopodiché fece ritorno al suo autocarro.
Nessuna notizia interessante. Niente di niente. E neppure il dojo l’aveva chiamato. Sembrava essere il pomeriggio più noioso della sua vita. Jackie si alzò dal divano e iniziò ad eseguire degli esercizi con la sua katana.
Finchè la mancanza di iscritti ai suoi corsi fosse continuata avrebbe fatto meglio a concentrarsi sull’altra sua attività, questo era quello che si ripeteva nella sua testa. Lavorava come giornalista per “La voce di Crylo” ed era anche riuscito a farsi un nome su quel giornale riscuotendo molto successo per due articoli che aveva scritto in passato. Certo, una spintarella da parte di Don Tommaso l’aveva avuta per riuscire a farsi prendere in considerazione dall’editore nonostante la giovane età e la sua nazionalità orientale, però ce l’aveva fatta e ancora continuava a collaborare attivamente, guadagnando abbastanza per vivere più che dignitosamente anche quando il lavoro al dojo mancava.
Doveva concentrarsi, riordinare le idee e trovare il giusto filo logico da seguire per trovare il materiale per il suo prossimo articolo e se ci fosse riuscito sarebbe stato un altro successo.
Il soggetto del suo articolo sarebbero state le misteriose uccisioni avvenute nel corso dell’ultimo mese: nonostante la città fosse nelle mani di due famiglie mafiose, mai erano avvenuti così tanti delitti in un così breve arco di tempo… e tutti i morti appartenevano alla stessa famiglia, quella dei Santè.
Si stava anche spargendo la voce che Don Tommaso fosse così preoccupato di questi avvenimenti da lasciare la sua villa per nascondersi, ipotesi avvalorata anche dal fatto che ultimamente non era stato più visto al Club del Giglio e che nelle varie cerimonie si fosse fatto sostituire dal suo braccio destro, Don Luca Carmelo Santo.
Pensando a questi fatti Jackie decise di provare ad andare alla stazione di polizia, dove aveva un suo informatore, che magari avrebbe potuto fornirgli qualche dritta su cosa cercare.
Alla porta qualcuno bussò nuovamente. Don Luca disse seccamente - ” Avaaaanti.” Era di nuovo Tony. Aveva in mano un pizzino di Don Tommaso che consegnò prontamente. – “Don Tommaso voleva ricordarti come istruire il sosia… e che si aspetta che non ci siano errori. Gli affari in gioco sono troppo importanti.”
Don Luca lesse velocemente il foglietto di carta:

Lettera

Figlioccio mio, che anche se non lo sei è come se tu lo fossi, mi fido di te e so che riuscirai a mandare in porto l’operazione nel migliore dei modi, com’io avrei fatto. Mi aspetto di ottenere tutte le cose che ti riporto, non accetto problemi di nessuna sorta. La nuova stazione di servizio vicino al comune VA costruita, mentre non deve essere nemmeno presa in considerazione la costruzione del secondo parcheggio del grosso supermercato, i nostri bottegai l’hanno richiesto e questo fa parte di quelle piccole sicurezze che dobbiamo dar loro. DEVE passare il finanziamento per il nuovo cantiere navale, è troppo importante per noi. E mi raccomando, le ristrutturazioni del teatro vanno bocciate. Saluti Carmelo, non deludermi.

“Come dissi prima, sereno deve stare, ha lasciato la faccenda in ottime mani e garantisco che sarà un successo, la nostra famiglia ne uscirà vincitrice su tutti i fronti”.
Tony fece un cenno di assenso e si diresse verso la porta.
“Mentre scendi fai salire da me Ciro e Tommy.” – aggiunse Don Luca prima che l’altro uscisse.
Dopo nemmeno un minuto due imponenti figure in abito nero fecero ingresso nell’ufficio: erano Tommy Calò e Ciro Erba, due uomini al servizio della famigghia da molto tempo.
Il primo dei due si rivolse a Don Luca: “I miei saluti Don. Ci ha fatto cercare?” “Sì Tommy, ho bisogno di voi. Dovreste trovare e portarmi qui quel giornalista… quello giovane che era già venuto qui in villa a intervistare Don Tommaso pochi mesi fa.” “Sarà fatto. Immagino quindi che l’ospite vada trattato con cura…” – sentenziò Calò come a chiederne una conferma.
“Esatto, portatelo qui e trattatelo bene.” – aggiunse Don Luca senza aggiungere altro, poi il suo sguardo si spostò verso la finestra, come se i suoi pensieri stessero viaggiando già verso altri lidi.
I due picciotti capirono che il loro Don non avrebbe dato loro altri compiti e lasciarono con passo spedito l’ufficio.
Montgomery fece ritorno in comune; ormai era tardo pomeriggio e le cose più urgenti da sbrigare le aveva già portate a termine. Decise quindi di ritirare l’autocarro e prendere la sua bicicletta per far ritorno a casa, dove avrebbe trovato la madre probabilmente già intenta ad affaccendarsi per la cena.
In una decina di minuti si ritrovò ad imboccare il vialetto di casa sua. Scese dalla bicicletta e mentre le stava mettendo la catena sentì la presenza di qualcuno alle sue spalle.

Scattò in piedi in fretta e furia e vide due uomini ben vestiti, che sembrava stessero proprio aspettando di parlare con lui. – “Buona sera.” – disse l’uomo più vicino con voce forte.
“Buona sera a voi… ma… con chi sto parlando?” – chiese Montgomery abbastanza preoccupato.
“Siamo venuti qui per conto di Don Tommaso. Ha bisogno di parlarti… e a quanto pare sembra volerti fare una generosa offerta in cambio di un piccolo piacere. Qualcosa che non credo potrai rifiutare.” – spiegò Riccardo Storchi in poche parole.
Montgomery parve sollevato e il nome di Don Tommaso gli diede un minimo di sicurezza, visto quello che aveva fatto per il padre credeva fosse davvero il caso di andare a sentire cosa mai potesse volere da lui.
I due gli intimarono di salire sulla Chrysler Fordor nera parcheggiata davanti a loro, aggiungendo che l’avrebbero portato subito alla villa. Senza farselo ripetere il ragazzo salì sulla vettura.
In un altro punto di Crylo un’altra automobile si era messa in moto. Era la Ford V8 coupè di Jackie, che iniziava lentamente ad immettersi nel traffico cittadino, il quale era notevolmente aumentato rispetto allo scenario dell’inizio della mattinata.
Se fosse riuscito ad avere le informazioni giuste dal suo contatto in polizia forse avrebbe avuto finalmente una pista da seguire e, soprattutto, un articolo che sarebbe stato pagato a peso d’oro.
Dopo circa un chilometro e mezzo Jackie notò che un’automobile nera lo stava seguendo. Decise quindi di provare a fare qualche variazione al suo percorso, mettendo temporaneamente da parte l’idea di andare alla centrale per vedere se riusciva a seminare quell’inaspettato inseguitore.
Purtroppo sembrava non riuscire a prendere metri dall’altra macchina così decise di provare a fermarsi con noncuranza e di vedere la reazione dell’altra auto. Parcheggiò davanti ad un ferramenta e velocemente entrò nel negozio. Una volta all’interno si portò vicino alla vetrina per buttare un occhio su cosa stava accadendo fuori.
Vide che anche la sua macchina inseguitrice si era fermata e da essa erano scesi due uomini, grossi come armadi e vestiti di tutto punto che si erano diretti verso la sua Ford. Mentre non perdeva di vista le azioni dei due una voce lo richiamò catturando la sua attenzione. – “Mi scusi, posso esserle utile?” – era il proprietario della ferramenta, che sembrava essere abbastanza incuriosito dallo strano comportamento di Jackie.
“Ehm… veramente… beh… sì. Avrei bisogno dei chiodi.” – gli rispose avvicinandosi al bancone.
“Bene, ne abbiamo di diversi tipi, in base allo scopo… le faccio vedere quelli che ho qui disponibili in negozio.” – dicendo questo iniziò ad estrarre diverse scatoline da sotto il bancone.
Mentre il negoziante era preso ad esporre la sua merce Jackie lanciò un’altra occhiata all’esterno e vide che i due uomini si erano fermati davanti alla sua macchina e sembravano attenderlo lì.
“Bene bene bene, come le dicevo questi vanno bene quasi per ogni materiale…” – riprese il negoziante.
Jackie guardò la scatolina mostrata e annuendo disse – “Sì, questi fanno al caso mio, li prendo.” – estrasse un dollaro e lo diede al proprietario della ferramenta che cercò di fermarlo subito – “No, aspetti la scatola viene 10 centesimi… un dollaro è decisamente troppo e al momento non avrei il resto da darle…”.
“Tenga pure il dollaro, siamo a posto così.” – concluse Jackie.
Il negoziante parve un po’ in imbarazzo e iniziò a frugare sotto il bancone. – “Lei esagera… ma lasci almeno che le dia un piccolo omaggio. Ecco… era qui… dove diav…ah!
Ecco! Sarei felice se accettasse questo gadget della Macten, è un piccolo cacciavite, spero le possa tornare utile.” – e sorridendo glielo consegnò insieme alla scatola di chiodi.
Era arrivato il momento di tornare alla macchina e di capire cosa stesse succedendo.
Tornando alla sua Ford i due uomini iniziarono a guardarlo. – “Salve. Ti stavamo cercando per conto di Don Tommaso. E’ richiesta la tua presenza da lui in villa. Ora.”
“Di cosa si tratta?” – chiese Jackie insospettito.

“Noi non ne abbiamo idea, ma il Don vuole riceverti, subito, te ne parlerà lui. Possiamo portarti noi in macchina, poi ti riporteremo qui.” – concluse Tommy invitandolo alla macchina.
Senza altre domande Jackie salì sulla vettura dei due picciotti.
La macchina con a bordo Montgomery arrivò ai cancelli della villa. Dopo un paio di parole scambiate tra Ricky e un uomo messo di guardia, la macchina ricominciò la sua marcia fino ad arrivare al parcheggio interno.
Ancor prima di entrare all’interno della casa dei Santè, il giovane elettricista venne perquisito e una volta accertato che non avesse armi, fu condotto da Ricky direttamente nell’ufficio di Don Luca.
Montgomery rimase un piacevolmente stupito nel vedere l’eleganza di quel salone: da un lato troneggiava una bella scrivania dietro alla quale era seduto un uomo che lo stava fissando.
Dall’altra parte della sala c’era una specie di salottino con alcuni divani e lì venne fatto accomodare.
Anche Don Luca prese posto sul divano, mentre Riccardo Storchi rimase sulla porta per garantire un rapido intervento in caso di necessità.
“Saluti. Ti ho fatto condurre qui perché Don Tommaso, e quindi la nostra famiglia, ha bisogno di te.” – iniziò con calma il Don.
“Bene, se posso esserle utile vedrò di adoperarmi come potrò per far tutto il possibile per aiutare…” – ma Montgomery venne zittito da un’occhiataccia di Ricky.
“Stavo dicendo…” – riprese Don Luca – “Che avremmo bisogno che tu ti presentassi in un determinato luogo al posto di un’altra persona. Come vedi è un lavoretto piuttosto semplice. E verrai ben pagato.”
“Ottimo! Direi che è una cosa che posso fare… se poi fosse anche possibile magari dare un aiuto anche a mio padre, lui lavora al porto, quello che è stato tanto favorito da Don Tommaso, sì insomma sarebbe magnifico se…” – il fiume in piena di parole di Montgomery venne nuovamente interrotto da Ricky.
“Miiii… muto devi stare mentre parla il Don… e che cazzo, sempre ad interromperlo…” – si lasciò scappare Ricky sempre fermo sull’uscio della porta.
Don Luca fece un cenno d’assenso al suo picciotto e riprese il suo discorso: “Domani arriverà qui a Crylo un certo Giulio Tarano. E’ un giovanissimo figlio di papà che si ritrova a fare il funzionario bancario. Verrà qui perché tra due giorni avrà una riunione insieme ad altri quattro funzionari per decidere come finalizzare alcuni investimenti. Tu dovrai andarci al posto suo e prendere alcune decisioni per noi molto importanti. Sappiamo che due voteranno sicuramente come noi vogliamo, ma sappiamo altresì che due voteranno in modo totalmente opposto, quindi l’ago della bilancia sarai tu.” – e si fermò per vedere se Montgomery avesse capito.
Il giovane pareva dubbioso – “Chiedo scusa ma non mi è chiaro…“
Don Luca, spazientito, iniziò a ripetere ciò che gli aveva detto primo e finalmente sembrava che tutto era stato compreso. “Bene. Allora ricordati questo: devono passare i finanziamenti per il nuovo cantiere navale e per la costruzione dell’area di servizio vicino al Comune. Invece NON deve essere stanziato denaro per la ristrutturazione del Teatro Ribalta, né per la costruzione del secondo parcheggio del centro commerciale. Intesi?” – chiese Don Luca che purtroppo sembrava intuire che la risposta sarebbe stata negativa.
“Forse farei meglio a prendere qualche appunto circa queste cose…” – confessò Montgomery.
Dalla porta Ricky si fece scappare un altro commento – “Miiii, per le cose elettriche sarà un genio ma per tutto il resto è un coglioooone!”
Don Luca rise divertito e rifece la lista delle cose che il giovane doveva ricordarsi. Riccardo si mosse dalla porta e consegnò al suo Don un foglio. – “Questo era insieme alle informazioni che ci ha dato Don Tommaso. Su questo foglio è presente la firma di Tarano, il Don vuole che il sosia la impari e la esegua in modo impeccabile”.
Don Luca annuì. – “Già, anche questo è necessario. Allora facciamo così: Ricky ti starà appiccicato finché non imparerai a fare questa firma. Domani verrai portato da un nostro sarto per un abbigliamento adeguato e poi si procederà alla sostituzione.”
Montgomery si limitò ad annuire col capo.
“Perfetto, ora potete portarlo via, per domani deve filare tutto liscio.” – e diede congedo sia a Riccardo che al giovane elettricista.
Ciro Erba condusse Jackie fino alle porte della villa dei Santè. Qui l’ospite venne perquisito e fu costretto a lasciare chiodi e cacciavite all’ingresso. Salendo la scalinata interna della villa incrociò altre due persone che la stavano scendendo, uno era verosimilmente un altro picciotto, l’altro sembrava vestito da lavoro.
Jackie era già stato in quella villa in occasione dell’intervista a Don Tommaso e si ricordava abbastanza bene la strada, tuttavia notò che stavolta lo stavano conducendo nell’ala opposta.
Venne portato in un lussuoso ufficio, al cui interno un uomo seduto su un divano gli disse di accomodarsi. Così fece, mentre Ciro invece rimase sulla porta.
“Saluti, nel caso non mi conoscesse sono Don Luca Cammmeeelo Santo.” – iniziò il Don. “Sì, la conosco, gode di una certa notorietà in città…” – confermò Jackie.
“Bene, visto che già mi conosce direi di saltare i convenevoli… e di parlare di affari. Le posso far portare qualcosa da bere? – chiese Don Luca mentre stava raccogliendo le idee. “Un whiskey andrà benissimo.” – fu la risposta dell’orientale.
Dopo pochi istanti entrò Maria, l’avvenente cameriera di Don Luca, dalla scollatura generosa e la gonna incredibilmente corta rispetto a quelle che di vedevano in giro. Fatta eccezione per i night.
Portò due whiskey e chiese se c’era altro che potesse fare ma Don Luca rispose che questo era sufficiente, al momento.
“Allora, veniamo al dunque. La situazione in città si fa calda. Tutte queste uccisioni di miei uomini stanno generando non poca ansia all’interno della mia famiglia. So che lei ha dei giri giusti per avere informazioni che potrebbero aiutarci a far un po’ di luce su cosa sta avvenendo e perché no, magari anche per trovare quei figli di bottana che stanno dietro a questi delitti.
Può essermi utile, Jackie?” – concluse così il suo monologo.
“In effetti penso proprio di sì. Ho alcuni informatori, anche nella polizia, che credo possano darmi qualche utile informazione per capirci qualcosa.” – ammise l’orientale.
“E posso sapere il nome di questi informatori? Magari sono gli stessi che ho anch’io…” disse sibillino il Don.
“Preferisco non svelare il nome di chi mi passa le soffiate…” – rispose seccamente.
Dalla porta si sentì Ciro dire: - “Miii, anche il gallo canta la mattina…” ”…e muore la sera.” – aggiunse don Luca con un mezzo sorriso.
“Va bene, questa era una delle cose che avevo da chiederle… poi ci sarebbe un’altra cosa, più frivola diciamo. Tra pochi giorni sarà San Petronio e ho sentito che la stella Livì Ariette probabilmente parteciperà allo spettacolo organizzato dalla famiglia delle Spironi.
Io so che in passato lei ha avuto a che fare con Livì, vorrei chiederle se potesse riuscire a convincerla di venire a cantare al nostro club. Ah, non guasterebbe se poi nei suoi articoli facesse cattiva pubblicità circa quello che ha organizzato Don Orazio…” – ma il discorso del Don venne interrotto da Jackie.
“Mi spiace ma su quest’ultimo punto non posso venirle incontro… non è nei miei principi… riguardo invece Livì… beh, vedrò quello che posso fare.” – poi soffermandosi a pesare quello che gli aspettava aggiunse – “Ma dal momento che le mie ricerche partiranno dal Circolo della Botte, avrei bisogno di una scorta… me la può fornire?”
“Certo, ed essendo accompagnato dai miei uomini di sicuro non avrà problemi ad entrare. C’è altro?” – chiese pensando che le richieste non fossero finite.
“In realtà sì, avrei bisogno che il pagamento fosse anticipato… avrò bisogno di denaro nel corso delle mie indagini…” – ammise Jackie. “Avevo intenzione di darle 30 dollari, una bella cifra quindi. La riceverà subito, lascerò delle indicazioni ai miei uomini del piano di sotto.” – lo rassicurò.
“Perfetto, allora comincio subito.” – l’orientale salutò il Don e venne accompagnato da Ciro all’ingresso dove ebbe modo di recuperare le sue cose, denaro compreso, e poi venne riportato alla sua macchina.

CAPITOLO 2

Le cose si complicano

Alle sei del mattino, in un vicolo del centro di Crylo venne ritrovato il cadavere di Pietro Alliata. Per terra in un lago di sangue, presentava la gola tagliata e il suo occhio destro era stato asportato.
Quando la notizia venne resa nota a Don Luca delle grida di disperazione rimbombarono nella villa. “Ma perché diavolo quel cornuto è andato in giro da solo? Ma lo sapeva che è pericoloso, soprattutto ultimamente.. ma perchèèèè?!?!?” – scoppiò Don Luca livido di rabbia. Nel vedere questa reazione Ciro Erba, il quale aveva portato la notizia al don, stava già imboccando la porta per mettersi al riparo ma venne prontamente richiamato. – “Ciro, chiamami subito qua gli altri, è il momento di muoversi.”. Si sentì bussare alla porta della casa di Montgomery. Il giovane ragazzo stiracchiandosi iniziò ad andare verso la porta, passando vicino alla cucina, dove si stava riposando il picciotto che era stato messo a sorvegliarlo.
Prima di aprire diede un’occhiata alla finestra e vide che le Chrysler parcheggiate nel vialetto erano diventate due. Sentì nuovamente bussare, più insistentemente.
Montgomery aprì e si ritrovò davanti un altro gigante, ben vestito che senza dargli il tempo di dire niente gli domandò: “Dov’è Ricky? DEVO parlare con lui.” – ed entrò in casa. Il giovane ragazzo si limitò ad indicare con un cenno del capo la stanza vicina, dalla quale stava già sopraggiungendo Riccardo.
“Ricky, hanno fottuto Piè! Stanotte… l’hanno trovato sgozzato in città.” – diede queste notizie senza una pausa.
Riccardo parve sconcertato – “Nooo…. merda… anche Pietro… ora chi è stato ha passato il limite, se mettiamo le mani su quel bastardo…….” – e mentre il picciotto continuava ad aggiungere colorite frasi, Montgomery perse l’interesse di ascoltarli e andò a fare colazione. In un altro punto della città un’altra persona stava bussando con una certa agitazione ad una porta. “Svegliati Jackie, fai in fretta!”. Era Mario, lavorava alla Voce di Crylo e si occupava principalmente di smistare la posta e fare piccole commissioni.
“Ma chi diavolo è?!” – disse l’orientale senza aver ancora aperto la porta.
“Dai Jackie, sono Mario, mi manda Oscar… devi correre in centro, hanno seccato uno dei picciotti dei Santè. Devi mettere le ali ai piedi, Oscar è già abbastanza nervoso, ha saputo che quelli di Crylo all’ascolto sono già stati sul posto!”. – e quando il Capo redattore era nervoso era proprio il caso di farsi spuntare quelle benedette ali. Compresa l’importanza di quella notizia Jackie si diede una mossa per prepararsi. Don Luca aspettava l’arrivo dei suoi picciotti ma il più veloce ad arrivare fu quello che avrebbe preferito ritardare l’incontro. Tony Mancuso. Sapeva già che avrebbe portato brutte notizie e così fu – “Don Tommaso è furioso… non capisce come possa essere successo ancora… e sotto il nostro naso. Vuole che chi è stato venga trovato, subito, e massacrato. Non accetterà di perdere altre persone della sua famigghia….”
Don Luca queste cose le sapeva bene e non gli permise di andare oltre – “Tony, ricordati con chi stai parlando. Sto già facendo il possibile e poi cosa credi? Voglio come il nostro don trovare la bestia che sta dietro a queste uccisioni. Quindi ora vattene pure a dirgli che non deve preoccuparsi.” – la risposta di Don Luca fu piuttosto secca.
Tony era già vicino alla porta quando si fermò e nuovamente si rivolse al Don – “Ci sono ancora due cose che Don Tommaso mi ha detto di chiederti. La prima è a che punto stava la faccenda del sosia… lo scambio dovrebbe avvenire fra non molte ore. E la seconda cosa riguarda Pietro… il don vorrebbe che ti occupassi dell’organizzazione del funerale. Vuole che ci sia onore e rispetto per quel momento”.
Don Luca rimase un attimo a pensare, il fatto che la sostituzione del sosia dovesse avvenire da lì a breve gli era passata di mente… e non era da lui. Quando rialzò la testa Tony era già andato via ed erano sopraggiunti Ciro, Livio e Tommy. “Tommy, io e te adesso andiamo alla polizia a recuperare qualche informazione, voi due andate in città, dov’è stato ucciso Pietro e raccogliete quante più informazioni potete.” – senza aspettare alcuna risposta si diresse verso il suo cappotto. Angelo stava pulendo il bancone del suo bar quando Roberto entrò per portargli la solita copia giornaliera di “Crylo all’ascolto”. – “Madò Angelo, hai sentito? Ne hanno fatto fuori un altro! E stavolta proprio un picciotto di Don Tommaso!” Angelo prese velocemente il giornale sulla cui prima pagina svettava la notizia che il ragazzo gli aveva anticipato. “Ma… Angelo… non è che per caso tu c’entri qualcosa?” – chiese sospettoso Roberto. E la domanda poteva anche essere lecita. Al di là di essere il gestore di un sudicio e malfamato bar ai margini della zona industriale di Crylo, Angelo aveva una seconda attività, meno lecita ma senz’altro meglio pagata. Lui faceva sparire le persone. E a differenza dei migliori spettacoli di magia, non le faceva poi riapparire. Per lo meno non vive.
Lesse la dinamica dell’uccisione – “No, non c’entro niente… e poi ti pare che io mi metta a sgozzare la gente? No… non è il mio stile.”
Il suo interlocutore annuì e aggiunse – “Senti… offrimi un caffè, io poi andrò in centro dov’è successo il fattaccio, se scoprissi poi qualcosa verrò a tenerti informato”. Gli versò quell’intruglio nero che aveva nella moka, pensando al fatto che qualcuno gli stava portando via il lavoro. Quando il ragazzo se ne andò decise di strappare via quella pagina di giornale. Era meglio non conservarla.
Jackie aveva ricevuto informazione di dove trovare la scena del crimine, un vicolo che tagliava una delle vie principali del centro città. Imboccandolo venne fermato da due poliziotti
– “Mi spiace ma questa strada al momento è chiusa.”
“Sono un giornalista, vengo a fare solo qualche scatto” – rispose l’orientale mostrandogli la macchina fotografica.
Dopo aver richiesto di esibire il patentino, uno dei due poliziotti si offerse di accompagnarlo e gli mostrò dove era stato ritrovato il corpo: una grossa macchia di sangue era presente sulla strada, dietro una pila di spazzatura. – “Ma… il corpo?”
“E’ arrivato un po’ tardi, è già stato portato via per la prosecuzione delle indagini.” – commentò il poliziotto.
Jackie iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di indizi e vide solo che la traccia di sangue partiva molto prima della grossa pozza nella quale era stato ritrovato il corpo. Alzando poi la testa vide che diversi curiosi si erano affacciati alla finestra e lo stavano osservando. In particolare una coppia di anziani iniziarono a muoversi con agitazione – “Lo abbiamo trovato noi! ! E’ nostro il merito! ! ”.
Jackie si avvicinò per sentire cos’avevano da dire i due vecchi: - “Sì, è vero! L’ho trovato io stamattina quando sono andato fuori a vuotare la spazzatura… e da bravo cittadino ho chiamato subito la polizia!”
“Sa dirmi qualcos’altro?” – interrogò l’orientale.
“Beh no.. se non che quell’uomo era in un lago di sangue… e non parliamo del suo viso… raccapricciante…. Qualcuno gli aveva strappato via un occhio… una scena orribile.”
“E’ sicuro che non ci sia altro?” – cercò di spremerli.
Il vecchio rimase un attimo a pensare e poi scosse la testa, poi stringendo la sua compagna chiese timidamente – “Ma finiremo sul giornale? Ci fa una foto?” – Jackie fece finta di scattarla per farli contenti e poi continuò ad esaminare quel vicolo. Non trovando nulla decise di andare e incrociò due uomini di Don Luca, ai quali disse che lì perdevano il loro tempo.
“Andiamo.” – disse Riccardo senza fare troppi complimenti. – “Il sarto ti aspetta, ti dobbiamo vestire per la festa. Ma prima vediamo se hai imparato la firma.”. Quei modi a Montgomery di certo non garbavano ma sapeva che gli conveniva collaborare, un bel gruzzolo e magari qualche occasione di lavoro in più per sistemare il padre lo attendevano. Prese un foglio di carta e gli dimostrò di aver appreso bene quella calligrafia. “Bene, ora andiamo che il vestito da Valente sarà già pronto.”
Dopo un quarto d’ora arrivarono dal sarto Valente che fece subito provare a Montgomery il vestito che gli aveva preparato. Il giovane iniziò a lamentarsi perché in certi punti gli andava un po’ stretto.
Valente chiamò un altro ragazzo al suo servizio per sistemare l’abito. Quel ragazzo era palesemente effeminato. Iniziò a tastare Montgomery in tanti e diversi punti, dicendo che a lui sembrava tutto perfetto, che l’abito era ben portato ma che anche colui che lo indossava aveva una certa classe….
Montgomery non gradiva tutti quei complimenti e soprattutto le mani addosso da quell’assistente e lo congedò affermando di essersi sbagliato e che in fondo il vestito gli calzava a pennello.
Dicendo questo trasferì una lampadina che aveva nella sua precedente giacca in quella del nuovo vestito, non sapeva bene per quale motivo, ma sarebbe comunque potuta tornare utile. “E ora ti porto da Don Luca per gli ultimi controlli.” – concluse Riccardo. Nel bar “Da Angelo” fece il suo ingresso un tipo abbastanza tozzo, vestito in modo di tutto rispetto. Prese posto su uno degli sgabelli davanti al bancone ed aspettò che Angelo gli fosse davanti. – “Vengo per conto di Don Orazio. Mi ha mandato per assicurarmi che tu non c’entri nulla con l’uccisione della scorsa notte. Le acque si stanno agitando e non vuole che si crei una guerra tra famiglie perché qualche idiota si diverte a seccare la gente senza motivo.”
Angelo si strinse nelle spalle – “No… io non c’entro nulla con quanto sta accadendo. Se mi conoscete bene, sapete che agisco in altro modo.” Il suo interlocutore continuò a guardarlo dritto negli occhi – “Sappiamo come lavori e il Don vuole continuare a fidarsi di te. Quindi non sgarrare… e se ti capitasse di sentire qualcosa o di ricevere qualche preziosa informazione, comunicacela il prima possibile.” Detto questo il tizio si alzò e lentamente uscì dal bar. Angelo seguì con il suo sguardo la figura che abbandonava il locale e nella sua testa si avvicendavano diversi pensieri legati tutti al casino che ormai era in atto. Don Luca faceva il suo ingresso nella centrale della polizia. Iniziò a guardarsi intorno e trovò subito Giuseppe, in accoglienza, che si diresse subito verso di lui, portandogli discretamente i suoi saluti.
“Beppe… avete trovato chi è stato?” – domandò senza mezzi termini il Don.
“Ma… veramente… io non lo so… stanno facendo delle indagini ma io…” – balbettò in risposta.
Don Luca si fece ancora più serio. – “Qui i miei ragazzi vengono ammazzati e tu non sai dirmi nulla? Allora fammi parlare con qualcuno che segua il caso più da vicino. Qualcuno che sappia darmi qualche risposta. Salvatore è in servizio?”
Giuseppe annuì – “Sì, sì… è proprio il maresciallo che sta seguendo il caso…so che siete in amicizia e credo che non rifiuterà di parlarvi…“
“E allora voglio parlargli ora. Portami da lui.” – concluse Don Luca.
“Ora è impegnato… non credo che possa subito… ” – provò a rispondere Giuseppe ma vide che Tommy si stava avvicinando a lui con fare minaccioso.
“Il Don non ti ha chiesto il permesso, ti ha detto di portarci subito da lui e così farai.” Abbassando il capo annuì nuovamente e fece cenno di seguirli. Li guidò lungo diversi corridoi e li fece accomodare in una stanzetta. Dopo pochi istanti la porta fu varcata dalla persona che stavano aspettando.
“I miei saluti Don.” – disse il nuovo arrivato non appena ebbe richiuso la porta. “Saluti Salvatore… non voglio perdermi in convenevoli… sapete chi è l’animale che ieri ha ucciso Pietro?” – le parole del Don erano ferme e decise. “Ancora nulla in effetti ma stiamo indagando…” – ma venne subito interrotto. “COME NULLA? Cosa siete lì a fare? E non è il primo… è la nona persona legata alla mia famiglia che viene fatta fuori… e voi non sapete dirmi nulla?” – era inferocito. Un po’ imbarazzato il maresciallo riprese – “Beh, intendevo che stiamo indagando e questa uccisione rispetto alle altre si è dimostrata molto diversa. Le altre erano abbastanza anonime, ma questa ci può dare diversi spunti…“
“Quali spunti? Io voglio nomi.” – lo interruppe nuovamente.
“Allora… nomi purtroppo non ci sono… ma stavolta abbiamo ricostruito bene il tutto… non appena avrò anche il referto della nostra scientifica avremo poi buoni elementi sui quali indagare.”
“E dov’è questo referto?” – Don Luca ormai aveva perso totalmente la calma.
“Dovrei riceverlo a momenti… anzi se aspettati qui un attimo vado a verificare che non sia già pronto.” – e colse l’occasione per uscire dalla stanza e tornare a respirare.
Dopo circa cinque minuti rientrò con un fascicolo in mano. – “Dunque l’uccisione è avvenuta intorno alle tre del mattino. Il corpo è stato trovato in un vicolo ma dalle tracce di sangue trovate sembra più che Pietro Alliata sia stato sgozzato nella via principale e poi portato di peso nel vicolo.
La morte è dovuta ad un’arma da taglio, presumibilmente un coltello, con la quale la vittima è stata sgozzata. Il taglio parte fa sinistra verso destra.
Sulla base di queste indicazioni e da alcune lacerazioni trovate sui vestiti di Alliata si evince che l’assassino l’ha colto alle spalle. E’ destro. E vedendo la statura d’Alliata, anche l’assassino, per essere riuscito nella sua impresa, è di statura alta, oltre il metro e ottanta. Per ciò che riguarda l’asportazione dell’occhio, questa è avvenuta senza la minima competenza o precisione medica, è stato sradicato brutalmente.” – richiuse il fascicolo ed aggiunse – “Da quello che sappiamo ieri notte era al circolo della botte, dove si è intrattenuto fino a tardi… purtroppo non sappiamo altro. Lei paga bene i suoi uomini al circolo per non parlare, non ci hanno dato la minima indicazione di orari, persone incontrate o cosa stesse facendo. Se riuscissimo ad avere queste informazioni saremmo in grado di procedere con le indagini…” “Avete solo questo? Io volevo nomi… ma da quanto ho capito mi dovrò arrangiare da solo.” – concluse Don Luca. Jackie giunse in centrale. Sapeva come muoversi lì dentro e presto trovò il suo informatore. – “Ciao. Ho bisogno di te per sapere cos’avete scoperto riguardo la scorsa notte…” Il poliziotto si alzò dalla sua scrivania e gli disse di seguirlo fino all’area caffè, che era molto più affollata del precedente ufficio, ma le persone qui presenti sembravano troppo impegnate a parlare di affari loro per star lì ad ascoltarli. – “Ma sei pazzo a farmi domande così dirette quando sono in mezzo ai miei colleghi?! Beh… comunque ancora non si sa molto… ma tra poco dovremmo avere il referto della scientifica.”
“Bene! Lo voglio. Riesci a farmelo avere?” – incalzò Jackie.
Il poliziotto sembrava titubante ma poi sorridendo rispose – “Beh… come sai… tutto ha un prezzo… e la cosa che mi chiedi ha un certo valore…“
L’orientale gli allungò dieci dollari, una somma decisamente considerevole. Alla vista di quel denaro il sorriso del poliziotto divenne ancora più ampio. Prese il compenso e gli disse di aspettarlo lì, dopodiché sparì da quella saletta.
Durante la lunga attesa Jackie si ritrovò a pensare che non aveva ancora avuto modo di parlare con Oscar. Il suo redattore l’avrebbe preso a calci nel sedere vista la sua ingiustificata assenza… doveva trovare il modo di scrivere qualcosa di eccezionale per mettere una pezza.
Mentre era perso in questi pensieri da lontano vide sopraggiungere lungo il corridoio Don Luca. Gli era parso di averlo già visto in precedenza ma pensava di essersi sbagliato. “Saluti Don Luca.” – si affrettò a dire l’orientale.
L’altro rispose al suo saluto e gli disse – “Possiamo anche andare, abbiamo già appreso noi tutto quello che c’era da sapere.” – e fece per prenderlo sottobraccio per accompagnarlo via ma in quel momento riapparse nella saletta l’informatore di Jackie.
“Mi scusi Don Luca, ho ancora una cosa da sistemare, poi sarò da lei.” – disse questo al Don, il quale fece una faccia di disappunto pensando che fosse solo una perdita di tempo. Il poliziotto e Jackie furono di nuovo vicini. Il primo appoggiò in alto su un ripiano un fascicolo e riprese a scambiare qualche parola con l’orientale.
La loro conversazione fu però interrotta dal Tenente Moschin, entrato anche lui in quella saletta – “Ma come? Con tutto il lavoro che abbiamo da fare, con tutto quello che sta succedendo, tu stai qui a perdere tempo al caffè? Su, è ora di guadagnarsi il proprio stipendio.”
Nel sentire le parole del suo capo, il poliziotto salutò l’amico ed uscì con passo spedito in direzione del suo ufficio. Il Tenente con aria soddisfatta si avvicinò alla moka e si servì una tazza di caffè che iniziò a bere in tutta calma.
Jackie raccolse il fascicolo e raggiunse subito Don Luca ed insieme uscirono dalla centrale. “Bene, ora che abbiamo perso altro tempo, è il caso di cominciare a fare ricerche… ho bisogno che tu vada subito con Tommy al Circolo della Botte. Se c’è qualcosa da scoprire la troverai lì.” – disse il Don senza aspettare replica.
Tuttavia la risposta arrivò – “In realtà avrei già delle cose da fare e delle piste da seguire, ma non appena avrò in mano qualcosa…” ma venne interrotto da un’occhiataccia di Tommy, il quale poi aprì in sua direzione la portiera della macchina. “Sali, è questo che ti ha chiesto il Don”. Non avendo molte altre possibilità, salì sulla Chrysler sul sedile posteriore, dove venne raggiunto dal Don. – “Tommy, adesso portaci in villa, dove solo io scenderò, poi voi andate dritti dritti al Circolo.” La macchina si mise in moto in direzione di villa Santè. La porta del bar si riaprì nuovamente e fece il suo ingresso un uomo, vestito non in modo elegante ma comunque più che decoroso. Andò a sedersi su di uno sgabello al bancone, poi non appena Angelo gli fu davanti appoggiò una valigetta vicino al portatovaglioli e disse. – “Un doppio malto con whisky. Pago in contanti.”
Angelo prese la valigetta e gli disse di seguirlo nel retro. Per non lasciare il bancone sguarnito chiamò un ragazzo che aveva alle sue dipendenze per sostituirlo. Una volta giunti nel retro chiese subito di cosa si trattava.

“In quella valigetta troverai denaro, parecchio, e informazioni.” – rispose con calma il suo interlocutore.
“Chi?” – domandò nuovamente Angelo.
“Si tratta di far sparire dalla circolazione Ciro Erba.” – ammise l’uomo.
A quelle parole Angelo trasalì, sapeva bene chi era la persona che volevano lui uccidesse. Un picciotto di Don Tommaso. Il lavoro era davvero pericoloso.
Aprì la valigetta e vide che conteneva un fascicolo con informazioni e foto e, soprattutto, tanto denaro.
“Ho bisogno di pensarci. Non posso risponderle subito ora.” – disse serio Angelo.
“Lo immaginavo. Le lascio un numero di telefono, non appena avrà deciso cosa fare, chiami.” – disse questo allungando un foglio di carta su cui era scritto a mano il numero.
L’uomo si congedò, lasciando il bar e lasciando Angelo alle prese con pensieri e preoccupazioni che stavano combattendo dentro di lui.
Riccardo e Montgomery erano arrivati in Villa già da una buona mezzora ma di Don Luca nessuna traccia. Il ragazzo venne fatto accomodare in una saletta al secondo piano, dov’era comunque costantemente tenuto d’occhio dal picciotto.
Finalmente arrivò la notizia che Don Luca e Tommy Calò erano ai cancelli e che solamente il primo stava rientrando in casa.
Era mezzogiorno, non c’era molto tempo. La sostituzione di Tarano doveva avvenire a distanza di circa un’ora, orario previsto per il suo arrivo in stazione. Ora doveva assicurarsi che il sosia fosse pronto.
Lo raggiunse nella saletta accompagnato da Riccardo e si stupì nel vederlo vestito bene, l’ultima volta l’aveva incontrato in tuta da lavoro.
“Oooh bene! L’aspetto è decisamente migliorato… proprio come lo volevamo… ma Riccardo… li ha fatti i compiti?” – chiese il Don direttamente al suo picciotto. L’altro gli rispose con tranquillità – “Sì, li ha fatti e si è davvero impratichito”.
Esortò il ragazzo a mostrare una prova della firma di Tarano. Il risultato ottenuto era ottimo, difficilmente distinguibile dall’originale.
Il Don ne era compiaciuto. – “Ma fammi anche sentire se hai imparato l’Ave Maria…” Montgomery si fermò un attimo a riflettere e poi cominciò a dire in modo molto spedito: - “Secondo parcheggio del centro NO, nuovo cantiere al porto (che potrà essere utile a mio padre) SI’, lavori di ristrutturazione al teatro NO e area di rifornimento benzina vicino al Comune SI’.”
Don Luca finalmente sorrise – “Oooh, in questa merda di giornata finalmente c’è qualcosa che sembra andare per il verso giusto.”
In quel momento rientrarono in villa anche Ciro Erba e Livio Maturano.
“Allora… tra un’ora Giulio Tarano arriva… il suo autista ce lo porterà direttamente al Circolo della Botte. Livio, voglio che tu vada a tenerli d’occhio, non ci devono essere intoppi. Noi quattro invece partiamo subito al Circolo, andiamo.” Seduto sullo sgabello del retro, Angelo aveva preso la sua decisione.
Compose il numero e dall’altra parte suonava libero. Si sentì rispondere solo – “Pronto?”. “La vostra proposta è generosa ma la devo rifiutare.” – disse Angelo con pesantezza.
Passò qualche secondo e poi sentì che dall’altra parte avevano riagganciato.
Tornò all’interno del locale, mangiò velocemente un panino come pranzo e continuò a lavorare come se niente fosse. Dopo circa mezzora il telefono iniziò a squillare.
Angelo sollevò la cornetta e rispose: - “Sì? Sono Angelo…”.
“Manderò una persona a riprendere la valigetta.” – e subito dopo la telefonata venne chiusa. Jackie e Tommy arrivarono al Circolo della Botte e durante il viaggio il primo aveva finalmente avuto modo di sfogliare il fascicolo “acquistato” in centrale. Il luogo era irriconoscibile in quel momento della giornata. Tranquillo, poche macchine nel parcheggio e sembrava che non si sentisse nessuna voce provenire dall’interno. Tommy conosceva bene quel posto e guidò l’orientale facendolo passare da retro. Si ritrovarono a percorrere diverse stanze dove erano ubicati uno spropositato numero di scatoloni e di casse. Finalmente misero piede in un largo salone, agli estremi di questo vedeva due zone bar. Al centro c’era un palco e dalla parte opposta tanti tavoli e divanetti. Vide che un tavolo era occupato da quattro persone che stavano parlando fra di loro, ma che non appena si accorsero della loro presenza, smisero ed aspettarono il loro sopraggiungere. Si fece avanti Tommy. – “Ciao Tito, la persona che ti porto te la manda qui direttamente Don Luca. Avrebbe piacere che tu potessi dare tutta la tua disponibilità nel rispondere alle sue domande.” Sentendo questo, Tito disse – “Immagino che sia per Pietro… va bene, se c’è qualcosa che possiamo dire di utile…” e fece un cenno all’orientale di accomodarsi al tavolo con loro. Tommy invece si spostò in un angolo bar per servirsi da bere. “Come possiamo aiutarti?” – chiese il proprietario del Circolo. “Andrò subito al punto… sappiamo che Pietro Alliata era qui ieri sera. Avrei bisogno di sapere tutto quello che potete dirmi sulla sua permanenza qui. Cos’ha fatto, con chi ha parlato, quanto di è fermato… e anche chi c’era…” – mentre diceva questo estrasse il suo blocchetto degli appunti. “Beh… è venuto qui come tante altre volte per divertirsi… giocare, bere, intrattenersi con le nostre ballerine…” – fece una pausa – “Ha cominciato guardandosi lo spettacolo… poi che io sappia si è fatto un privè con una ballerina. Quando è tornato ha cominciato a bere, attendendo poi di poter sfidare la fortuna a poker contro Sam. E ci risulta che ieri sia stato davvero fortunato…“
Chiese aiuto al buttafuori per capire a che ora potesse essere andato via. Il buttafuori che era seduto accanto a lui non sembrava essere di molte parole ma riuscirono a dire con precisione che Pietro era uscito verso le due e mezza.
“E così ha vinto molto… quanto? E poi cos’è successo? E’ andato via subito?” – chiese il giornalista.
“Bah, questo lo dovremmo chiedere a Sam, comunque mi pare che sia riuscito a vincere cento dollari.” – disse ad una delle persone al tavolo di andare a chiamare Sam, il quale dopo poco tempo lo raggiunse al tavolo e diede conferma della vincita.
“E poi cosa fece, andò via subito?” – incalzò nuovamente Jackie.
“Macchè… è rimasto qui ancora a lungo, a bere e a festeggiare la sua vincita… è andato via alle due e mezza, di questo ne sono sicuro… l’ho condotto io alla porta.” – asserì Sam. Jackie aggiunse – “Bene, non ho altre da chiederle Sam, la ringrazio.” – e lo congedò. Poi a bassa voce si rivolse al proprietario del locale – “Non è che magari questo Sam potrebbe essere un po’… come dire… vendicativo. Non può essersela presa per la somma persa?”
“No, no… assolutamente. Non le permetto di giudicare così i miei uomini. Sono tutti professionisti.” – rispose Tito molto fermamente.
“Ok, ok… era solo un’ipotesi… e vediamo… non sa dirmi chi c’era ieri sera al locale?” – chiese cambiando argomento.
“Uuuh… questa è una bella domanda… ma sa quanta gente avevamo qui ieri sera? Non saprei dirle… c’erano tutti i soliti habitué, poi avevamo diversi gruppi di persone che ci hanno mandato diversi alberghi. Quando non sanno dove mandarli a divertirsi ce li mandano da noi.
E’ una fortuna, solitamente quelli che provano a giocare sono dei polli!” – disse sorridendo il proprietario.
“Bene… allora gradirei una lista dei nomi di chi c’era ieri…per lo meno tutti quelli che sapete dirmi. Ma mi dica, c’è stato qualcosa di straordinario ieri?” – riprese Jackie. “Beh, se si esclude lo spettacolo della Gina, femmena davvero emozionante, direi proprio di no! ! ” – disse questo mentre con gli occhi e fare goliardico ricercava l’approvazione delle altre persone sedute al tavolo.
“No…non era questo che intendevo… volevo chiederle se era successo qualcosa di particolare… o se avete notato niente di strano. Qualche personaggio particolare… qualche faccia nuova…” – disse sospirando l’orientale.
“Mmmm… facce nuove ce ne sono sempre… abbiamo una clientela molto varia… beh sì… un tipo strano c’era… un tizio alto… un po’ stempiato, faceva un sacco di domande a quanto mi hanno detto. Voleva sapere cosa c’era nelle stanze dietro il palco, quelle dove gioca Sam. Troppe domande… secondo me era uno sbirro.” – concluse Tito.
“Interessante… e quest’uomo a che ora se n’è andato?” – chiese prontamente Jackie.
Il proprietario scosse la testa poi si voltò verso il buttafuori – “A che ora l’ha visto uscire?”.
L’altro gli rispose facendo di no col capo.
“Non l’hai visto uscire?” – gli chiese come ad averne conferma. E l’altro annuì. “Ok… ma sapete dirmi altro di lui? Com’era vestito, se aveva qualche particolare segno di riconoscimento.” – Jackie voleva giungere a qualcosa.
Il proprietario chiese aiuto anche alle altre persone sedute al tavolo ma da tutte le loro parole venne solamente aggiunto che era vestito bene.
Capendo che ormai li aveva spremuti il più possibile chiese che gli venisse subito scritta e consegnata la lista dei nomi di cui parlavano poco prima.
Dopo un ulteriore quarto d’ora fecero arrivo al Circolo anche Don Luca, Riccardo, Ciro e Montgomery.

CAPITOLO 3

La sostituzione

Don Luca si fece largo fra i suoi uomini per raggiungere velocemente l’affollato tavolino al centro della sala. I tempi erano sempre più stretti, una persona da sostituire, faccende da sistemare, un assassino da trovare… e da far sparire nel più doloroso dei modi. Arrivato al tavolo il proprietario del locale subito fece i suoi omaggi al Don che rispose senza troppa convinzione concentrandosi immediatamente su Jackie. – “Ebbene, hai scoperto qualcosa? Hai degli indiziati?”
L’orientale si strinse nelle spalle – “Abbiamo una lista di persone, questo sì. E forse una pista da seguire, ma devo approfondire alcune ricerche…“
“E allora approfondiscile. Non c’è da perdere tempo. Quel bastardo dev’essere trovato il più presto possibile.” – lo interruppe Don Luca.
Jackie si affrettò quindi a ritirare la lista di nomi che gli stava mostrando e aggiunse – “Sono d’accordo, quindi io andrei a fare ancora qualche altra domanda ai miei informatori. Con il tuo permesso tolgo il disturbo.”
Don Luca si accorse che non era la prima volta che l’altro gli dava del “tu”, ma su questo chiuse un occhio, mentre non poteva fare a meno di trattenerlo dicendo – “Fai pure tutte le indagini che vuoi ma non credere di andarci da solo. Tommy, accompagnalo.” I due si allontanarono fino a sparire oltre una porta e dopo poco tempo si sentì il motore di una macchina mettersi in moto nel parcheggio.
Non rimaneva che aspettare si diceva Don Luca… i suoi uomini erano lì con lui, tranne Livio che era in stazione per dargli quella garanzia in più che non ci sarebbero state sorprese per Tarano.
Doveva solo attendere ma non riusciva a rilassarsi.
Angelo Corleone stava strofinando lo straccio sul bancone del bar quando vide nuovamente la porta aprirsi. La persona che stava varcando la soglia in quel momento era la prima che gli aveva fatto visita in mattinata, il portavoce di Don Orazio.
Gli sembrava di rivedere una scena già vista: con assoluta calma l’uomo avanzava verso il bancone e nel suo lento incedere non abbassava mai lo sguardo da lui. Prese posto sullo sgabello proprio di fronte a lui.
Con un mano indicò la valigetta che Angelo aveva posto su un ripiano del bancone. – “Sono venuto per quella.”
Sentendo la strana affermazione del suo interlocutore, si fece ancora più vicino a lui. – “Non capisco…” “L’importante è che capisca io, ma soprattutto che l’abbia capito il Don. Quella valigetta era una prova, un modo di avere conferma della tua lealtà e a Don Orazio è garbato proprio come ti sei comportato.” – sentenziò il picciotto. Angelo trasse un sospiro di sollievo ma ancora non si fidava delle parole dell’uomo. – “Quindi mi sta dicendo che lei sa cosa contiene quella valigetta e che era un esame…” “Esattamente. Quella valigetta contiene informazione su Ciro Erba, false se proprio devo ammetterlo, e soprattutto tanto denaro. A tal proposito le comunico che comunque non sono qui per riprendermelo. Ma forse di è meglio parlare di queste cose non qui…” – disse con aria eloquente.
Angelo lo accompagnò nel retro. – “Cosa dovrei fare?”

L’uomo riprese – “Ci sarebbero un paio di lavoretti che lei dovrebbe fare… e una o due persone da far sparire…“
Con precisione gli diede due incarichi , fornendogli nuovi dossier, questa volta contenenti informazioni veritiere. Angelo ascoltava interessato e a suo parere i due servizi che doveva prestare a Don Orazio erano delle passeggiate.
“Va bene, allora passerò stasera, qui nel tuo bar prima della mezzanotte per prendere ciò che ti ho chiesto. Intesi?” – domandò l’uomo per concludere la loro trattativa.
Corleone annuì e accompagnò all’uscita l’uomo, dopodiché si fece nuovamente sostituire dal ragazzo che lavorava da lui e si diresse dove teneva i ferri del mestiere.
“Dove andiamo Jackie?” – chiese Tommy Calò mentre guidava tranquillamente per le vie di Crylo. Un pensiero stupido si fece largo nella sua testa: nel caso avesse mai deciso di diventare una persona del tutto rispettabile avrebbe anche potuto fare il tassista! “Torniamo alla centrale, devo riparlare con il mio amico di stamattina.” – il colloquio con gli uomini al Circolo della Botte gli aveva fatto venire qualche idea e dal momento che effettivamente non aveva tutte quelle piste da seguire che aveva sventolato di fronte a Don Luca, solo quella del misterioso uomo gli pareva percorribile. Giunsero in centrale e presto ritrovò il suo informatore. – “Ancora qui? Cosa posso fare per te?” “Guarda… è sempre per quello che è accaduto ieri sera… avrei bisogno che tu mi cercassi nei tuoi archivi qualcuno che corrisponda ad una descrizione che sono pronto a farti…” – disse a bassa voce l’orientale.
“Mi chiedi di guardare se c’è qualcuno con la fedina penale sporca che possa avvicinarsi a una tua descrizione? Beh ci vorrà un po’ di tempo… ma si può fare… in fondo mi hai dato un bell’incentivo stamattina…” – poi sembrò fermarsi a riflettere e riprese – “Aspettami qui un attimo, ho una persona che fa al caso nostro!”
Dopo pochi istanti tornò accompagnato da un altro poliziotto che teneva in mano un bloc notes e una matita. – “Lui è Bruno, è il nostro uomo degli identikit! Fai pure a lui la tua descrizione e vedrai che risultati!”
Jackie vide che l’altro uomo era già pronto in posizione e attendeva solamente che lui si pronunciasse. – “Beh… dunque… allora… era alto… e magro…“
“Alto quanto? E cosa intende per magro? Secco secco?” – chiese l’altro che ci teneva a fare un lavoro preciso.
“Sarà circa un metro e ottantacinque… e non molto grosso… anzi magro…” – provò a ripetere Jackie, prima di aggiungere una nuova informazione – “Ed era stempiato!”
“Cosa intende per stempiato? Aveva i capelli ma con un’attaccatura molto alta? O era quasi calvo? O aveva i capelli giusto nella parte vicino alle orecchie fino a ricongiungersi dietro?” – volle sapere il poliziotto.
“Ecco sì, proprio così come dice!” – commentò trionfale l’orientale.
Il poliziotto iniziava un po’ a perdere la pazienza, l’altro non gli stava dando molti elementi per l’identikit. Vedendo che l’altro non aggiungeva nulla decise di tenere per buona l’ultima proposta da lui fatta riguardo i capelli dell’indiziato. – “E mi dica… di che colore erano i capelli?”
Jackie rimase in silenzio.
“E il colore degli occhi?” – chiese il poliziotto sconcertato.
Ancora silenzio.
“E sa dirmi di che nazionalità era quest’uomo? La carnagione della sua pelle?” – chiese nuovamente esasperato.
L’orientale scosse la testa. Si stava rendendo conto che non aveva poi così tante informazioni per quella pista…
“Senta… per fare un identikit avrei bisogno di qualche dato tangibile… aveva qualche particolare segno di riconoscimento? Indossava occhiali o qualcosa di caratteristico?” – provò ancora a chiedere il poliziotto.
“In effetti l’ho visto da dietro… quindi non sono molto sicuro… però credo che non portasse occhiali…” – rispose Jackie abbastanza imbarazzato.
Bruno si strinse nelle spalle, guardò il suo collega e dopo aver salutato se ne andò.
“Jackie… se devo essere sincero effettivamente non ci hai dato molte informazioni… ma vedrò di sfruttare quel poco che hai fatto disegnare a Bruno per trovare se in archivio c’è qualcuno che possa corrispondere…” – sembrava quasi che il poliziotto lo volesse confortare dopo una brutta figura.
La voce del tenente echeggiò all’interno dell’ufficio. – “Peter, ma sei ancora lì a perdere tempo? Qui c’è da lavorare, se vuoi farti una chiacchierata, aspetta di uscire qui la sera e vai al bar.”
Jackie si mise in mezzo a difesa del suo informatore. – “Mi scusi ma stava solo facendo il suo lavoro… mi hanno rubato il portafoglio e mi stava aiutando con la denuncia…“
Il tenente riprese: - “Bene, se ora avete finito direi che allora può tornare al suo lavoro.”
Il poliziotto salutò Jackie molto velocemente. – “Scusa ma non posso intrattenermi oltre… passa qui stasera, verso le 19:30 e ti dirò se ho trovato qualcosa!”
Fece ritorno alla sua scrivania e Jackie e Tommy abbandonarono la centrale. Il Tenente invece riprese posto dove trascorreva buona parte del suo tempo, la saletta del caffè.
Don Luca camminava nervosamente per la grande sala del Circolo della Botte. Era l’una, Giulio Tarano doveva essere arrivato e presto il suo autista l’avrebbe condotto da loro.
“Tito, hai una saletta dove possiamo sistemarci mentre aspettiamo?” – chiese mentre continuava a guardare fuori dalla finestra.
“Certamente, possiamo metterci là in fondo, dietro al palco.” – rispose prontamente il proprietario.
“E non è che avresti anche un’altra stanza… molto più buia, molto più imboscata, molto più infossata, dove sistemare la persona che stiamo aspettando?” – chiese nuovamente il Don.
“Ceeeetto ceeeeetto, pure quella abbiamo! Se lì lo mettiamo siamo sicuri che poi nessuno lo potrà ritrovare… all’infuori di noi autri…” – disse in modo rassicurante Tito.
Ciro Erba che fino a quel momento era rimasto in silenzio decise di intervenire. – “Sì Don… fin qui ci siamo… ma poi che ne facciamo di Giulio?”
Il Don rispose molto semplicemente – “Lo teniamo nascosto per uno, anzi due giorni… dove nessuno lo andrà a cercare.”
“Ok… ma dopo? Questo quando lo libereremo andrà a cantare!” – commentò il picciotto.
A Don Luca questo dettaglio era sfuggito. In quel momento gli venne in mente quando più volte Tony Mancuso gli aveva domandato in vece di Don Tommaso, se aveva già pianificato tutto circa la sostituzione. Come poteva essergli sfuggito questo importante dettaglio?! – “Ciro tieni ragione… beh, noi iniziamo a tenerlo nascosto… e poi lo faremo sparire.”
Il picciotto preso in uno dei suoi soliti slanci cominciò a dire: - “Oppure potremmo fare come con Mimmo il Chiacchierone… che dopo la nostra lezione è diventato Mimmo il muto…“
Il Don scosse la testa. – “No, nel caso ci fosse da farlo fuori è il caso che sia qualcun altro ad occuparcene… è meglio se noi rimaniamo puliti.” Si fermò a riflettere, come se stesse cercando in qualche cassetto della sua memoria un nome che proprio non voleva saltar fuori. – “Ciro…in città c’è un tizio… che chiamano il Macellaio… come minchia se chiaaaama?” L’altro rimase un secondo a pensarci – “Ah sì, Angelo Corleone!” Don Luca annuì con convinzione. – “Sì, proprio lui! Chiamatelo, lo voglio qui.”. E mentre Ciro si allontanava in direzione del telefono, il Don riprese posto vicino alla schiera degli altri suoi uomini. Fece capolino Montgomery. – “Forse non è il momento ma vorrei avere qualche informazione in più su quello che avverrà domani.” Don Luca alzò gli occhi al cielo – “Miiii non mi dire che ti sei già dimenticato l’Ave Maria?” Il ragazzo non perse tempo nel rispondere. – “No no, quello è chiarissimo. Mi chiedevo dalla sostituzione in poi…” “Allora… verrai portato in albergo e rimarrai tappato nella tua stanza senza farti vedere né incontrare nessuno causa una brutta tosse, fino al momento della riunione… che avverrà…” – si volse verso Riccardo chiedendogli di venire in suo aiuto. “Domani mattina alle otto!” – rispose il piciotto. “Domani alle otto?! Ah… in questo caso facciamo pure che hai una brutta influenza e fino a domani non uscirai dall’hotel. Poi sarai in riunione con altre cinque persone, quattro dei quali avranno potere decisionale come te, più un segretario. Tutta gente corrotta… metà da noi, metà da Don Orazio e tu farai pendere l’ago della bilancia dalla nostra parte.” “Perfetto. Tutto chiaro. Ora vorrei avere qualche informazione in più sugli altri quattro. Il vero Giulio conosce qualcuno di loro?” – chiese impaziente il ragazzo. Si era accorto che mancava davvero poco alla sostituzione e ancora sapeva poco e niente. “No, solo uno di loro Giulio l’ha già incontrato in una precedente riunione ma non ha stretto rapporti di amicizia. Fra di voi sarete tutti estranei.” – rispose solennemente Don Luca. Dopodiché riprese: - “Per ciò che riguarda gli altri quattro, uno è il funzionario bancario di Crylo, un altro è un ricco petroliere, poi c’è un funzionario della Banca di Galliena e poi ancora c’è un potente proprietario terriero. Ti serve sapere altro?”
Montgomery ci pensò un attimo ed aggiunse – “In effetti sì. Ho famiglia? Sono sposato? Ho dei bambini?”
Prese parola Riccardo, che era una delle persone che aveva partecipato ai primi tentativi, non riusciti, di corruzione di Giulio Tarano. – “Hai una moglie, una ragazza molto bella, che non hai ancora ingravidato. Per il resto ti basti sapere che vivi da solo con lei e che se hai raggiunto una tale posizione nonostante la giovane età, è tutto grazie al denaro di tuo padre, che è il possessore della Banca di Nivarro.”
Mentre concludevano questo discorso, tornò Ciro che comunicò al Don che non era riuscito a trovare Angelo. Dopodichè si sentì il rumore del sopraggiungere di un’automobile. Giulio Tarano era arrivato. La macchina si era fermata nel parcheggio e dopo poco sentirono pure il motore spegnersi.
“Cosa dobbiamo fare?” – chiese il proprietario del locale.
“Prendete Tarano, solo questo.” – rispose semplicemente Don Luca. E tutti iniziarono a spostarsi in direzione della porta.
Da fuori si sentiva arrivare il rumore dei passi di Giulio e del suo autista, insieme a svariate lamentele del primo. – “Ma ti pare il caso di portarmi qui? Va bene che devo ancora pranzare ma potevi scegliere un posto un po’ più a modo!”
Il Don aveva già capito che un damerino stava per entrare in quella sala. Lentamente il buttafuori procedeva verso la porta.
“Ma proprio in questa cavolo di bettola dimenticata da Dio dovevi portarmi?” – disse Giulio varcando la soglia d’ingresso. – “E guarda! E’ un mortorio! Non c’è nessuno! Non dico che mi aspettavo un comitato di accoglienza, ma almeno un qualcosina di più pot….” – non riuscì a terminare la frase che un gancio del buttafuori lo colpì in pieno volto. Si era stufato di sentire le sue lamentele.
Giulio cadde al suolo privo di sensi dopo la poderosa tranvata ricevuta da Giò.
“Ben fatto!” – disse Don Luca entusiasta – “E ora portatelo via!”
Poi si avvicinò a Ciro e gli disse a bassa voce: - “E ora lo stesso trattamento anche all’autista”.
Ciro con calma si avvicinò all’autista facendogli i complimenti per l’ottimo lavoro svolto, lo prese sottobraccio e lo invitò a bere qualcosa per festeggiare. Lo condusse in una stanza a pochi metri da una delle due zone bar e dopo poco si sentì un tonfo sordo provenire dall’interno. Poi si vide Ciro che trascinava il corpo privo di sensi dell’autista.
Dall’altro lato del salone faceva il suo ingresso Livio Marturano, che aveva ormai terminato il suo compito di stare alle calcagna del sosia.
Il Don guardò l’orologio, non era presto ma non erano nemmeno troppo in ritardo. “Veloce Riccardo, porta il nostro Giulio all’Hotel Royal, là stanno aspettando il suo arrivo.” – poi, vedendo ritornare Ciro, aggiunse – “E Corleone? L’hai trovato?”
Il picciotto scosse il capo – “No, al suo bar non risponde…“
“E allora andatemelo a prendere!” – sbottò il Don facendo segno a Livio di partecipare al recupero.
“Maaa… con le buone o…..?” – chiese Ciro sempre in preda a quel formicolio alle mani… “Con le buone… oppure non con le buone…” – rispose il Don abbozzando un sorriso. Erano le 13:45 ed Angelo Corleone si trovava davanti alla sede di una delle tre testate giornalistiche di Crylo. All’interno avrebbe trovato l’uomo che cercava.
Con passo spedito attraversò l’ingresso e si ritrovò in una specie di Hall. Vide che le scrivanie si trovavano tutte in uno spazio aperto e che a pochi passi da lui c’era un giovane alle prese con la sua macchina da scrivere.
“Mi scusi, sto cercando una persona.” – disse Angelo per catturare l’attenzione.
“Mi dica chi e vediamo se posso esserle utile…” – gli rispose l’altro.
“Si tratta di un vostro giovane reporter, Gabriel.” – disse con calma Angelo.
“Aaah lui! Beh, a quest’ora è ancora in pausa pranzo, dovrebbe riprendere alle due… ma è sempre in ritardo quindi probabilmente arriverà tra una buona mezzora!” – lo disse come se ciò che aveva descritto fosse ormai un’abitudine frequente.
“Capisco… posso lasciargli un messaggio?” – incalzò Angelo.
“Certo, mi dica pure, ma l’avviso che se è un messaggio tipo inserzioni d’amore c’è da pagare una quota per essere pubblicati!” – mentre lo diceva voleva fare lo spiritoso ma vedendo la faccia del suo interlocutore capì di aver fallito il suo obiettivo.
Dal canto suo Angelo prese un foglietto di carta ed iniziò a scrivere. Una volta terminato lo diede all’altra persona unitamente ad una forte mancia che mise in imbarazzo l’altro ragazzo.
“Caspita… dev’essere una cosa davvero importante per…” – ma venne interrotto da Angelo. – “Pago anche perché tu non legga questo biglietto o lo consegni così com’è a Gabriel. Intesi?”
“Se devo essere sincero con il suo atteggiamento mi sta incuriosendo davvero… ma devo ammettere che per la mancia che mi ha dato sono pronto a tenere questo suo segreto.”
Angelo non fece commenti, si limitò a salutare e a lasciare la sede di “sCRYviLO”. Riccardo e Montgomery arrivarono davanti all’Hotel Royal. Il secondo sembrava aver acquistato maggior sicurezza in quanto sapeva che ora la sua scorta non poteva più prendersi alcuna libertà e sarebbe stato sotto i suoi ordini. O per lo meno lo sperava.
Come per testare questa nuova situazione prima di entrare nell’albergo disse al picciotto: - “E da qui in avanti devi stare in silenzio, penso a tutto io.” – si sentì rinfrancato per aver dato il suo primo ordine a un picciotto.
Si volse in direzione dell’ingresso e fece per provare un finto colpo di tosse ma un secondo dopo sentì una forte spinta sulla spalla che gli fece varcare la soglia in un terzo del tempo che avrebbe normalmente impiegato. A bassa voce Riccardo gli disse – “E tu non dimenticare come ti devi comportare con noi.”
Riprese a sforzarsi di tossire mentre si avvicinava al receptionist che li stava guardando in un modo alquanto incuriosito.
“Avrei una camera prenotata a mio nome.” – affermò Montgomery.
“Lei è?” – gli chiese.
“Giulio Tarano.” – rispose con decisione.
L’altro incominciò a sfogliare il registro delle presenze e trovando il nome suggeritogli esibì un sorriso, prese una chiave dalla bacheca alle sue spalle e la porse verso il finto Giulio. –”A lei signore, terzo piano, stanza 312.”
Poi guardando Riccardo aggiunse – “Ma la prenotazione era per una persona sola…“
Montgomery si affrettò nel giustificarsi dicendo – “Beh ma lui è solo il mio portaborse… mi porterà i miei bagagli in camera.”
“Ma non c’è bisogno! Abbiamo del personale apposta per questo genere di lavori… comunque se vuole far portare qui la sua valigia da lui, poi la farò accompagnare direttamente nella sua camera.” – lo interruppe l’altro.
Montgomery fece un cenno a Riccardo per dirgli di andare a prendergli la valigia, l’altro fece una smorfia ed uscì per recuperarla in macchina.
Mentre attendeva l’arrivo del suo bagaglio il finto Giulio si guardò in giro. Una visione lo lasciò a bocca aperta: dall’altra parte del salone, da una zona composta da divanetti, si stava alzando una ragazza splendida, elegantemente vestita e fine nei suoi movimenti.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso. Era qualcosa di eccezionale. Rimase con la sua immagine negli occhi anche quando la vide scomparire su per la scalinata.
Il receptionist notò immediatamente la reazione del ragazzo e sorridendo ricercò la sua attenzione. – “E stupenda vero? Eh sì… tutti abbiamo assunto quell’espressione la prima volta che ce la siamo trovata davanti! Nel caso non lo sapesse è Livì Ariette è starà per tutta la settimana qui nel nostro hotel!” – sembrava abbastanza orgoglioso di quanto aveva appena detto.
Montgomery annuì ed intanto arrivò Riccardo con la sua valigia. Il receptionist fece un segno ad un facchino che venne a recuperare sia la valigia che Montgomery e lo guidò fino alla sua camera.
Giunto al terzo piano vide che dall’altra parte del corridoio c’era ancora Livì attorniata da fans ma protetta dalla sua guardia del corpo.
Il facchino lo portò fino alla sua stanza, fece per estrarre il portafoglio per lasciargli la mancia ma si accorse di non averlo più, l’aveva lasciato negli altri suoi abiti. Chiese di attenderlo un attimo e ritornò a piano terra per parlare con Riccardo. Quest’ultimo aveva già inquadrato la situazione ed ancora prima che gli spiegasse il suo problema, il picciotto gli stava già allungando un portafoglio. – “Tieni… è quello di Giulio Tarano, trovi dentro i suoi documenti e un po’ di spiccioli.”
Montgomery fu felice di quel gesto insperato e corse nuovamente al terzo piano dove lo stava attendendo il facchino. Gli diede mezzo dollaro come mancia e poi gliene allungò altri 5.
– “Potresti far recapitare da parte mia un mazzo di rose rosse a Livì?” – chiese sottovoce. L’altro rispose facendo un cenno con il capo e lasciò la sua stanza.
Era ben arredata come camera. Dalla finestra poteva vedere la sala congressi che l’avrebbe atteso il giorno successivo, l’edificio era esattamente dall’altro lato della strada.
Tornò alla porta e provò ad origliare per capire se Riccardo fosse o meno dall’altra parte, ma non sentì nulla. Iniziò a fingere di tossire poi provò ad uscire e vide che il picciotto si era posizionato in mezzo al corridoio. Con noncuranza attraversò quello stretto spazio e giunse davanti alla porta dove prima aveva visto Livì. Era la 305.
Fece ritorno nella sua camera seguito da Riccardo.
Gabriel entrò di corsa in redazione. Come al solito era in ritardo e come al solito qualcuno gliel’avrebbe fatto notare.
Come aveva previsto, non appena seduto sulla sua scrivania, un suo collega gli si era già fatto incontro. – “Senti, so che anche oggi non sono stato molto puntuale ma ero a casa da mia mamma, non potevo lasciarle finire il pranzo da sola…“
“Guarda, non sono qua per richiamarti… tanto è inutile! Piuttosto, prima è venuto qua a cercarti un tipo strano. Voleva parlarti e non trovandoti mi ha dato questo biglietto per te.
Aveva un modo di fare particolare… e per consegnarti questo foglietto ha pure voluto pagarmi.
Dammi ascolto… tieni gli occhi aperti!”.
Gabriel prese il biglietto e ne lesse contenuto e senza mostrarlo all’altro.

Biglietto

Ho altre foto di LIVI ARIETTE ore 14:50 Bar Bé Non cerco soldi Solo vendetta

Quel messaggio era davvero interessante. – “Scusatemi ma nonostante sia appena arrivato devo subito uscire… faccenda importante!” – e dicendo questo Gabriel sparì dalla porta d’ingresso con la stessa velocità con la quale l’aveva varcata pochi minuti prima.
La Chrysler nera di Tommy si fermò davanti alla porta di casa di Jackie.
“Ora ho un po’ di cose da rivedere… avrò da fare per un bel po’ di tempo… quindi puoi pure tornare dal Don, io qui sono a posto…” – disse Jackie mentre scendeva dall’auto.
“No. Non hai capito. Don Luca mi ha detto di starti appiccicato? Ed è quello che farò.
Quindi da qui non mi sposto. In fondo non avevi voluto una scorta?” – gli rispose seccamente il picciotto.
L’orientale si strinse nelle spalle. Se voleva star lì ad aspettare erano solo affari suoi ora doveva pensare di produrre qualcosa per Oscar o il suo posto di lavoro avrebbe potuto diventare drammaticamente precario.
Salì in casa e si mise subito al lavoro per riordinare le idee. Entro sera doveva scrivere qualcosa di buono, di davvero buono.
Don Luca guardava l’orologio. – “Ma è possibile che quei due non siano ancora tornati?! Li ho mandati solo a qualche chilometro da qui…“
Mentre lo diceva Ciro e Livio entravano dalla porta sul retro del circolo.
“Miiiinchia, con comodo ve la siete presa…e il Macellaio dov’è?” – chiese esasperato Don Luca.
“Non c’era… l’abbiamo cercato al bar, lo abbiamo aspettato, abbiamo fatto qualche domanda, ma c’era solo un ragazzino al suo posto.” – gli disse Ciro allargando le braccia. “E non potevate dire al ragazzo di rintracciarlo?” – incalzò Don Luca.
“Ma io volevo non usare le buone maniere, ma il ragazzo sembrava proprio che non sapesse nulla…” – affermò Erba.
“Miiiii Ciro… fosse per te e in questa città saremmo solo in cinque…” – disse ironicamente il Don.
Sottovoce il picciotto aggiunse: - “Beh, fosse per me ci sarebbe posto anche per la tua cameriera…“
“Allora qui c’è da muoversi, devo andare all’Hotel per vedere com’è la situazione. Tu Ciro richiama il bar e dì a quel diavolo di ragazzo e lasciagli detto di comunicare ad Angelo di venire assolutamente oggi da me in villa, per le 16:30.” – dicendo questo riprese la sua giacca si diresse al parcheggio. “Ma io volevo non usare le buone maniere, ma il ragazzo sembrava proprio che non sapesse nulla…” – affermò Erba.
“Miiiii Ciro… fosse per te e in questa città saremmo solo in cinque…” – disse ironicamente il Don.
Sottovoce il picciotto aggiunse: - “Beh, fosse per me ci sarebbe posto anche per la tua cameriera…”
“Allora qui c’è da muoversi, devo andare all’Hotel per vedere com’è la situazione. Tu Ciro richiama il bar e dì a quel diavolo di ragazzo e lasciagli detto di comunicare ad Angelo di venire assolutamente oggi da me in villa, per le 16:30.” – dicendo questo riprese la sua giacca si diresse al parcheggio.
Il telefono della camera 312 iniziò a squillare.
Riccardo guardò accigliato Montgomery e gli fece segno di andare a rispondere; il ragazzo si diresse verso il telefono e per continuare la sua farsa, ancora prima di rispondere, iniziò a dare qualche colpetto di tosse. – “Coff coff… ehm… pronto?” “Mi scusi signor Tarano sono Nino della reception. Ho un messaggio per lei da parte di Livì Ariette: la ringrazia e dice di aver gradito molto il suo pensiero e vorrebbe invitarla a bere un drink nella sala bar di questo hotel nel pomeriggio. Posso confermare la sua presenza?” – chiese come se la risposta fosse già scontata.
Riccardo aveva sentito tutto, si era piazzato esattamente alle spalle di Montgomery e iniziò a scuotere la testa negativamente con fare minaccioso.
Il finto Giulio alzò gli occhi al cielo pensando che un’occasione del genere non gli sarebbe più capitata nella sua vita… ma anche che se voleva che quest’ultima fosse lunga gli conveniva fare come suggerito dal picciotto.
“Coff… mi spiace… sono davvero desolato ma devo rifiutare. Purtroppo il viaggio deve avermi creato qualche problema di salute e credo che oggi mi convenga stare a letto a riposo. Ringrazi comunque Livì.” – disse questo ma avrebbe voluto mangiarsi le mani.
“Come desidera signore…” – rispose l’altro sbigottito. Alla consegna delle chiavi non gli era sembrato che la sua salute fosse così precaria.
“Ah… mi scusi… già che c’è potrebbe chiamarmi un dottore, credo che sia il caso di farmi visitare. Se fosse disponibile potrebbe far venir qui il Dot. Gustavo Maluccio? Si sa che è uno bravo…” – chiese Montgomery.
“Caspita, è in città da poco ma conosce bene i dottori della zona!” – gli rispose Nino. Con una mano Riccardo si coprì il volto. Montgomery aveva capito che forse la sua era stata una grezza e si limitò a confermare al receptionist la sua volontà e poi chiuse la telefonata.
Angelo era seduto ad un tavolino del Bar Bè dal quale poteva sorvegliare benissimo l’ingresso senza farsi vedere. L’attesa non fu lunga, mancavano pochi minuti alle quindici e vide entrare un giovane ragazzo nel locale. Corrispondeva proprio alla foto che gli aveva passato il picciotto di Don Orazio.
Vedendo che il ragazzo era spaesato non vedendo nessuno che lo stesse aspettando decise di richiamare la sua attenzione. Si alzò e gli fece un gesto come per invitarlo a sedersi al suo tavolo.

Gabriel non si fece attendere. Prese subito posto davanti a lui ed altrettanto velocemente arrivò un cameriere a prendere le ordinazioni. Risolsero con un caffè per entrambi. “Ho ricevuto il suo messaggio al giornale…è molto interessante… tanto quanto curioso…” – affermò il giovane.
Angelo alzò le spalle – “Lo so. Ma non c’è molto da dire in più a quanto le ho scritto.”
“Capisco… ma lei quindi avrebbe delle foto di Livì Ariette… diciamo compromettenti… e si è rivolto a me. Come mai? – chiese il ragazzo voleva finalmente colmare il suo dubbio. “Lei lavora per un giornale, no? E io voglio solo vendetta. Quindi sono disposto a darle queste foto. Se è interessato bene, sennò cercherò qualcun altro.” – disse con calma Corleone.
Il ragazzo era titubante, qualcosa gli sfuggiva. Non capiva se potesse fidarsi o meno ma l’occasione che gli si era presentata gli faceva molto gola. Però doveva sforzarsi di essere razionale e aggiunse – “Va bene, sono interessato. Ma lei cosa vuole in cambio? Non ho un grosso budget a disposizione…“
“Lei non ha capito. Non voglio denaro, voglio solo avere la certezza che le foto che le darò saranno pubblicate. Non mi interessa altro, spero sia chiaro ora.” – concluse Angelo. Al giornalista sembrava che questa storia puzzasse sempre di più, ma non voleva comunque giocarsi questa possibilità. – “Accetto la sua offerta. Ha qui il materiale?”
“No, volevo prima assicurarmi che ne fosse realmente interessato. Sono disposto a consegnarglielo oggi. Mi dica dove preferisce.”
Gabriel ancora non si fidava di quello strano tizio e allora decise di proporre un posto che era sicuro sarebbe stato parecchio affollato. – “Potremmo fare in via Pellegrini, ci possiamo trovare vicino al fruttivendolo. Le va bene?”
“Va benissimo, troviamoci lì tra quaranta minuti e le darò le foto.” – disse Angelo con fare accomodante.
L’altro ragazzo annuì e vedendo che c’era poco tempo a disposizione si congedò in fretta e furia.
Anche Corleone lasciò il locale. Andò a prepararsi, vestendosi tutto di nero e recuperando alcuni ferri del mestiere. Anche se mancava ancora un po’ di tempo all’ora dell’appuntamento si recò sul posto per studiare bene la zona e programmare quali sarebbero stati i suoi spostamenti. Don Luca e la sua schiera di picciotti fecero apparizione nella hall dell’Hotel Royal. Facendo affidamento sul potere dato dalla sua fama riuscì ad ottenere senza difficoltà il numero della stanza di Montgomery, dove vi si recò senza indugiare. La prima cosa che fece fu chiedere a Riccardo come si stesse comportando il loro Giulio. “Benissimo! Sta curando bene la sua tosse!” – gli confermo il picciotto.
“E ha visto altre persone?” – incalzò il Don.
“Solo il tizio della reception e il facchino. A dirla tutta ha pure ricevuto un invito da Livì Ariette che è qui in albergo… ma l’ha dovuto rifiutare!” – gli rispose Riccardo. “Ah Livì è qui… bene bene bene!” – esclamò il Don.
La conversazione fu interrotta dal telefono che iniziò a squillare. Montgomery fece per rispondere, anticipando la sua risposta con gli ormai soliti colpi di tosse. – “Sì?” “Pronto… volevo avvisarla che è arrivato il dottore che ha richiesto, lo faccio salire nella sua camera.” – gli disse il receptionist.
“Coff coff… ahem… va bene, perfetto grazie.” – disse il ragazzo attaccando la cornetta. Nel giro di pochi minuti il dottor Gustavo Maluccio era già all’interno della stanza. Quel dottore aveva già seguito diverse volte la famiglia Santè e in più di un’occasione aveva anche fatto qualche certificazione poco regolare per andare in loro aiuto. Il Don gli fece subito capire che anche in quel caso si trattava di una finta visita e che avrebbe fatto bene ad accomodarsi per una mezz’oretta sorseggiando un whiskey in tutta tranquillità.
Quest’idea lo condusse ad un’altra… che poteva rivelarsi altrettanto vantaggiosa. Prese il telefono per chiamare la reception. – “Sì, sono Don Luca. Dovreste portare alla signorina Ariette una bottiglia di Champagne da parte mia. Grazie.”
Un gesto carino e di classe avrebbe potuto dare un buon risultato.
E così fu. Non passò molto tempo da quando il telefono riprese a squillare: era il receptionist che comunicava a Don Luca che Livì aveva gradito il suo omaggio e che lo invitava nella sua camera per berne un calice insieme.
Tronfio del suo successo il Don dopo pochi minuti si diresse nella stanza 305 dove la giovane ragazza lo aspettava. Purtroppo però la lunga conversazione ed i suoi tentativi di approccio non produssero i risultati da lui sperati. Infilò una sequenza di uscite poco fortunate durante la loro chiacchierata ed anche alcuni suoi palesi tentativi di avvicinamento risultarono alquanto goffi. Alla luce di tutto questo Livì simulò un mal di testa e chiese di poter essere lasciata sola a riposare.
Gabriel passeggiava per Via Pellegrini. Non era solo. Al di là della folla presente in quel luogo a quell’ora, la persona con la quale aveva parlato al Bar Bè non l’aveva convinto e aveva deciso di portarsi dietro un uomo di fiducia per guardargli le spalle. In fondo non gli era stato detto di presentarsi da solo, quindi non stava venendo meno ad alcun patto. Mentre raggiungeva il luogo convenuto vide da lontano che la persona con cui aveva appuntamento era già lì ad aspettarlo. Si avvicinò tenendosi al fianco la sua guardia del corpo e una volta vicini si scambiarono brevi saluti. “Bene… siamo qui… mi hai portato il materiale?” – chiese Gabriel che non vedeva l’ora che tutto finisse nel minor tempo possibile.
Angelo abbozzò un sorriso. – “Certo, ho tutto qui con me.” – disse questo estraendo dalla sua lunga giacca una busta e porgendola sul lato piatto verso il giornalista. Mentre effettuava questa operazione con l’altra mano stava già preparando la pistola, puntandogliela contro nascosta dalla voluminosa busta sovrastante.
Appena la mano del ragazzo si chiuse sulla busta partì un colpo di pistola, che raggiunse lo stomaco del giornalista, colpo fatale, il corpo crollò a terra inerme. La guardia del corpo estrasse velocemente la pistola tentando di fare un balzo laterale per disorientare Angelo. Ma il Macellaio quando agiva era freddo e preciso. Al suo primo colpo ne seguì un altro indirizzato al torace del bodyguard. Andò a segno ma anche il suo antagonista riuscì a far esplodere un suo colpo, che per fortuna di Corleone lo prese poco più di striscio sulla gamba.
Preferì non correre rischi e sparò un’ennesima volta contro l’uomo che aveva scortato Gabriel e fu nuovamente preciso. Dei tre era l’unico rimasto in piedi… ma soprattutto in vita.
Solo in quel momento si accorse che la gente intorno a lui urlava grida di terrore, scappando in tutte le direzioni, alla ricerca di qualche poliziotto che potesse intervenire.
Si chinò per recuperare la busta vuota che aveva portato con sé e velocemente corse verso un vicolo che aveva studiato in precedenza, attraverso il quale avrebbe potuto raggiungere velocemente ed indisturbato la sua macchina.
Si diresse immediatamente verso casa. Abitava nell’appartamento sopra il bar “Da Angelo”. Ritirò in garage la macchina, preferiva non lasciarla in girò.
Poi si fece una doccia e iniziò a medicarsi alla meglio la ferita alla gamba. Mentre faceva tutto questo, sentì che qualcuno stava insistentemente bussando alla sua porta. “Angelo finalmente sei tornato!” – disse il ragazzo che aveva preso come aiutante al bar. “Ora sono impegnato Nando, ho da fare.” – rispose Angelo da dietro la porta. “Fai come vuoi, ma è importante… oggi t’hanno cercato più volte gli uomini di Don Tommaso! Un paio di loro erano anche venuti qui a prenderti…” – aggiunse il ragazzo che non riusciva più a tenere per sé quello che era accaduto in giornata.
“Due picciotti? E cercavano me? Porca…” – iniziava ad essere preoccupato.
“Beh ma sembravano abbastanza tranquilli… comunque poi hanno ritelefonato… e mi hanno comunicato di dirti che oggi sei richiesto nella villa del Don alle 16:30.” – concluse il ragazzo.
Angelo non riusciva ad immaginare cosa diamine potessero volere da lui… aveva già abbastanza cose da fare e quei nuovi pensieri di certo non lo rinfrancavano. Sentì che Nando lo stava salutando per ritornare al bar e così aggiunse – “Nando, aspetta un attimo.” “Che c’è?” – chiese il ragazzo tornando sui suoi passi.
“Visto che manca poco tempo e tu hai la macchina già fuori sul viale ti spiace se uso la tua? Tu usa pure la mia, a me scoccia solo che l’ho già ritirata…” – domandò Angelo. Nando accettò di buon grado, aggiungendo che già che c’era avrebbe dovuto fargli un po’ di benzina visto che era a secco. Pensava di essere stato più furbo di lui ma non immaginava che il Macellaio voleva solo evitare di andare in giro con un auto che scottava. Meglio lui che me, pensava fra sé e sé.
All’Hotel Royal Don Luca tornava mestamente nella stanza 312. Fece in tempo a salutare il dottore che si era trattenuto più del previsto e mentre si era soffermato a ripensare alla figuraccia appena fatta la voce di Ciro lo trasse dai suoi pensieri.
“Don… è un po’ tardi, alle quattro e mezza deve incontrare quel sicario in villa!” – gli disse il picciotto con fare concitato.
Don Luca guardò l’orologio e si accorse di essere in ritardo. – “Hai ragione, non perdiamo tempo! Tu riaccompagnami in Villa. Riccardo, Livio, voi due rimanete qui con Giulio. Non mollatelo un attimo. Poi stasera mi farete rapporto.”
Dicendo questo varcò la soglia con passo spedito, ora aveva altri affari urgenti che dovevano essere sistemati.
Finito! Dopo ore di lavoro finalmente l’articolo era terminato! Jackie stava rileggendo ciò che aveva prodotto e ne era proprio soddisfatto: era riuscito a riversare tutto ciò che aveva appreso al circolo, omettendo solo alcuni particolari che preferiva tenere per sé, tutte le informazioni ricavate dal fascicolo recuperato in centrale in un unico articolo ottimamente realizzato.
Scese le scale in fretta e furia raggiungendo Tommy che era ancora in macchina a fare la guardia. – “Dovremmo andare al mio giornale…“
“Altre piste da seguire?” – chiese il picciotto.
“Più o meno…” – mentì l’orientale.
In poco tempo raggiunsero la sede de “La Voce di Crylo”. Non appena entrarono nel salone principale Mario andò subito incontro a Jackie. – “Finalmente sei qui! Ma credo sia meglio per te che tu abbia una bella e resistente corazza… Oscar è su tutte le furie per la tua sparizione di oggi… se ti becca è la fine…” – prese fiato – ”…e tra l’altro senza nemmeno avvisare! Dài, almeno una telefonata potevi farla per dirci che fine avevi fatto…” Jackie lo interruppe. – “No, non potevo… ero troppo preso nelle mie ricerche, e fidati, ne è valsa la pena. Dove trovo Oscar?”
Mario si strinse nelle spalle. – “Ovviamente nel suo ufficio… ma non so se ti conviene farti vedere…“
“Non ti preoccupare.” – concluse l’orientale, voltandogli le spalle e incamminandosi verso l’ufficio del capo redattore.
Quando quest’ultimo lo vide entrare avvampò. Si poteva leggere la collera nei suoi occhi. – Tu? Finalmente ti sei degnato di farci visita, eh? Ora sappiamo che sei ancora vivo… anche se non so per quanto…“
Ma l’orientale cercò di intromettersi in quella sfuriata. – “Sì, so che il mio atteggiamento le può sembrare strano ma stavo recuperando tutto il materiale per l’articolo…“
A quelle parole Oscar si scaldò ancora di più. – “Articolo che non mi hai ancora consegnato! Bella figura abbiamo fatto! Io contavo su di te per buttare giù qualcosa di buono e andare in stampa stamattina, seppure in ritardo, con un articolo di una notizia importantissima ancora fresca! E invece niente… ci siamo fatti battere da tutte le altre testate… pure quelli di sCRYviLO hanno dato la notizia prima di noi. Ma ti rendi conto quanto ci è costata la tua sparizione?” – era una fortuna che una scrivania separasse l’orientale dal suo capo.
Jackie estrasse la bozza dell’articolo che aveva scritto e la diede ad Oscar. – “Vede, c’è voluto più tempo del previsto, ma quello che abbiamo in mano noi surclasserà tutti gli articoletti degli altri giornali. Noi abbiamo un resoconto davvero approfondito di tutto il caso.”
L’espressione del capo redattore stava lentamente cambiando mentre dava una veloce lettura all’articolo di Jackie. Da infuriato era passato a scocciato, poi iniziando a leggere alcune parti che erano evidenziate sembrò essere interessato. Prese posto sulla sua poltrona e lesse tutto quello che il ragazzo gli aveva portato. – “Effettivamente è più che buono… ma come hai avuto tutte queste informazioni?”
“Faccio solo il mio lavoro… a proposito… prima pagina di domani?” – disse questo riprendendosi la bozza.
“Eh sì, questa saremo noi a far mangiare la polvere agli altri giornali!” – esclamò Oscar davvero convinto del buon lavoro di Jackie.
Quest’ultimo lasciò l’ufficio di Oscar con un’espressione più che soddisfatta.

CAPITOLO 4

Caccia all'uomo

Jackie raggiunse nuovamente Mario nel salone principale del suo giornale.
“Come vedi è andato tutto bene! Sono ancora vivo… te lo dicevo che non c’era da preoccuparsi!” – commentò l’orientale in modo trionfale. L’altro ragazzo era esterrefatto. – “Non so cosa tu possa avergli detto ma di certo devi essere stato convincente… se tu l’avessi visto com’era stamattina! E tutte le volte che chiedeva di te, se avevi telefonato… se avevi mandato uno straccio di articolo. E ad ogni risposta negativa seguivano tante di quelle imprecazioni…“
“Gli ho solamente dimostrato che ero stato impegnato nello scrivere un articolo degno di questo nome.” – lo disse con orgoglio malcelato.
L’altro ragazzo non sapeva esattamente come rispondergli e riprese a smistare la posta. “Mario, mentre ero impegnato con le ricerche, è successo qualcosa di rilevante? Non so qualche nuova pista da seguire sul caso…” – chiese Jackie.
L’altro gli rispose: - “Su questo caso proprio no… però qualcosa è successo! Ah se è successo!” e vide che nell’altro si stava già infondendo parecchia curiosità.
“Ebbene?” – chiese nuovamente l’orientale.
“Oggi in via Pellegrini è avvenuta una sparatoria! E in pieno pomeriggio! Ci sono stati due morti, invece il loro assassino è riuscito a fuggire!” – riassunse Mario.
“Ma si sa qualcosa circa l’identità delle due vittime?” – incalzò l’orientale.
“Sì, uno dei due era Gabriel Novice, un reporter dello sCRYviLO. Tu non te lo ricorderai, ma una volta era pure passato di qui a lasciarci il suo curriculum. Che tristezza… ormai viviamo in un mondo dove anche gente onesta come noi rischia la vita anche solamente a passeggiare in centro città in pieno pomeriggio… è uno schifo.” – lo disse assumendo un tono sinceramente amareggiato.
Jackie annuì. – “Hai proprio ragione… e starei qui per ore a parlarne con te ma se non vogliamo ripetere la brutta figura che abbiamo fatto stamattina, credo mi convenga recarmi subito sul posto per recuperare qualche informazione.”
“Sì capisco… cerca solo di stare attento… non è stato ancora beccato chi li ha accoppati.” – gli disse Mario preoccupato.
“Come sempre!” ed esibendo un sorriso capì si diresse verso l’uscita del giornale. Angelo Corleone, a bordo del macinino del suo assistente Nando arrivò ai cancelli della villa di Don Tommaso.
Lo fecero entrare ed all’ingresso lo perquisirono dalla testa ai piedi, senza però trovare alcuna arma. Angelo era un po’ preoccupato perché sapeva di essere arrivato in ritardo, ma a sentire le parole degli uomini della villa capì subito che la persona che l’aveva chiamato era ancora più in ritardo di lui.
Venne fatto accomodare in una saletta con alcuni divani. Vide che fuori dalla stanza c’era una persona che lo teneva d’occhio. Ben più gradita era invece la visione della cameriera che gli si era avvicinata per sapere se aveva piacere di bere qualcosa durante la sua attesa.
Accettò l’offerta e iniziò a fare complimenti alla bella fanciulla, sottolineando il fatto che in quella casa era un po’ sprecata. – “Una ragazza dotata della tua bellezza dovrebbe valorizzarla maggiormente… mostrandola nei posti che contano. Saprei io farti diventare famosa e farti esibire dove tutti non sarebbero in grado di staccarti gli occhi di dosso nemmeno per un secondo!”
La ragazza arrossì, le parole di Angelo la stavano toccando nella sua vanità ed era incuriosita da quella possibilità di successo che il ragazzo le stava prospettando. – “Lei dice?
Ma… non saprei, in fondo ci sono tante belle donne… ma se lei davvero ci crede…” – era emozionata – ”…e dove vorrebbe farmi esibire? Al Club Apollo? O al Club del Giglio?” Angelo abbassò lo sguardo. – “Ehm, veramente io pensavo in un altro locale che si trova nella parte nord di Crylo… non so se lo conosce… si chiama ‘Da Angelo’…“
L’espressione della ragazza mutò in un istante. Le braccia si afflosciarono lungo i fianchi e arricciando il naso aggiunse: – “Ah… QUEL posto…” – scosse la testa al solo pensiero – ”…no grazie. Davvero… sto bene qui.” – e lasciò la stanza senza proferire altra parola. Per lo meno udibile da Angelo, il quale altrimenti avrebbe sentito che la ragazza lo invitava a prendere in considerazione sua madre e sua sorella per quel fantastico posto.
Nella stanza 312 dell’Hotel Royal il tempo sembrava non passare mai. I due picciotti erano abbastanza annoiati in quel loro compito da cane da guardia. Montgomery invece per distrarsi aveva cominciato ad esibirsi in alcuni suoi numeri di luminescenza con i pochi materiali che aveva recuperato in camera.
Se non fosse suonato il telefono avrebbe potuto continuare in quel modo molto a lungo. Montgomery sollevò la cornetta, tossì e rispose: - “Pronto?”
Era ancora Nino. – “Sì, mi scusi se la disturbo nuovamente ma in linea ho sua moglie che desidera parlarle.” – e dicendo questo gli passò la comunicazione.
“Amoooore? Caro? Ci sei?” – fu la raffica di parole che Montgomery sentì non appena Nino aveva agganciato.
“Coff coff… eeehh… sì cara… coff coff…” – poi simulando con la voce qualche disturbo sulla linea, riappese la cornetta.
Senza perdere tempo chiamò il receptionist. – “Sì, sono Tarano… coff. Dev’essere caduta la linea con mia moglie. Comunque io mi sto mettendo a letto per curarmi un po’ da questa brutta influenza. La pregherei di evitare di passarmi qualsiasi telefonata… coff coff.
Siamo d’accordo? Grazie.”

Nino rispose che non c’erano problemi e lo invitò ad avere cura della sua salute.
Montgomery guardò gli altri picciotti in cerca di approvazione per la bella mossa che aveva escogitato per evitare eventuali seccatori. Solo Livio gli fece un cenno di assenso, Riccardo continuava a guardare fuori dalla finestra. Tuttavia il telefono riprese a suonare. – “Coff coff… pronto? Pensavo di essere stato chiaro…“
Il receptionist sembrava un po’ imbarazzato. – “Sì, mi scusi se ho disatteso le sue indicazioni ma ho ancora al telefono sua moglie… dice che le deve assolutamente parlare, che è una cosa urgente.”
“Eh va bene…” – rispose sospirando Montgomery.
La voce squillante della moglie fece di nuovo capolino dall’altra parte dell’apparecchio. – “Amore, ma cosa è successo? Non ti sentivo più…” “Coff coff… problemi sulla linea… coff…” – il ragazzo cercava di parlare il meno possibile.
“Ma… tesoro… ma ti è venuta una voce bruttissima! E che tosse poi… stamattina quando ci siamo salutati stavi benissimo…” – riprese la moglie.
“Eeeh… colpa del viaggio in treno… coff coff… sarà stato qualche spiffero o qualche finestrino aperto…” – cercò di giustificare Montgomery.
“Beh tu curati… mi raccomando. Ah… ti ho chiamato per una cosa molto importante… è successa una cosa gravissima! Non so bene come sia possibile… ma da quando sei partito Lulù non mangia più!” – gli disse la donna.
Quelle parole al ragazzo sembravano più un pezzo di una brutta canzone o di un brutto spot. Si fermò un attimo a riflettere. E chi era questa Lulù? Figlie non ne aveva… Nella sua testa iniziò a prender forma una strana idea. Vuoi vedere che questa pazza sta parlando di un cane?
Purtroppo dopo poco ne ebbe la conferma. – “Caro, sente troppo la tua mancanza… sono preoccupata… parlale un attimino… così solo per confortarla…” – continuò la moglie. E dopo qualche secondo sentì dall’altra parte un cane abbaiare. – “Su Lulù… fa la brava… che tra pochi giorni sarò a casa…“
Dall’altra parte l’animale, non riconoscendo la voce del proprio padrone, cominciò a ringhiare. Prima di complicarsi troppo la vita salutò le due forme di vita dall’altra parte del filo, senza capire quale delle due potesse essere la più intelligente, e riappese la cornetta.
Quando sollevò lo sguardo vide che i due picciotti lo stavano guardando attoniti di fronte a quel siparietto. Tommy e Jackie furono costretti a parcheggiare abbastanza distanti dal luogo dell’omicidio. Nonostante l’accaduto la gente era tornata a percorrere via Pellegrini, chi per necessità, chi per pura curiosità. I poliziotti presenti erano riusciti a bloccare il traffico delle automobili e ad isolare il tratto di strada nel quale era avvenuta la sparatoria. L’orientale non sembrava preoccuparsi di tutto quel dispiegamento di uomini: si avvicinò all’area critica e venne fermato da un agente.
“Lavoro per la Voce di Crylo, devo scattare qualche foto per l’edizione di domani.” – si giustifico Jackie, mostrando poi il suo patentino.
L’altro verificò il documento dopodiché lo condusse ad una ventina di metri, dove per terra si trovavano ancora i corpi delle due vittime. Nulla era stato toccato. Poco distante da uno dei due corpi era presente una pistola.
La causa della morte dei due uomini era piuttosto evidente: entrambi avevano ricevuto per lo meno una pallottola nello stomaco. Avevano gli occhi sbarrati e le due salme si trovavano vicine. Chi li aveva uccisi li aveva colti di sprovvista e doveva essere stato molto veloce.
“Per la grande muraglia cinese…” – esclamò Jackie vedendo quella scena. Poi non perse tempo e cominciò a scattare foto ad ogni singolo dettaglio che catturasse la sua attenzione.
Quando si ritenne soddisfatto del materiale che si era procurato decise che poteva approfittare dell’occasione anche per fare qualche domanda in giro.
Si guardò intorno e vide che molti negozi quel giorno avevano chiuso anzitempo. Però a pochi metri dal luogo del delitto c’era una bancarella di un fruttivendolo, con un vecchio che sembrava parecchio scosso.
Gli si avvicinò. – “Mi scusi… sono un giornalista…“
L’altro lo guardò di sfuggita, inizialmente sembrava volesse ignorarlo, poi si fece coraggio e gli rispose. – “Dimmi ragazzo…“
L’orientale cercò di avere tatto nell’affrontare l’argomento. – “Mi dispiace disturbarla… posso ben immaginare che non sia una giornata facile per lei… avrà visto cose terribili…” L’altro annuì.
“Bene… spero di non procurarle dispiacere se le chiedo di raccontarmi se ha visto o sentito qualcosa…” – disse Jackie che non voleva più girare tanto intorno all’argomento.
“Quattro colpi di pistola.” – disse questo con lo sguardo fisso nel vuoto, poi dopo una pausa riprese – “Alzai subito la testa e mi voltai in direzione degli spari… e vidi tutto.” “Lei quindi ha assistito a tutta la sparatoria?” – chiese l’orientale che non si aspettava tanta fortuna.
“Ebbene sì… anche se è stato tutto così veloce. I primi tre spari erano vicinissimi tra di loro… poi vidi il ragazzo che aveva fatto la carneficina infierire con un altro colpo… poi si è chinato per raccogliere qualcosa ed è fuggito via.” – rispose il vecchio fruttivendolo.
“Sarebbe in grado di descrivermi l’assassino?” – chiese ancora Jackie.
“Beh l’ho visto poco in viso, comunque era un ragazzo giovane… capelli neri, corti… atletico… era vestito quasi tutto di nero…mmm… e mi spiace ma non sarei in grado di aggiungere altro, l’ho visto bene quando era giù di spalle e stava fuggendo via.” – sembrava davvero dispiaciuto il vecchio di non poter dire di più.
L’orientale alzò le spalle per far capire all’altro che non era un problema, poi gli chiese nuovamente: - “Per caso si è accorto se era ferito?”
Il fruttivendolo batté le mani. – “Sì, esatto! Bravo che me l’hai fatto venire in mente! Era ferito ad una gamba, infatti avevo notato che mentre scappava via si teneva con la mano la gamba sinistra e aveva un modo di muoversi poco naturale.”
Il giornalista provò ad insistere. – “E ora si ricorda anche altro?”
Ma il vecchio scosse il capo. – “No, mi spiace, questo è tutto. Non so come poterti ancora aiutare. Per caso non è che vuoi della frutta? Le mie arance sono ottime…“
“La ringrazio ma non ne ho bisogno. Senta, capisco di averla messa in una brutta posizione per la sua deposizione… vedrò di tenerla sotto anonimato…” – lo rassicurò Jackie.
“Sì… grazie… già una sparatoria a pochi metri da qui non è una buona pubblicità, preferirei proprio che evitasse di fare il mio nome.” – rispose il vecchio.
Il ragazzo annuì e si congedò ringraziandolo ancora, l’altro in risposta gli lanciò una mela che lui afferrò al volo. Doveva far nuovamente ritorno al giornale, aveva delle foto da far sviluppare in tutta fretta.

CAPITOLO 5

La riunione

Erano le sei del mattino e Don Luca si svegliò riposato, stiracchiandosi nel letto della sua camera. Dopo essersi alzato impiegò pochi minuti per ricomporsi e scese per la colazione.
Al piano sottostante trovò Livio già pronto che stava sorseggiando un caffè. – “Buon giorno Don Luca.”
“Buon giorno a te Livio, ti sei alzato presto stamattina.” – gli rispose.
“Eh sì, tra poco raggiungerò Riccardo all’Hotel Royal…” – fu la risposta del picciotto.
Il Don guardò l’orologio: mancava ancora parecchio tempo alla riunione. – “Visto che sei già pronto, potresti uscire a prendermi i giornali di oggi? Ci sono delle notizie che sono proprio curioso di leggere.”
“Come vuole Don.” – e dicendo questo si congedò.
Mentre finiva la colazione scesero anche Tommy e Ciro.
Inizialmente Don Luca non si ricordava di aver tenuto in villa tutta quella schiera di persone. Ultimamente non ci era più abituato, anzi faceva pure fatica ad avere a disposizione un picciotto libero da altri incarichi.
Scambiò qualche parola con i due e rimase in attesa dell’arrivo dei giornali.
Nonostante fosse abituato diversamente Jackie si svegliò molto presto. Uscì di casa e a bordo della sua macchina raggiunse la sede de “La voce di Crylo”. La redazione era già tutta mobilitata al lavoro, una lunga giornata per loro era già cominciata. Facendosi largo fra le varie scrivanie l’orientale andò subito da Mario. – “Ciao! Tutto bene? Ci sono stati dei problemi poi per l’articolo che ti ho fatto scrivere ieri?”
“Buon giorno Jackie! Tutto bene per il momento… e… no, non c’è stato alcun problema! Il tuo articolo sulla sparatoria di ieri è finito dritto dritto in seconda pagina… mentre in prima… c’è l’altro tuo articolo sull’uccisione di Pietro Alliata! Complimenti, hai fatto un ottimo lavoro!” – lo disse con sincera ammirazione.
“Beh, è stato anche merito tuo se abbiamo fatto in tempo a pubblicare i due articoli, quindi dopo ti offro un caffè, ok?” – gli disse l’orientale che voleva coinvolgerlo in quel momento.
L’altro annuì e riprese a smistare la posta.
Jackie invece vide che su un tavolino c’erano già le copie dei tre quotidiani cittadini. In quello de ‘La voce di Crylo’ c’era ampio spazio per un articolo davvero dettagliato sul caso Alliata. In seconda pagina c’era quello della sparatoria di via Pellegrini. Doveva ammetterlo, Mario aveva fatto un buon lavoro a riordinare i suoi appunti.
Poi iniziò a sfogliare la copia di ‘sCRYviLO’: riguardo l’uccisione del picciotto non c’era quasi nulla, anche perché era un argomento che era già stato trattato nel quotidiano del giorno prima. Invece era davvero completo l’articolo sulla sparatoria.
C’era anche una descrizione incredibilmente dettagliata dell’assassino. Nell’articolo si leggeva infatti che la persona che aveva commesso i due omicidi si era presentato a viso scoperto nella sede di quello stesso giornale e che aveva anche a lungo parlato con uno dei dipendenti. Quest’ultimo si ricordava benissimo la fisionomia della persona con la quale aveva parlato e ne aveva fornito un ottimo identikit.
“Caspita, che colpo quelli dello sCRYviLO! Si sono ritrovati un articolo d’oro servito su un piatto d’argento!” – commentò Jackie a voce alta.
A quelle parole Mario aggiunse: – “Eh sì, in effetti si sono ritrovati il protagonista in casa.
E sono stati parecchio a contatto con la polizia. C’era lì anche qualcuno dei nostri per beccare qualche indiscrezione ma non siamo stati molto fortunati… però…” ”….però cosa?” – chiese l’orientale.
”…però mi è parso di capire che la polizia ha ricevuto alcune informazioni che non sono state poi divulgate… o almeno ci è stato riportato questo dagli uomini che avevamo sul posto…” – gli disse Mario.
“Bene… se stanno così le cose ho un motivo in più per recarmi stamattina alla polizia!”- disse Jackie, che intanto stava prendendo il terzo ed ultimo quotidiano ‘Crylo all’ascolto’.
Anche in questo caso la notizia della sparatoria aveva maggior rilievo rispetto all’omicidio di Alliata.
Alla villa dei Santè in quello stesso preciso istante anche Don Luca stava sfogliando quei tre quotidiani.
Iniziò subito leggendo gli articoli di Jackie e nonostante ne fosse compiaciuto sia per i contenuti che per la forma, iniziava a chiedersi dove diavolo aveva mai potuto trovare il tempo per scrivere quei due articoli. Nella sua testa riprese spazio la vocina che gli suggeriva di seccare il cinese qualora si fosse fatto gli affari suoi.
Lesse anche sugli altri due giornali gli articoli maggiormente dettagliati della sparatoria: c’era qualcosa che gli suonava famigliare ma che al tempo stesso gli sfuggiva.
“Ciro, butta un occhio su questo articolo e su questo identikit… ti fa venire in mente niente?” – disse Don Luca mentre porgeva un giornale.
Il picciotto iniziò a leggerlo attentamente, ma gli venne più facile concentrarsi sull’immagine dell’identikit. Poi tornò nuovamente alle informazioni scritte sull’articolo e si avvicinò al Don. – “Ehi ma… sembra tutto coincidere… ma questo non ti pare il Macellaio? E il tutto è avvenuto in uno degli orari in cui non siamo riusciti a trovarlo nel suo bar…” Don Luca si mise una mano sulla testa. – “Ma porca… e noi che non volevamo dare nell’occhio… e questo fesso si mette a sforacchiare la gente in pieno pomeriggio a viso scoperto!”
Richiuse il giornale e si diresse verso il telefono, voleva convocarlo immediatamente da lui.
Compose il numero del bar “Da Angelo” ma dall’altra parte gli rispose un ragazzo di nome Nando con un tipico accento romano, il quale gli disse che stamattina il suo capo era già uscito.
Le cose sembravano già sfuggirgli di mano, non doveva perdere tempo e riorganizzare tutti i suoi uomini. – “Tommy, vai subito da Jackie e stagli addosso… ma addosso davvero, che da quanto ho potuto leggere ho l’impressione che ieri si sia preso molto spazio per gli affari suoi.
Tu, Livio, se non c’è altro raggiungi pure Riccardo e il nostro Giulio.”
“Beh una cosa ci sarebbe…” – balbettò il suo picciotto che sapeva che stava per dare una brutta notizia.
“Cosa c’è ancora?” – chiese il Don.
L’altro decise subito di sputare il rospo. – “Quando sono uscito a comprare i giornali ho visto che in giro hanno già appeso i manifesti di Livì Ariette che sarà al Club Apollo per San Petronio…” “Marò…anche questa gatta da pelare mi tocca…” – scosse il capo Don Luca – “Qui manca solo che mi arriva Don Tommaso a cazziarmi perché non ho ancora trovato l’assassino e la frittata è fatta…” – commentò amareggiato Don Luca. Poi riprese: – “E adesso Tommy e Livio andare pure, non dobbiamo star qui con le mani in mano.”
Quando Montgomery si vegliò vide che il picciotto era già pronto e seduto su una sedia. – “Sono le sette… non credi che sia ora di prepararti?” – gli disse in tono brusco Riccardo.
Il ragazzo annuì col capo, prese i vestiti confezionati da Valente e andò a lavarsi.
Dopo poco tempo era già pronto. – “Faccio anche in tempo a farmi portare la colazione in camera!” – disse il finto Giulio felice del fatto che avesse ancora tutto il tempo per fare le cose con calma.
L’altro gli impedì di alzare la cornetta del telefono. – “Prima le cose più importanti… te la ricordi ancora l’Ave Maria?” Il ragazzo si fermò per riflettere e poi rispose: – “Sì…. Sì…. No…e….No!” L’altro lo guardò basito, poi trovò lo spirito per aggiungere: – “Non credi che manchino le associazioni?” E l’altro scrollando le spalle riprese: – “Allora… Porto sì… Parcheggio no… Teatro no….e … Area di servizio sì.”
“Ottimo! Ricordi tutto… direi che puoi pure fare colazione!” – gli concesse Riccardo.
Jackie spense il motore della sua auto dopo aver parcheggiato proprio vicino all’ingresso della centrale di polizia.
In un attimo fu dentro e si ritrovò al cospetto del solito Peter, che lo stava aspettando secondo gli accordi presi la sera precedente.
“Peter, le ricerche hanno dato buoni risultati, ora sono pronto a darti un identikit degno di questo nome!” – affermò il giornalista con malcelato entusiasmo.
“Perfetto, allora faccio venire qui subito Bruno… e vediamo cosa salta fuori!” – il poliziotto sparì per qualche istante, dopodiché fece ritorno con il collega.
Jackie iniziò nuovamente a fornire la descrizione aggiungendo stavolta tutta la trafila di particolari dei quali era venuto a conoscenza al Circolo della Botte. Anche Bruno stavolta sembrava soddisfatto delle indicazioni date dall’orientale. Una volta terminata la sua opera, consegnò la bozza a Peter e tornò al suo lavoro.
“Bene bene bene, vedo che finalmente abbiamo in mano qualcosa per fare delle ricerche serie!” – fu il commento del poliziotto.
“Eh sì, te l’avevo detto! Quando credi che posso passare per avere un responso?” – chiese Jackie.
“Stasera… alle 19:30, come ieri…” – fu la risposta di Peter.
“Ma com’è possibile? La vostra ricerca ora ve l’ho molto ristretta… dovete guardare fra i vostri schedati solo gli europei e solo quelli che corrispondano alla descrizione…” – chiese dubbioso il giornalista.
“Sì, per carità è vero… ma diciamo che ieri mi ero fatto aiutare… oggi dovrei fare tutto da solo… con il casino della sparatoria avvenuta ieri in pieno pomeriggio, ci è stato richiesto di irrobustire i controlli e le ronde per la città. Quindi un bel po’ del personale sarà occupato per questa sorveglianza.” – si giustificò il poliziotto.
“Lo capisco…eh va beh… ma… a proposito di quello che è successo ieri… non è che tu puoi dirmi qualcosina in più? Qualcosa che magari vi state tenendo per voi…” – chiese Jackie senza girarci troppo intorno.
L’altro si guardò intorno e poi avvicinandosi disse a bassa voce: – “Eh ma quella che mi chiedi è un’informazione preziosa… è una cosa che sappiamo giusto noi, se si scoprisse sarebbe ovvio che la soffiata è partita qui dall’interno…” Jackie lo interruppe. – “Quanto è preziosa questa informazione?” Il poliziotto, sempre a bassa voce, riprese: – “Beh, ci sarebbe mio figlio che desidererebbe una bicicletta nuova…” L’orientale frugò tra i suoi risparmi ed estrasse tre dollari e senza farsi vedere li diede a Peter. – “Questi dovrebbero bastare… direi che c’è pure qualcosa in più.”
L’altro fece un cenno di assenso col capo e poi sempre a bassa voce iniziò a raccontare: – “Devi sapere che ieri, quando hanno controllato i corpi dei due uomini assassinati hanno trovato un biglietto di carta strappato da un piccolo bloc-notes dello sCRYviLO, sul quale era riportato uno strano messaggio. Allora i poliziotti sono andati ad interrogare quel tizio che sosteneva di aver parlato con l’assassino faccia a faccia e con le loro domande, senza farglielo capire, hanno avuto la conferma che quel biglietto fosse stato scritto dall’assassino in persona! Ma la cosa più strana era proprio quello che c’era scritto… in totale chi li ha ammazzati sosteneva di avere altre foto di Livì Ariette e a tal proposito chiedeva di incontrare Gabriel Novice. Ma ci pensi Jackie? In questo casino, in qualche modo è immischiata anche Livì!” L’orientale era abbastanza sorpreso da quella rivelazione… ora sì che ne aveva di piste da seguire! Ringraziò Peter per l’importante soffiata e decise di lasciare la centrale.
Il telefono cominciò a squillare. Don Luca e Ciro incrociarono i loro sguardi fino a quando il secondo si decise a rispondere. – “Pronto? Ah… sei tu. Sì è qui te lo passo.” – poi girandosi verso il Don riprese: – “E’ Tommy vuole parlare con te.”
Gli sembrava strano ricevere una telefonata a casa a quell’ora. – “Sì Tommy, che succede?” L’altro sembrava esitare ma poi rispose. – “Sono sotto casa del cinese… ma alla porta non risponde. Devo provare ad abbattere la porta?” Don Luca iniziò a borbottare qualcosa su come stesse cominciando male la giornata. – “Ascolta Tommy, ma la macchina è lì?” L’altro sul subito guardò in direzione della Chrysler nera, poi appena prima di rispondere intuì che forse il Don si riferiva alla macchina dell’orientale, di cui aveva già notato l’assenza nel vialetto. – “No, effettivamente la sua macchina non c’è…” “Eh allora perché diavolo vuoi tirare giù una porta? Evidentemente sarà già uscito! Senti, fai una bella cosa, ora provi a cercarlo al giornale. Se non lo trovi lì provi alla centrale di polizia. Nel caso non fosse nemmeno lì fai un ultimo tentativo al Circolo della botte, dopodiché se ancora non avrai cavato un ragno dal buco, torni qui in villa. Ci siamo capiti?” – disse il Don ormai spazientito.
“Ok, farò così… provo subito ad andare al giornale…” – lo salutò e chiuse la conversazione.
Don Luca si volse verso Ciro, guardò l’ora e vide che erano già le otto. – “Sbrighiamoci, andiamo alla sala Congressi, voglio vedere se riesco ad intercettare qualcuno dei partecipanti alla riunione che non eravamo riusciti a convincere. Chi lo sa… magari con un po’ di fortuna…” – e dicendo questo, insieme lasciarono la villa.
Scortato da Riccardo e Livio, Montgomery entrò nella Hall della sala Congressi. A quell’ora c’era poca gente e quell’immenso spazio era praticamente deserto. In fondo alla sala vide che c’era una donna minuta dietro ad una scrivania e vicino a lei c’era dell’altro personale, probabilmente appartenente alla squadra di sicurezza di quel posto.
Mentre il giovane si avvicinava vide che anche la donna le stava venendo incontro e lo accolse con voce squillante. – “Buon giorno signori! Avevate un appuntamento?” Montgomery si schiarì la voce. – “Sì, buon giorno. Sono Giulio Tarano e sono qui per la riunione che si terrà alle otto e mezza…” La donna iniziò a consultare un registro dopodiché fece un cenno ad uno degli uomini che si trovavano all’ingresso di un corridoio. – “Perfetto, ho in lista il suo nominativo. Posso avere un suo documento?” Il ragazzo non si fece pregare ed estrasse il portafoglio di Tarano dal quale trasse la sua carta d’identità, per poi mostrarla alla donna. L’altra, vedendo che tutto era in regola, fece un cenno d’assenso col capo. – “Bene signor Tarano, altri due partecipanti alla riunione sono già arrivati, quindi se vuole si può accomodare. La accompagnerà il mio collega direttamente nella sala adibita al vostro incontro.”
La guida fece un cenno a Montgomery di seguirlo e contemporaneamente anche Riccardo e Livio iniziarono ad avanzare. Quello spostamento venne subito notato dalla guida che si fermò.
– “Mi spiace ma la riunione è riservata, solo lui ha il permesso d’accesso.”
Riccardo tentò di giustificarsi. – “Ma io sono il suo portaborse…” E l’altro gli rispose: – “Penso che quella valigetta sia in grado di portarla da solo…” Poi intervenne la donna che li aveva accolti. – “Eh sì, mi dispiace ma è proprio così.
Dobbiamo garantire ai nostri ospiti la riservatezza richiesta dalla situazione.”
Prese parola il finto Giulio. – “Comprendo la situazione… ma se avessi bisogno di parlare con loro? Sto aspettando delle notizie urgenti…” – mentì spudoratamente per verificare se c’era la possibilità di tenerli con sé.
“In questo caso ci tengo ad avvisarla che la riunione verrà interrotta verso le dieci per un breve break di una ventina di minuti. Sa com’è… per staccare un po’… vi aspetta una lunga mattinata. Durante quella pausa vi sposterete in un’altra saletta, lì se lo vorrà, potrà ricevere la visita di uno dei suoi portaborse.” – concluse la donna.
A Montgomery quella soluzione sembrava ragionevole. – “Va bene, allora rimaniamo d’accordo così… Riccardo ti aspetto per le dieci e portami buone notizie…” Dicendo questo si volse verso la guida e con lui si incamminò lungo il corridoio.
Fecero una rampa di scale e poi sbucarono in un altro corridoio ai cui lati c’erano due lunghe file di porte. Camminarono ancora per qualche metro dopodiché gli venne indicato di entrare in una delle sale. All’interno vide una lunga tavolata, che avrebbe potuto ospitare una ventina di persone comodamente sedute. A quel tavolo avevano già preso posto due uomini, con i quali non appena fu a tiro scambiò una stretta di mano e veloci saluti.
“Come mai una sala tanto grossa se saremo solo in sei qui dentro?” – chiede Montgomery alla guida appena prima che questa abbandonasse la sala.
“Molto semplicemente per il fatto che sarete in sei solo nell’ultima parte della riunione, prima avrete la possibilità di avere in udienza i vari capo progetto delle iniziative per le quali deciderete di stanziare il vostro denaro, i quali vi mostreranno nel dettaglio tutti i punti a favore di ciò che propongono.” – dopo aver risposto, salutò tutti i presenti e sparì dietro la porta.
Sì. La mattina sarebbe stata molto lunga pensò Montgomery.
Jackie, mentre girava in macchina per le strade di Crylo, vide diversi manifesti riguardanti la presenza di Livì Ariette al Club Apollo nella serata di San Petronio. Un’idea balenò nella sua mente: magari non sarebbe riuscito a convincere la ragazza a presentarsi invece al Club del Giglio, ma nulla gli vietata di provare a sabotare l’Apollo.
Decise di passare a casa a cambiarsi: voleva indossare dei vestiti da battaglia per sentirsi più comodo nel caso si fosse trovato in situazioni difficili.
Una volta pronto ripartì in macchina in direzione del Club Apollo.
Don Luca e il suo picciotto varcarono l’ingresso della Hall della Sala Congressi. La percorsero per metà della sua lunghezza e trovarono Riccardo che li stava aspettando.
“Ricky… com’è andata? Non vedo Livio… è con Giulio?” – chiese impaziente.
L’altro scosse la testa e a bassa voce rispose: – “Non è con lui ma tutto sommato non è andata poi così male. La sicurezza ha portato nella sala riunioni solo Montgomery. Per noi non c’è stato verso… fino a quando alcuni gorilla si sono spostati. Io ho distratto la donna in accoglienza che vedi laggiù in fondo e Livio è riuscito a salire!” “Bene, questo ci voleva proprio… ora vediamo se riusciamo a passare pure noi…”. – iniziò a camminare in compagnia dei suoi picciotti fino a raggiungere l’estremità della sala, dove vennero fermati dalla receptionist.
“Buon giorno… Don Luca… ha per caso un appuntamento qui oggi?” – la donna aveva subito riconosciuto la persona che le stava di fronte.
“Buon giorno. No, in realtà avrei solo bisogno di salire nella sala che stamattina ospiterà la riunione con i diversi funzionari bancari… dovrei scambiare poche parole con alcuni partecipanti…” – gli disse il Don pensando che questo bastasse per far sì che le porte gli si spalancassero.
Tuttavia la donna fu ferrea. – “Ah. In questo caso mi dispiace ma dovrà aspettare il termine della riunione. L’accesso a quella Sala è autorizzato solo a poche persone e non sono ammesse eccezioni, sono spiacente.”
Don Luca provò ad essere altrettanto duro. – “Forse non mi sono spiegato bene, ma DEVO aver modo di parlare con quelle persone e non penso che lei possa impedirmelo…” “Forse io no, ma tutta la nostra sicurezza senz’altro…” – lo interruppe la donna.
Il Don perse la pazienza. – “Lei è? Vorrei sapere il suo nome.”
“Lucia Mandelli.” – rispose la donna senza esitazione.
Il Don voleva metterla in difficoltà. – “Va bene Lucia, può chiamarmi il direttore?” L’altra scrollò le spalle. – “Lo farei volentieri ma non è ancora arrivato, credo che sarà qui prima delle nove.”
Don Luca realizzò quindi che non sarebbe riuscito ad ottenere molto. – “Mi dica… non c’è altro modo per parlare con i membri della riunione prima che questa sia finita?” La donna lo guardò negli occhi e dopo qualche secondo di silenzio, riprese: – “Certo che è possibile. Alle dieci ci sarà una pausa e i nostri ospiti si accomoderanno in un’altra sala per un break. Potrebbe tornare a quell’ora e verrà accompagnato dalla sicurezza dove avrà modo di poter scambiare qualche parola con i nostri invitati. La avviso che la pausa sarà breve, non più di una ventina di minuti.”
Quelle parole diedero un minimo di soddisfazione al Don e mentre si allontanava dalla scrivania vide che dalla porta stava facendo il suo ingresso il funzionario bancario di Crylo, uno dei membri della riunione.
Don Luca gli si fece subito incontro. – “Saluti Mesino. E’ un piacere vederla qui oggi… giornata importante, eh?” L’altro gli rispose con un ampio sorriso. – “Saluti a te Don Luca! Sì, giornata fondamentale! E speriamo che tutto vada per il verso giusto… io naturalmente farò la mia parte…” “Ottimo, era quello che volevo sentirti dire!” – poi avvicinandosi e abbassando il tono della sua voce, Don Luca aggiunse – “Avrei bisogno che tu mi facessi un piccolo favore… puoi verificare chi è già arrivato e farmelo sapere? Quella donna con me non ha tanto collaborato.”
“Non ti preoccupare, ci penso io!” – e così dicendo si avvicinò alla receptionist.
Mentre questi iniziarono a parlare, l’attenzione di Don Luca fu colta da un nuovo arrivo.
Scortato da due sue guardie del corpo, con passo veloce stava avanzando Josè Casari, il petroliere che non era riuscito a corrompere.
Il Don lo intercettò. – “Saluti Josè.” – e si mise fra lui e l’accoglienza. Subito le sue due guardie del corpo si piazzarono in mezzo ai due uomini.
Il petroliere fece un gesto ai suoi come per dire di stare calmi e che non c’era niente di cui preoccuparsi. – “Saluti a lei Don Luca. Immagino che lei sia qui per la riunione… ma non sapevo che fosse tra gli invitati.”
Il Don rispose tranquillo: – “Sì e no. Nel senso che non prenderò parte alla vostra riunione ma è per questa che sono qui. Nel particolare mi vorrei accertare che lei abbia fatto la scelta giusta… credo che lei potrebbe trovare più vantaggiosa la mia offerta…” Josè rise beffardo. – “Ma le sembra il momento per aprire una trattativa? A cinque minuti dall’inizio della riunione?! No, ho già avuto modo di valutare le sue offerte ma non le ho trovate così tanto allettanti.” – concluse guardandosi intorno alla ricerca della persona alla quale presenziarsi.

Anche il Don si guardò intorno e vide un’altra persona entrare, da sola, ed andare spedita verso il corridoio, senza che nessuno provasse a fermarlo, ma scambiando solo dei saluti.
Don Luca incalzò nuovamente: – “E’ un peccato… insomma le scelte che le suggerirei di prendere oggi dovrebbero favorirla… un cantiere nuovo al porto e una stazione di servizio… sono proprio le cose che la fanno campare!” – ma mentre diceva questo vide che l’altro non gli stava più dando attenzione e riprese in tono più aggressivo: – “E lo farebbe proprio per il bene di tutti… non pensa ad esempio al bene di sua figlia? E’ una bella bambina, no?” Il petroliere si fece serio e le due guardie del corpo si strinsero ulteriormente per tenere a distanza il Don. – “Sì, è bellissima. Ma cosa crede di potermi minacciare? Ma per la carità, mi lasci in pace che mi ha già fatto perdere abbastanza tempo.”
Aggirandolo insieme ai suoi bodyguard si diresse verso la receptionist e dopo essersi presentato un uomo della sicurezza lo condusse da solo via da lì, seguendo un lungo corridoio.
Mesino approfittò del momento per tornare da lui. – “Se volevi sapere chi era già arrivato, mi spiace dirti che siamo già al completo. Prima di me erano già arrivate altre tre persone, poi è arrivato Josè ed infine l’ultimo era il segretario. Se non ti serve altro mi appresterei anch’io a raggiungere gli altri.”
Il Don gli appoggiò una mano sulla spalla. – “No, ma ti ringrazio comunque. Ora devi solo fare le scelte giuste, mi raccomando.” – e con queste parole il funzionario si congedò.
Riccardo e Ciro si riavvicinarono al loro capo e chiesero a quel punto cosa rimaneva loro da fare. – “Da qui alle dieci abbiamo ancora un po’ di tempo… Riccardo, tu rimani qui a controllare la situazione. Ciro, io e te possiamo fare una visitina a Livì.” – sentenziò con voce ferma.
Jackie parcheggiò lontano dall’ingresso del Club Apollo, ci teneva a non essere notato.
Esaminò con attenzione quel posto: non era nient’altro che una grossa villa con piscina riadattato a funzioni di locale privato. Effettivamente era ben curato e purtroppo per lui, doveva ammetterlo, anche difficilmente accessibile. Lungo tutto il perimetro del grande giardino della villa correva un’alta cancellata.
Provò ad avvicinarsi, rimanendo più sulla parte laterale e vide all’interno una figura muoversi. Non impiegò molto a capire che quello era il giardiniere e volle subito fargli qualche domanda. – “Mi scusi! Non vorrei disturbarla ma volevo sapere se il Club è aperto ora…” L’altro si fermò e conficcò la sua vanga nel terreno, poi asciugandosi il sudore che imperlava la sua fronte, gli rispose. – “No ragazzo, mi dispiace. Questo locale apre la sera…” Jackie si mostrò dispiaciuto. – “E’ un peccato… ci tenevo ad entrare… ho visto che qui da voi ci sarà Livì Ariette…” E il giardiniere gli rispose: – “Sì, questa è una notizia che qui dentro circolava già da un po’ di tempo, ma solo stamattina hanno voluto darne pubblica conferma!” L’orientale provò ad insistere sull’argomento: – “E sa per caso dirmi quando Livì sarà qui?” All’altro la domanda sembrava parecchio stupida. – “Certo, per la serata di San Petronio!” Jackie scosse la testa. – “Mi scusi forse non mi sono spiegato bene… intendevo chiederle se sapeva quando lei sarebbe venuta qui prima della festa, ad esempio per provare…” Il giardiniere allargò le braccia. – “Mi dispiace ma di certo queste cose a me non le dicono! Ora non vorrei sembrarle maleducato ma dovrei riprendere il mio lavoro…” Non gli rimase che annuire e ringraziarlo. Decise che era giunto il momento di avvicinarsi all’ingresso principale. Non appena fu a pochi passi da questo, da una specie di guardiola uscì una persona che gli si fece incontro. – “Sta cercando qualcosa?” Jackie si strinse nelle spalle. – “No, stavo solo facendo un giro ed ero venuto a vedere se magari trovavo qualche informazione su un possibile spettacolo di stasera… Mi sa dire chi ci sarà?” L’altro lo guardo dubbioso: dall’altra parte del cancello vedeva solo un orientale mal vestito che faceva un giro dove non avrebbe dovuto. Ma rispose comunque: – “Sì, stasera c’è un’orchestra jazz…” “Ah… bello!” – commentò Jackie – “E non sa mica dirmi dove poter recuperare qualche biglietto ed il loro costo?” Il tizio lo guardò con sufficienza e gli rispose: – “Costano quattro dollari ma sono spiacente, temo che tutti i biglietti siano esauriti.”
Probabilmente stava solamente facendo selezione all’ingresso e rendendosene conto provò nuovamente ad insistere: – “Allora è davvero un peccato, perché mi avanzavano proprio quattro dollari da spendere per questa serata…” L’altro lo guardò nuovamente male e aggiunse: – “Non le basterebbero comunque, per affittare uno smoking per entrare qui dentro le servirebbe almeno un altro mezzo dollaro…” “Ma io il mio smoking ce l’ho già, è a casa pronto per questa serata…” – disse l’orientale in tono di sfida.
L’altro sembrava divertito a questo punto. – “Beh, stando così le cose, provi a passare questa sera, con un abbigliamento adeguato e magari potrà trovare qualche biglietto ancora in vendita.”
“Perfetto, farò così!” – e dicendo questo si allontanò dalla cancellata sotto lo sguardo attento della guardia.
Nella stanza 305 Livì stava leggendo il giornale quando sentì bussare alla sua porta. Chiese alla sua guardia del corpo di andare a vedere chi fosse e quando sentì che le risposte provenivano dalla voce di Don Luca si affrettò a raggiungere anche lei la porta.
Vide che non era solo ma accompagnato da un suo picciotto. Era un po’ preoccupata ma li fece comunque entrare tutti e due.
“Ciao Livì, ero da queste parti ed ho pensato di passare a salutarti.” – cominciò il Don.
“Onestamente non mi aspettavo di vederti così presto… sai, dopo quello che è successo ieri… ma forse è meglio non pensarci più…” – disse arrossendo, sapeva di non aver toccato un tasto felice. Poi riprese: – “Comunque mi fa sempre piacere una tua visita…” “Ne sono contento.” – affermò il Don – “Ma già che sono qui volevo anche parlarti di un’altra cosa… ho visto in giro i manifesti per San Petronio. Non so quanto ti abbia dato Don Orazio ma credo che potremmo trovare insieme un accordo vantaggioso per entrambi, che ne dici? Mi piacerebbe se tu venissi al Club del Giglio…” La ragazza si fece seria. – “No… Luca… mi dispiace ma non posso accettare, qualsiasi sia la tua offerta.”
“Suvvia… se è un problema di denaro credo che riusciremo ad arrivare ad una soluzione ragionevole…” – provò ad incalzare il Don.
“Non è questione di denaro.” – disse in modo pacato Livì – “Diciamo che Don Orazio mi ha fatto un’offerta che non posso rifiutare.”
Don Luca si accigliò. – “E che razza di offerta ti avrebbe mai fatto che io non possa superare?” La ragazza era evasiva. Guardò prima lui, poi la sua guardia, poi il picciotto e poi ancora lui. Sembrava combattuta. Poi prese coraggio e avvicinandosi al Don gli disse: – “Andiamo a parlarne fuori, sulla terrazza, noi due soli.”
Fece strada e il Don si ritrovò a seguire quello splendido corpo che si muoveva, seguendo ogni movimento prodotto da quel passo delicatamente ancheggiante.
Si sedettero ad un tavolino e la ragazza sembrava ancora non essere a suo agio.
Fu Don Luca che decise quindi di rompere il ghiaccio. – “Livì… mi vuoi dire cosa sta succedendo?” L’altra mise una mano sul viso e dopo un attimo di riflessione cominciò a parlare. – “Tutti noi facciamo degli errori… anch’io ne ho fatti in passato, in un passato recente se devo essere sincera…” Il discorso iniziava a diventare di interesse per il Don che la invitò a continuare il suo racconto.
“Vedi… ho avuto una relazione con un politico… che… sì era stato gentile con me e mi aveva anche aiutato molto… ma aveva un piccolo difetto. Era sposato.” – si fermò per qualche secondo poi riprese – “Il vero problema fu quando una notte venimmo immortalati ripetutamente mentre eravamo a casa sua… in un momento decisamente… passionale…” Si fermò ancora per vedere la reazione del Don, poi continuò: – “Ebbene… quelle foto mi potrebbero rovinare… la mia reputazione, la mia carriera… tutto insomma. E quelle foto le ha in mano Don Orazio, il quale mi sta ricattando. Non solo dovrò esibirmi da lui per San Petronio, ma ha già pianificato tutta una serie di date nelle quali dovrò essere nel suo locale.
Tutto questo in pratica gratuitamente.”
Ora il problema era decisamente chiaro, solo che Don Luca non si aspettava che fosse di quella portata. – “Quindi se mi permetti di arrivare al dunque, se io riuscisse a recuperarti quelle foto non avresti più alcun legame con Don Orazio e potresti venire nel mio club per San Petronio…” Nell’altra si accese un barlume di speranza. – “Per San Petronio? Ma se riuscissi a recuperarmi quelle foto verrei anche a cantare a tutti i vostri compleanni!” – esclamò Livì.
Il Don era pensieroso. Recuperare delle foto sottraendole direttamente a Don Orazio era un’operazione molto pericolosa. Guardò l’orologio e vide che erano quasi le dieci. Si alzò e disse a Livì che avrebbe fatto il possibile e che ora la doveva salutare perché aveva un importante impegno.
Pochi minuti dopo Don Luca e Ciro lasciarono l’Hotel Royal sotto lo sguardo di un attento spettatore.
Montgomery non sapeva più a cosa pensare, quella riunione si stava dimostrando dannatamente lunga e noiosa.
Dall’inizio di quell’incontro aveva già avuto modo di assistere ad un’estenuante e dettagliata spiegazione su come la viabilità dell’area del polo commerciale avrebbe tratto beneficio con l’aggiunta di un secondo parcheggio.
Poi fu il turno dell’esposizione del progetto riguardante il nuovo cantiere al porto, che era risultato interessante, ma solo nei primi venticinque minuti, poi aveva avuto l’impressione che si parlasse solo di aria fritta.
L’attenzione venne richiamata dal segretario, il quale fece presente che erano le dieci e che potevano accomodarsi in una saletta poco distante per avere un momento di pausa.
Il finto Giulio apprezzò l’arrivo di quel momento, finalmente poté sgranchirsi le gambe, non era abituato a rimanere così tanto tempo seduto nella stessa posizione.
Quando raggiunse la saletta che gli avevano indicato vide che c’era Riccardo che lo stava aspettando. – “Come sta andando Giulio?” “Per il momento tutto bene… devo solo combattere contro il sonno.” – gli rispose Montgomery.
Dopo poco tempo fece il suo ingresso anche Don Luca, accompagnato da un uomo della sicurezza. Anche lui andò a sincerarsi con il giovane elettricista che tutto stesse andando per il meglio.
Poi decide di dedicarsi al funzionario bancario di Galliena, un altro che non era riuscito a corrompere, ma come era successo con Josè Casari, non gli diede molta corda.
I venti minuti di pausa terminarono molto velocemente e i sei dovettero ritornare nella sala della riunione, mentre tutti gli altri vennero riportati al piano sottostante.
Nella successiva ora e mezza vennero presentati i due progetti mancanti, anch’essi carichi di un forte potere soporifero nei confronti di Montgomery, il quale stava abbandonando le sue palpebre alle leggi di gravità.
Fu la voce del segretario che sanciva la fine delle dimostrazioni a dargli quella scossa che lo fece riprendere. – “Bene, tutto quello che c’era da sentire l’avete sentito. Sono stati tutti oltremodo precisi nel delineare i loro progetti. E’ giunto il momento della votazione.
Ora consegnerò ad ognuno di voi un fascicolo contenente un documento per progetto, nel quale dovrete indicare la vostra intenzione di appoggiarlo o meno e che dovrete firmare a fondo pagina. Dopodiché raccoglierò i vostri fogli firmati ed andrò a leggerne il responso, foglio per foglio. Credo che non debba aggiungere altro…” Le persone sedute intorno al tavolo risposero tutte affermativamente e sembrava che non vedessero l’ora di terminare quella lunga seduta.
Come aveva anticipato, il segretario iniziò a passare intorno al tavolo per consegnare i fogli da firmare. Per ultimo tenne Montgomery, al quale consegnandogli gli fece notare un foglietto che spuntava fra le pagine e gli fece un segno d’intesa.
Onestamente si aspettava che pure il segretario in qualche modo doveva essere corrotto ma non aveva ben chiaro cosa potesse contenere quel foglietto. Senza farsi vedere dalle altre persone, lo mise in una posizione tale da permettergliene la lettura.
Le cose si complicavano. Ma tutto sommato sarebbero stati problemi del vero Giulio Tarano. A lui bastava che gli fosse garantita la massima protezione fino a quando la faccenda si fosse conclusa.
Sui vari documenti mise le sue preferenze seguendo la sua Ave Maria e fregandosene del contenuto di quel biglietto. Volle apporre su ogni foglio vicino alla sua firma un solco fatto con l’unghia, in modo da essere sicuro che sarebbe stato in grado di riconoscere se quello era o meno il documento da lui firmato.
Il segretario passò a raccogliere tutti i documenti e poi si diresse nuovamente verso il suo posto. Senza sedersi, iniziò piano piano a prendere ogni foglio, leggendo a voce alta il nome del votante e la decisione presa.
Rimanevano solo i quattro documenti di Montgomery e la lettura dei precedenti fogli non aveva dato alcuna sorpresa. Il segretario prese il primo e dopo averne il letto il nome si fermò, come per assicurarsi di non essersi sbagliato, dopodiché lesse le quattro decisioni che aveva preso il finto Giulio.
“E questa era l’ultima scheda. Direi che dalla somma delle vostre preferenze è passato il finanziamento per la creazione del nuovo cantiere navale e dell’area di servizio vicino al comune.” – sembrava stizzito – “Vi chiedo ancora pochi minuti di attesa”.
Prese i fogli con le votazioni che aveva letto ad alta voce, li richiuse in una cartelletta ed andò alla porta. Dall’altra parte una persona prese i documenti e scambiò poche parole con il segretario. Quest’ultimo rimase qualche secondo sulla porta, poi tornò al suo posto.
Iniziò a compilare diverse scartoffie, applicò dei timbri e quando ebbe finito riprese parola.
– “Le decisioni sono state prese e qui abbiamo finito. Volevo solo rammentarvi di tenervi a disposizione nei prossimi giorni, per eventuali altre formalità che sarete richiesti di ottemperare per la buona riuscita dei progetti. Vi ringrazio per l’attenzione e vi lascio tornare ai vostri impegni.”
Tutto sommato era stato facile pensò Montgomery mentre con gli altri tornavano al piano sottostante, preceduti da un uomo della sicurezza.

CAPITOLO 6

Tiro al bersaglio

Nella stanza 212 dell’Hotel Royal, il sicario era appostato alla finestra.
Il suo fucile di precisione M1903 Springfield poche volte l’aveva tradito e vista la cura nel montarne ogni singola parte, poteva aspettarsi che anche questa volta il colpo sarebbe andato a segno.
Non gli rimaneva altro da fare che continuare a tenere sott’occhio la situazione, stare attento che il suo bersaglio non comparisse anzitempo all’uscita della Sala Congressi e attendere l’eventuale segnale concordato con il portavoce di Don Orazio.
Scrutava la strada già da qualche ora. Aveva fatto in tempo a vedere l’entrata di tutti gli ospiti della riunione. Aveva visto anche Don Luca in compagnia di un suo picciotto e questa era l’unica cosa che minacciava la sua tranquillità.
Per il momento però non voleva pensare a nulla che avesse potuto andare storto. Tanti ne aveva fatti cadere e probabilmente oggi avrebbe ricevuto l’ordine di farne cadere un altro. E non avrebbe sbagliato.
Mancava poco alle undici e mezza del mattino e vide un uomo affacciarsi alla finestra e appendere un drappo rosso. Era il segnale. Ora non rimaneva che attendere l’uscita della sua vittima.

Jackie aveva lasciato il Club Apollo da meno di una quarantina di minuti.
Non essendo riuscito a raccogliere nuove informazioni e tanto meno ad introdursi nel locale aveva pensato che era meglio se si concentrava su quanto già aveva. E in ballo di scottante c’era la pista di Livì.
Per questo motivo aveva deciso di tornare nuovamente a casa sua per cambiarsi e tornare a vestire dei panni più consoni per un incontro con la stella dello spettacolo.
Mentre parcheggiava fuori dall’Hotel Royal vide le macchine dei picciotti di Don Luca. Sperava di riuscire a muoversi liberamente ancora a lungo, stranamente non gli era stato ancora messo alle calcagna Tommy.
Decise allora di muoversi velocemente. Entrò nella Hall e si diresse verso il receptionist. - “Buon giorno. Mi scusi avrei bisogno di sapere il numero della camera di Livì Ariette.”
L’altro lo guardò un po’ stranito. - “E chi lo sta richiedendo?”
L’orientale rispose con semplicità. - “Sono Jackie Lee, il giornalista de “La Voce di Crylo”, nonché un amico di Livì…” - sapeva di aver esagerato ma a quel punto tanto valeva giocarsela.
Nino alzò un sopracciglio. - “Lei non ha nemmeno idea di quanti giornalisti vengono qui sostenendo di essere amici della signorina Ariette e che poi vengono puntualmente messi alla porta… comunque…” - e senza finire la frase prese la cornetta del telefono.
Dai movimenti del receptionist, Jackie vide che si stava mettendo in comunicazione con la stanza 305. Informazione che nel peggiore dei casi poteva comunque tornargli utile.
“Sì signorina Ariette, sono Nino. Ho qui una persona che vorrebbe incontrarla… sì… dice di essere un suo amico… è un giornalista… ah ecco, come immaginavo… ha detto di chiamarsi Jackie Lee. Come? Lo conosce? Ah… in questo caso… va bene, la saluto.” - riagganciò la cornetta e voltandosi verso l’orientale aggiunse. - “La signorina Ariette ha acconsentito a vederla, dovrebbe solo attendere una decina di minuti, poi potrà salire.”
“E io cosa le avevo detto?!” - rispose Jackie con fare trionfante. Dopodiché rimase ad attendere il momento per salire.

Dal rumore di passi che sopraggiungevano dal fondo del corridoio, Don Luca aveva intuito che la riunione fosse terminata. Ora attendeva solo la conferma che tutto fosse andato bene.
Attorno a lui aveva Riccardo e Ciro, ai quali per portarsi avanti iniziò a dare indicazioni su cosa avrebbero dovuto fare. - “Bene, non appena arriva Montgomery, lo prendere e lo accompagnate direttamente in albergo, poi non vi muovete da lì…” - la sua attenzione fu distolta dall’apparizione delle prime figure in fondo al lungo corridoio. Distinse subito Montgomery e vide che aveva un’aria preoccupata. Se avesse portato brutte notizie avrebbe potuto lasciarci la pelle all’istante.
Mentre pensava a queste cose non si accorse della presenza che si materializzò alle sue spalle. Dal nulla era sbucato Livio, il quale aveva passato l’intera mattinata imboscato al piano superiore. - “Don… abbiamo un problema.”
L’espressione di Don Luca si fece grave. - “Che genere di problema?”
Il picciotto si avvicinò e, abbassando ulteriormente la voce, aggiunse - “Ho tenuto sotto controllo tutta la riunione… al termine, dopo la votazione, ho visto il segretario uscire dalla porta, dare dei documenti ad un buttafuori e parlargli fitto…” - si fermò solo per un momento, quando vide che era tornato Montgomery e che stava provando ad interromperlo per parlare con il Don, ma poi riprese - ”…dopodichè il buttafuori è entrato in una delle sale vicino a quella della riunione, una di quelle si affaccia alla strada qui davanti, ed ha appeso un drappo di colore rosso alla finestra. Questa faccenda puzza di guai.”

Mentre il finto Giulio tentava ancora di richiamare l'attenzione, il Don gli rispose.
“Sì, è davvero una brutta faccenda e ora dobbiamo cambiare i nostri piani, qui dobbiamo ancora fare qualcosa..” poi si volse verso il loro Tarano e vide che questi sembrava volesse dirgli qualcosa di veramente importante.

“Don Luca… durante la riunione c’è stato un imprevisto… il segretario mi ha dato questo…” e senza fare movimenti troppo evidenti, estrasse il pizzino che aveva ricevuto insieme ai documenti da firmare e glielo diede.
L’altro lo lesse e l’espressione si fece ancora più preoccupata.
“Livio… il drappo l’hai rimosso?” - gli chiese.
“No, non avevo modo di entrare in quella stanza senza farmi vedere. Magari ora che la via è un po’ più sgombra…“
Il Don non volle perdere tempo ed iniziò ad istruirli tutti.
“Allora… Livio… vai su e togli immediatamente quel drappo… con le buone… o con le cattive. Riccardo, Ciro… voi due adesso riaccompagnerete nella sala riunioni il nostro Giulio e cercate OVUNQUE quei documenti. Chiaro? E riguardo quel segretario… com’è che si chiama?”
Prese parola Montgomery. “Sì è presentato all’inizio della riunione, si chiama Vittorio Capomonte.”
Il Don fece un cenno d’assenso. “Ora andate.”
Il quartetto non fece in tempo ad incamminarsi verso il corridoio che venne subito fermato dalla donna dell’accoglienza. “Perdonatemi, ma dove vorreste andare? La riunione è finita…“
Fu Montgomery a risponderle. “Ho dimenticato alcuni miei incartamenti di sopra, stavo andando a recuperarli…“
La donna sembrava scettica. “E loro tre?”
Il ragazzo rispose imbarazzato. “Beh… uno è il mio portaborse… gli altri mi aiuteranno solo a fare più in fretta a trovare ciò che ho dimenticato… così leveremo il disturbo ancora più velocemente…“
A rafforzare questa giustificazione si intromise il Don. “Suvvia… e poi che disturbo possono dare? Come diceva la riunione è terminata…“
La donna iniziò a tentennare. “Eh va bene… ma per poco, fate davvero in fretta mi raccomando. Se non vi vedo tornare presto manderò la sicurezza a prendervi!” concluse seccamente.
“Mi scusi può ripetermi il suo nome?” chiese il Don con aria sorniona.
“Lucia Mandelli!” gli rispose la donna.
“Bene bene, ne ho preso nota.” - commentò Don Luca, che nella sua testa figurava già l’immagine della donna con un paio di scarpette di cemento anziché quelle di vernice che stava indossando ora. E mentre un sorriso appariva sul suo volto, gli altri quattro iniziavano ad incamminarsi per il corridoio.

I dieci minuti erano passati e finalmente poteva andare a scambiare quattro chiacchiere con Livì. Dentro di lui sapeva che molto probabilmente non sarebbe stata una conversazione molto piacevole, ma arrivati a quel punto, se davvero voleva battere quella pista, non poteva tirarsi indietro.
Bussò due colpi alla stanza 305. La porta si aprì e apparve un uomo di colore alto e grosso che si era fermato sulla soglia.
Dall’interno si sentì la voce di Livì. “Lascialo entrare, lo stavo aspettando.”
Jackie percorse pochi metri e trovò la ragazza seduta davanti ad uno specchio intenta a spazzolarsi. Sì, era decisamente bella. Proprio come se la ricordava.
Livì, quando lo vide sopraggiungere, si alzò e andò a salutarlo.
“Buon giorno signorina Livì… mi ha fatto piacere constatare che lei si ricorda ancora di me…” disse Jackie che era davvero soddisfatto.
La ragazza sorrise in risposta. “Certo che mi ricordo… beh non sarà passato nemmeno un anno… era per me ancora l’inizio… il vero successo è arrivato dopo e la sua intervista la ricordo con piacere, mi ha fatto una buona pubblicità!”
“Ne sono contento Livì. Ma… a proposito di pubblicità… ho visto i manifesti appesi per la città… e che per San Petronio sarà al Club Apollo… è un peccato…” commentò l’orientale.
La ragazza sorrise nuovamente. “Ah! E’ vero che lei è un po’ di parte! Dimenticavo la sua vicinanza alla famiglia di Don Tommaso…“
“Beh il mio commento non voleva essere di parte… pensavo solo al meglio per lei… Ed era anche un suggerimento che le arriva direttamente da Don Luca…” - asserì Jackie.
L’espressione di Livì si fece stupita. - “Lei ha parlato con Don Luca?” sembrava che la voce fosse diventata tremante.
“Beh sì, l’ultima volta l’ho visto ieri sera e mi ha ancora parlato di lei e di quanto la volesse per la festa del suo Club…“
La ragazza sentendo quelle parole sembrava rinfrancata. Poi si strinse nelle spalle. - “Mi spiace ma ormai ho già preso accordi con Don Orazio e non posso fare diversamente… ho ricevuto anche un’offerta dalla famiglia dei Santè, ma diciamo che è stata tardiva. Comunque sia sono contenta così.” ma il suo sorriso apparve un po’ spento, poi riprese - “Quindi è venuto qui per farmi un’intervista pre-San Petronio?”
Jackie scosse il capo. “No… in realtà avrei alcune domande da porle su di un argomento meno frivolo.” vide su un tavolo una copia della Voce di Crylo e riprese “Come sicuramente avrà avuto modo di apprendere dai giornali stanno succedendo cose gravi in città… come la morte di ieri di quel giornalista dello sCRYviLO…“
La ragazza non batteva ciglio. “Sì, ho letto tutto in proposito.”
“Bene.” riprese Jackie “Ma diciamo che lei non ha letto tutto ciò che c’è da sapere su questo caso. Non so bene come, ma forse sarà in grado di dirmelo lei, ma sembra che lei si implicata, anche se indirettamente, nell’uccisione del giornalista.” - si fermò per vedere la reazione della ragazza e vide che da angelica era mutata, il sorriso su quel volto si era perso.
“Vede Livì… sembra che in qualche modo c’entrino sue foto… se me ne volesse parlare…” - continuò il giornalista.
Lo sguardo della ragazza sembrava pieno di collera, ma riuscì a controllarsi e dopo aver visto che la sua guardia del corpo la stava fissando, invitò l’orientale a seguirla sul terrazzo.
Una volta accomodati, gli rispose “Mi spiace ma temo che alle sue orecchie siano arrivate solamente menzogne, non so di che foto sta parlando…“
Jackie iniziò a raccontare con calma del bigliettino trovato in tasca ad uno dei cadaveri e poi chiese: “Lei aveva già incontrato Gabriel Novice?”
La ragazza alzò le spalle. “Non saprei dirle, con il lavoro che faccio sono spesso a contatto con voi giornalisti, ma non ricordo se ho già avuto a che fare con lui.”
L’orientale comprese che la ragazza si stava chiudendo ermeticamente e allora decise che forse era meglio spingerla a ragionare. “Livì, per il suo bene e per non far sì che accadano ancora tragedie come quella di ieri, sarebbe il caso che lei mi raccontasse tutto ciò che sa… senza nascondersi.”
“Le ho detto ciò che so, ovvero nulla.” gli rispose seccamente la donna.
“E circa l’esistenza di sue foto… che potrebbero essere ricollegate a Gabriel cosa mi…” ma venne interrotto da Livì.
“Come glielo devo dire? Non so proprio di cosa sta parlando. E considero l’argomento chiuso.” la ragazza sembrava aver chiuso la possibilità a qualsiasi tipo di dialogo.
“Io le sto dando una via d’uscita… parlandone potremmo venirne a capo e risolvere i problemi che ne conseguono… perché vuole chiudere la porta a questo tipo di soluzione?” - incalzò Jackie.
“Signor Lee…” - questa era la prima volta che Jackie si sentiva chiamare in quel modo - ”…l’unica porta che vedrà chiudersi dietro le sue spalle è la stessa che ha varcato poco fa per entrare. E la inviterei a percorrerla. Ora.” - concluse acidamente la donna.
L’orientale capì di non essere più il benvenuto, ma volle provare a riportare la conversazione su argomenti più sereni. “Va bene Livì, capisco che forse non è il caso di continuare a parlare di questa faccenda. Se ha ancora qualche minuto da dedicarmi vorrei farle una normale intervista circa lo spettacolo che proporrà al Club…“
L’espressione di Livì non era minimamente cambiata. “Forse non sono sta chiara, in tal caso vedrò di porvi rimedio subito. Non ho la minima intenzione di continuare questa conversazione con lei, la pregherei di lasciare la mia stanza.”
Ormai tirava una brutta aria, era proprio giunto il momento di andarsene.

Livio trovò chiusa la porta della sala alla cui finestra era stato appeso il drappo, ma si ricordò che il suo Don gli aveva detto di usare pure le altre maniere… quelle cattive.
Mise Ciro a fargli da palo vicino alle scale e con un calcio spalancò la porta. Si diresse immediatamente alla finestra dove vide quel foulard rosso ancora agganciato dove l’aveva visto in precedenza. Si sporse dalla finestra per avere una visione della situazione. Guardò in strada ma non vide nulla di anomalo, dopodiché, senza indugiare, tolse il drappo e se lo ripose all’interno della giacca.
Riccardo e Montgomery iniziarono le ricerche di quei documenti, ma non trovarono nulla. Presto furono aiutati anche dagli altri due picciotti, ma la ricerca si concluse senza successo.
Dopo circa un quarto d’ora decisero che era meglio tornare al piano di sotto e raggiunsero Don Luca che era rimasto lì ad aspettarli.
“Tutto fatto?” chiese impaziente ai suoi.
Il primo a rispondere fu Livio. “Il drappo è stato tolto…“
Riccardo e Ciro sembravano più titubanti. “Noi abbiamo avuto meno fortuna… di sopra abbiamo cercato ovunque ma non c’è stato verso… probabilmente quei documenti sono già stati portati via.”
“Porca…” ma Don Luca si trattenne…
Montgomery si rivolse a Riccardo: “Hai avuto modo di vedere se qui al piano di sotto ci sono altre uscite? Magari qualcuna che dia sul retro… non mi fido di quel drappo appeso…“
Don Luca tentò di rincuorarlo. “Stai tranquillo, ormai quel drappo l’abbiamo tolto.”
E il finto Giulio rispose nuovamente. “Ma che vuol dire? Poteva essere anche solo un segnale… una volta visto magari ha innescato qualcosa…“
“Sì… che la mia pazienza si sta esaurendo.” - rispose secco in Don “Adesso torniamo tutti in albergo.” poi rivolgendosi ai picciotti “Voi tre circonderete Montgomery, tenendolo stretto in mezzo a voi e velocemente attraversiamo la strada ed entriamo al Royal.”
Montgomery non era affatto convinto di quel piano ma sapeva che sarebbe stato inutile insistere.
Don Luca si tenne un po’ più a lato dell’altro gruppetto dei quattro e tutti insieme iniziarono l'uscita dalla Sala Congressi.

Il sicario vide finalmente uscire la persona che stava aspettando.
Aveva iniziato a dubitarne, l'attesa si era fatta più lunga rispetto a quanto gli era stato detto e l'aver visto rimuovere il segnale dalla finestra l'aveva spinto a pensare inizialmente ad un contrordine e successivamente al fatto che forse non si voleva destare troppo l’attenzione.
Ma ora il bersaglio era lì.
Angelo accarezzava il grilletto del suo fucile. Doveva essere preciso, dannatamente preciso. Anche in virtù del fatto che il suo obiettivo era attorniato da altri uomini.
Lo spazio per colpire era molto limitato.
A pochi passi c'era pure Don Luca. Tutto sommato non stava venendo meno a nessun patto con lui. La sera prima ci aveva tenuto bene a precisare che fino a domani non avrebbe fatto del male alle persone della lista che aveva stilato. Ma ora quel domani era arrivato, ed era libero di colpire.
Serviva una freddezza immensa. Se per errore al posto di Giulio Tarano avesse fatto la pelle ad uno dei picciotti si sarebbe trovato contro Don Luca… o peggio ancora Don Tommaso… meglio non pensarci.
Concentrarsi sul grilletto e sul suo bersaglio. Era al centro della strada… rallentato dal traffico. Era il momento.
Il proiettile partì e centrò in modo perfetto il bersaglio, passando in mezzo a Livio e Riccardo e penetrando la carne di Montgomery tra il collo e la spalla.
Subito dopo aver premuto il grilletto, il Macellaio si era spostato dalla precedente posizione di tiro. Si era tirato indietro per scomparire e poi era tornato a lato della finestra, in un punto nascosto per osservare la situazione.

Non appena il proiettile lo colpì, il corpo di Montgomery cadde rovinosamente al suolo.
Don Luca e i suoi picciotti si guardarono intorno per cercare di capire da dove era partito il colpo ma non notarono nulla.
E allora fu dato l’ordine: “Sollevatelo di peso e portatelo dentro l’albergo. Veloci!”
I picciotti non se lo fecero ripetere due volte e riuscirono a portarlo al centro della Hall.
Nino, il receptionist, rimase davvero scosso nel vedere la scena che si stava parando di fronte ai suoi occhi.
Vedeva Giulio Tarano privo di sensi con la camicia inzuppata di sangue. Il colpo era arrivato a pochi centimetri dalla giugulare. Per pura fortuna era ancora in vita… o quasi.
Don Luca si diresse immediatamente verso Nino. “Da adesso in avanti mi occupo io di tutti i messaggi che potrebbero arrivare in albergo per Tarano. Qualsiasi chiamata o richiesta ne prenderai nota e me la farai avere. E soprattutto, per quello che ne sai tu, non è successo niente. E Giulio Tarano alloggia e alloggerà ancora qui. Anche se ora lo porteremo via. Inutile ricordarti quanto sia importante che tu non ti faccia scappare niente.”
Dal centro della sala arrivò la voce di Ciro: “Don, ma questo sta tirando le cuoia qui… non credo che ci convenga trasportarlo in villa… sto qua ci saluta al primo semaforo rosso…“
Il Don si fermò a riflettere. Montgomery doveva sopravvivere e rimettersi in salute. Possibilmente presto se fossero state necessarie sue firme entro sabato. Si volse nuovamente verso il receptionist. “Chiama un’ambulanza e falla arrivare presto.”
Mentre si sentiva in lontananza il suono della sirena dell’ambulanza, Jackie fece apparizione nella Hall dell’Hotel.
Vide Don Luca e i suoi picciotti intorno a un ragazzo morente riverso nel proprio sangue. Provò a pensare se conosceva qualche tecnica per bloccare il fluire del sangue verso l’esterno ma vide che la ferita era troppo vicina ad un’area vitale, colpirlo in quel punto poteva essere fatale. Meglio evitare… soprattutto perché da quanto sentiva l’ambulanza era ormai vicina.
“Ma cosa diavolo sta succedendo qui dentro?” chiese l’orientale.
“Niente Jackie, un mio uomo è stato colpito.” fu la risposta striminzita del Don.
“Ma da chi? E chi è questo ragazzo?” incalzò Jackie.
“E’ bene che nessuno lo sappia.” rispose freddamente Don Luca.
Fece per estrarre la sua macchina fotografica ma il Don gli fece un gesto per bloccarlo. “E’ bene che nessuno lo sappia.” ripeté nuovamente.
Gli uomini del soccorso entrarono nella Hall ed iniziarono ad occuparsi di Montgomery. Nel giro di dieci minuti l’avevano caricato su di un lettiga, ma qualche strattone dato per issarlo forse ne aveva peggiorato le già precarie condizioni.
Mentre lo stavano portando fuori per caricarlo sull’ambulanza, il Don impartì nuovi ordini: “Riccardo tu sali sull’ambulanza con lui, tu Livio prendi una macchina e seguili fino all’ospedale.”
Don Luca si riavvicinò per scambiare qualche altra parola con Nino.
Jackie invece chiese ad un facchino se c’erano delle altre uscite sul retro. Il facchino rispose affermativamente e lo condusse dopo un percorso più o meno tortuoso fino ad una porticina che dava sulla strada sul retro.
Non c’era nessuno che stava scappando, tutto sembrava tranquillo.
Dall’altra parte della strada vide che c’era un commerciante di tessuti che esponeva la sua mercanzia direttamente sulla strada. Provò ad avvicinarsi e a chiedergli se aveva visto qualcuno uscire dalla porta dalla quale era passato lui.
“Mi faccia pensare… no… direi proprio di no… e me ne sarei accorto! Quella porta non si apre quasi mai… solo quando devono buttare la spazzatura…” rispose il commerciante.
“Ah… bene… la ringrazio, mi ha fatto risparmiare parecchio tempo.” disse Jackie mentre tornava sui suoi passi.
Tornato nella Hall vide che Don Luca e Ciro non c’erano più. Ma c’era Nino parecchio agitato dietro il bancone della reception.
“Mi scusi se la disturbo ancora… ma ha chiamato la polizia?” chiese l’orientale.
“No… non è il caso.” disse tremante il receptionist.
“Ma come non è il caso?! Dopo quello che è successo….” ribatté Jackie.
Nino scosse il capo e sospirando aggiunse: “E’ bene che nessuno lo sappia.”
Jackie era incredulo. Sapeva bene quanto potere potesse avere Don Luca nella parte sud di Crylo ma non si aspettava tanto. E c’era un omicida ancora nei paraggi.
E se fosse lo stesso del pomeriggio precedente? In tasca aveva ancora un foglio strappato dal quotidiano, quello che conteneva l’identikit dell’assassino. Si avvicinò a Nino e provò a mostrargli quella bozza. “Per caso un tizio che corrisponde a questo disegno ha preso una camera qui? O comunque l’ha visto aggirarsi da queste parti?”
Nino guardò bene quell’immagine e scosse il capo. - “No, sono sicuro di non aver affittato camere a nessuno che possa somigliare a quest’uomo…” - poi si concentrò e aggiunse - ”… e posso anche escludere di averlo visto qui oggi.” - sembrava sincero ma Jackie non si fidava.
“E’ importante. Se solo le capita di vederlo mi faccia sapere.” - volle aggiungere Jackie.
Poi vide ripassare il facchino di prima e provò a chiedergli se c’erano altre uscite sul retro.
“No… solo quella che ha visto… per lo meno sul retro. Poi avremmo un’altra uscita nel piano interrato… che è più che altro un parcheggio…” - disse il ragazzo.
“Portami subito lì!” - disse Jackie senza perdere tempo.
Arrivato nel posto descritto, l’orientale vide che era oltre modo tranquillo, non volava una mosca. Si girò verso il facchino e chiese: - “C’è modo di sapere se qualcuno è uscito da qui?”
Il facchino annuì col capo. - “Certo! Per uscire da qui dobbiamo per forza far alzare la sbarra che c’è all’uscita, sennò non è possibile.”
“E qualcuno ne ha fatto richiesta oggi?” - incalzò Jackie.
“No, direi proprio di no.” - concluse il facchino.
L’orientale ringraziò e tornò nuovamente nella Hall.
La chiazza di sangue era ben evidente sul tappeto al centro della sala e proseguiva lungo le scale all’uscita, fino al centro della strada.
Nonostante le parole di Don Luca non riuscì a trattenersi e decise di scattare un paio di foto in cui risaltassero le chiazze di sangue ben visibili al centro della Hall e anche di quelle sulla strada che poi conducevano all’ingresso dell’hotel.

Angelo aveva visto tutta la scena dalla finestra. La persona portata via dall’ambulanza sembrava in uno stato pessimo, ma forse era meglio accertarsi di aver portato a termine il lavoro.

Osservando costantemente la strada aveva avuto modo di vedere che sia Don Luca che tutti i suoi picciotti se n’erano andati via.
Smontò velocemente la sua attrezzatura e la ripose in una custodia da chitarra. Per l’occasione si era camuffato in modo irriconoscibile e questo gli avrebbe permesso di lasciare l’albergo del tutto indisturbato.

Una volta giunta all’ospedale l’ambulanza scaricò il suo ospite, che venne portato d’urgenza in sala operatoria. Riccardo cercò di seguirlo ma venne bloccato da uno stuolo di infermiere che gli impedirono di procedere.
“Lei è parente?” - gli fu chiesto.
“No, ma devo seguirlo.” - rispose inutilmente.
“Mi può dare le generalità del suo amico?” - fu la domanda successiva.
“E’…” - si fermò… non sapeva esattamente sotto quale nome presentarlo. Poi si decise: - “E’ Giulio Tarano. Ma ora devo procedere, devo seguirlo.”
“Oh, suvvia, si metta l’anima in pace, tanto non può entrare in sala operatoria, attenda qui” - gli disse l’infermiera che gli stava facendo l’interrogatorio.
Dopo qualche istante arrivò anche Livio e dopo altri dieci minuti anche Don Luca e Ciro.
“Come sta?” - chiese il Don.
“L’hanno portato dentro d’urgenza… ma non è da molto che è dentro…” - gli rispose.
Una voce femminile interruppe il loro dialogo. - “Lo stiamo perdendo…” - la voce arrivava dalla sala nella quale avevano portato Montgomery.
Passarono un’ora lì in ospedale per cercare di avere qualche notizia confortante, ma dopo quel lungo lasso di tempo uscì un’infermiera che non diede notizie troppo incoraggianti. - “Quel ragazzo è messo malissimo, sta lottando tra la vita e la morte… l’operazione sarà ancora molto lunga e non siamo in grado di garantire che il paziente sopravvivrà…“
A quelle parole Don Luca si mise una mano sul viso, poi girandosi verso Ciro gli disse che per loro due era arrivato il momento di tornare in villa, ci avrebbero pensato gli altri ad aggiornarli sulla situazione.

CAPITOLO 7

L’azione corre sul filo

Erano le sei del mattino e Don Luca si svegliò riposato, stiracchiandosi nel letto della sua camera. Dopo Giunti in villa un altro motivo di preoccupazione attendeva Don Luca: alla richiesta di sapere dove fosse Tommy, la servitù rispose che non era ancora rientrato.
“Manca solo di ricevere brutte notizie anche da lui…” – ma concluso questo pensiero, la sua mente lo stava riportando alla questione Tarano.
Il finto funzionario che aveva abilmente sostituito era in fin di vita, mentre l’originale decisamente più rompiscatole ma in salute era comunque a sua disposizione e stava marcendo in una cantina. Quello che sapeva era che nei giorni successivi avrebbe avuto bisogno di un Tarano, poco importava quale fosse dei due, l’importante era che facesse il suo volere.
Doveva assolutamente sapere com’era la situazione in ospedale ed agire di conseguenza. Si avvicinò al telefono e alzata la cornetta compose il numero del centralino dell’ospedale. Dopo essere stato passato per diversi interni riuscì a parlare con un’infermiera che si trovava nella sala d’aspetto dove aveva lasciato i suoi picciotti. Chiese di farsi passare Riccardo Storchi.
“Pronto Don Luca, mi dica….” – disse il picciotto non appena raggiunse il ricevitore.
“No Ricky, dimmi tu! E’ finita l’operazione? Come sta il nostro Tarano?” – era evidente che la preoccupazione non fosse dovuta a legami verso quella persona ma solo per puro interesse.
Riccardo sembrava titubante. – “Beh, qui onestamente non ci sono molte novità,continuano ad entrare ed uscire dottori ed infermiere dalla sala operatoria. Pare che Mont…ahem… Tarano stia messo malissimo… ma ancora non so dire nulla di preciso…”“Fa niente Riccardo, tu tienimi sempre aggiornato. E mi raccomando, tu e Livio state attentissimi a chi gira lì in ospedale, qualsiasi persona sospetta ma anche non, la dovete tenere sotto controllo.” – poi il Don si fermò a riflettere. – “E quando finalmente Tarano verrà portato fuori e messo in una camera, continuate la sorveglianza. E nel caso ancora che dovesse schiattare in quella maledetta camera, non fate entrare nessuno e impedite che nessuno los appia. Potremo poi procedere a sostituirlo con l’altro… e ti immagini che miracolo? Un Giulio Tarano nuovamente in salute!” – questa era il primo pensiero che lo portava a sorridere dall’inizio di quella conversazione. – “Siamo intesi?”“Sì, certo. Non c’è alcun problema.” – gli confermò il picciotto.
“Bene, allora sapete cosa fare. Saluti.” – concluse il Don.
“Ma…” – stava replicando il picciotto quando dall’altra estremità la cornetta era già stata riagganciata.
Il primo passo era stato fatto ora c’era ancora da sistemare tutto il resto. Il Don rialzò nuovamente la cornetta e compose il numero del Circolo della Botte.
Dopo circa cinque o sei squilli dall’altra parte qualcuno rispose. – “Prooonto?” – era la voce di Tito.
“Sono Don Luca… come va con i nostri ospiti?”- chiese senza perdere tempo in inutili discorsi e convenevoli.
“Bene, sono stati messi dove nessuno li può trovare o sentire… nemmeno la luce gli arriva…” – rispose soddisfatto il proprietario del Circolo.
“Ecco a questo proposito volevo chiederti di portarmeli qui in villa…” – poi sembra vaessersi fermato a riflettere – ”…anzi no, dell’autista non me frega niente, ma avrei bisogno che tu mi portassi qui Tarano. E ne avrei bisogno alla svelta. Puoi farlo?” – lo chiese per cortesia,ma sapeva bene che era chiaro che una risposta negativa non sarebbe stata tollerata.
Tito sembrava disorientato da quell’improvviso cambio di programma ma tutto sommato continuare o meno quella custodia a lui non faceva differenza. – “Certo Don, faccio come se fosse già lì da lei. Ma glielo porto impacchettato?”“Sì, impacchettato andrebbe decisamente meglio.” – confermò il Don.
“E così sarà. Ordinerò subito a Giò di portarglielo. A presto Don Luca!” – e così ebbe fine la loro telefonata.
E il secondo passo del suo piano era stato compiuto, nonostante gli imprevisti vedeva nuovamente la situazione tornare sotto il suo controllo. E mentre ancora si stava compiacendo con questi pensieri, il suo telefono cominciò a squillare.
“Pronto…” – rispose quasi immediatamente il Don.
“Sì, sono Riccardo… ho cercato di chiamarla subito dopo che mi aveva chiamato ma trovavo sempre la linea occupata…” – ma il picciotto fu interrotto dal Don.
“Vieni al punto, come mai mi hai cercato? Novità?” – gli chiese.
“No… era per quello che mi ha detto prima. Ci ha già pensato lei a mettersi d’accordo con i dottori? O dobbiamo farlo noi appena ne vediamo uno uscire?” – fu la domanda di Riccardo.
“Mettersi d’accordo? E per cosa? Vi ho detto che dovete sempre tenere sotto controllo Giulio quando sarà in camera e non permettere a nessuno di avvicinarlo. Cosa non ti è chiaro?”– aggiunse perplesso Don Luca.
“Io intendevo nel caso… come dire… Tarano crepasse sotto i ferri! Se non avvisiamo i dottori per tempo delle nostre intenzioni, sostituire un morto e spacciarlo per vivo e vegeto potrebbe essere davvero complicato…” – gli spiegò il picciotto.
A questo non aveva pensato e purtroppo per come stavano le cose, l’eventualità che Montgomery tirasse le cuoia durante l’operazione erano molto alte. – “Hai ragione Ricky.
Pensateci voi, non appena vedete un cambio di dottore assicuratevi che questo collabori con noi. Con le buone…o con le cattive…”“Pensiamo a tutto noi Don, per il momento la saluto.” – ed in questo modo anche l’ultima telefonata ebbe fine e Don Luca poté cominciare a studiare le prossime mosse.
Aveva assistito all’epilogo di un tentato omicidio. Aveva foto che potevano confermarne l’accaduto. Aveva un’ottima notizia in anteprima che nessun altro giornale aveva. Ma non poteva farne parola per volere del Don.
Jackie era abbastanza abbacchiato per questo, ma non voleva perdersi d’animo, forse c’era ancora il modo di trarre vantaggio da quegli eventi. La sua meta ora era la stazione di polizia,magari là qualcuno già sapeva e avrebbe trovato nuovi indizi riguardo quella situazione che nessuno aveva avuto il piacere di spiegargli.
Parcheggiò la sua macchina non troppo vicino alla Centrale, non voleva dare nell’occhio.
Mischiandosi fra la gente fece il suo ingresso ed iniziò a cercare Peter nei vari uffici.
Nel giro di qualche minuto riuscì a trovare il suo informatore, il quale sembra sorpreso divederlo. – “Jackie… ma non ti aspettavo qui a quest’ora… sei un po’ in anticipo!”L’orientale si strinse nelle spalle. – “Non sono venuto qui per chiederti il risultato delle tue ricerche… più che altro avrei un’informazione… ma è delicata, non è il caso di parlarne qui.”
L’espressione dell’interlocutore si fece ancora più sorpresa. – “E va bene… sono proprio curioso di sentire quale sia l’argomento. Seguimi, andiamo in una delle salette degli interrogatori, lì dovremmo avere tutta la tranquillità che ci serve.” – e con passo veloce iniziò ad incamminarsi per i corridoi della centrale seguito dal giornalista.
Indicò una porta a Jackie e lo fece entrare, una volta entrato lui stesso richiuse la porta alle proprie spalle. – “Ebbene? Come mai tutto questo alone di mistero?”“Peter… oggi c’è stato un tentato omicidio. Credo. Beh, di sicuro c’è stata una sparatoria.”
– esordì l’orientale.
L’altro sgranò gli occhi. – “Quando? E dove? Possibile che nessuno ci abbia chiamato?”“E’ successo tutto stamattina… ad occhio e croce intorno alle undici e mezzo. Davanti all’Hotel Royal. Riguardo il fatto che nessuno vi abbia chiamato… beh… diciamo che è nell’interesse di qualcuno tenere la faccenda segreta. Ma non chiedermi di più, questo è quanto ti potevo dire.” – Jackie si era fatto decisamente serio.
Peter iniziò a grattarsi il capo. – “Beh innanzitutto ti ringrazio per questa soffiata. Visto come ho ricevuto questa informazione non potrò rivelare tutto ciò che mi hai detto,immagino…” – si fermò e vide che l’altro annuiva – ”…appunto… in questo caso proverò a mandare qualche pattuglia solo per fare qualche controllo, da quello che mi hai raccontato sicuramente qualcuno avrà assistito all’accaduto e potremo cominciare un’indagine.”
Si fermò ancora a riflettere, ma poi riprese a parlare sorridendo. – “Beh, vedo che ogni tanto se tu quello che fornisce un’informazione preziosa! Chi l’avrebbe detto?!”E Jackie colse al volo quella provocazione. – “Infatti… e spero che te ne ricorderai la prossima volta che avrò bisogno io di informazioni…“L’altro annuì ed aggiunse: – “Bene, allora ho anche il piacere di dirti che c’è stato qualche sviluppo riguardo l’omicidio avvenuto ieri… se riesci a passare qui fra un paio d’ore, quando tutto sarà confermato, avrò un po’ di cose da dirti!”Il giornalista era abbastanza soddisfatto, ma avrebbe preferito ricevere notizie riguardo l’altro omicidio, ma si tenne per sé questo suo pensiero.
Al bancone del suo bar Angelo riesaminava nella sua testa l’accaduto della mattinata. Il suo colpo gli era sembrato davvero preciso, a meno che quel Tarano avesse avuto una fibra davvero tosta era sicuro che ormai era solo questione di tempo per considerare il suo lavoretto portato a termine.
Tuttavia non voleva lasciare nulla al caso ed essere sicuro di essere stato ancora infallibile.
A tale scopo per avere una conferma sulle condizioni del suo bersaglio, aveva mandato una persona fidata a gironzolare per l’ospedale per avere aggiornamenti sulla situazione. E Roberto faceva al caso suo: era il ragazzo che tutte le mattine gli portava il giornale, ma col quale aveva anche stretto un rapporto di collaborazione per lavori meno leciti. Sapeva bene che lui aveva parecchi informatori e più di una volta questi gli erano tornati utili.
Inoltre era anche il caso di evitare di dare troppo nell’occhio. La sventatezza del giorno precedente poteva costargli caro e quindi al momento, nonostante lui fosse il Macellaio,preferiva che fosse un altro a rischiare per lui.
Anche quell’affare doveva filare liscio. Poi quella notte avrebbe anche sistemato i due uomini che Don Luca gli avrebbe consegnato, dopodiché forse era meglio sparire per un po’.
Era primo pomeriggio, il bar era tranquillo e anche ciò che poteva vedere all’esterno attraverso la vetrata, ovvero una strada silenziosa e deserta, lo aiutava ad attendere serenamente notizie da Roberto.
In un altro punto di Crylo c’era invece chi non era affatto tranquillo. Ciro continuava a camminare avanti e indietro nell’ufficio di Don Luca.
“Si può sapere che ti prende?” – gli chiese il Don.
“Cosa mi prende?! Ma porca miseria… non le pare strano che Tommy sia sparito? Dopo gli ultimi avvenimenti e il casino di stamattina come diavolo potrei riuscire a stare tranquillo?!?” –fu la risposta secca del picciotto che non provò nemmeno a trattenersi.
Il Don gli diede un’occhiataccia. Nonostante condividesse la sua preoccupazione non voleva che si rivolgesse a lui in quel modo. – “Ciro… non credere che non mi importi, solo che66se non l’avessi notato con tutte le cose che abbiamo in ballo sono un po’ a corto di uomini fidati. So che vorresti andare a cercare Tommy ma mi spiace preferisco tu rimanga qui.”
L’altro allargò le braccia. – “E allora manda qualcun altro! Con tutta la gente che lavora per te qui in villa, ci sarà ben qualcuno che possa fare qualche ricerca…“Don Luca iniziò a pensarci. Le guardie della villa non voleva spostarle, ma tutto sommato aveva un bel po’ di scagnozzi tra cui scegliere per poter affidare un lavoretto abbastanza facile.
– “E va bene, fai salire qui in ufficio quei due che di solito mandiamo al Circolo della Botte quando vogliamo essere sicuri che alcune nostre operazioni filino liscio…“Ciro sapeva bene a chi si stava riferendo e senza aspettare ulteriormente sparì uscendo dallaporta.
Poco dopo fece ritorno in compagnia di due possenti uomini, che si misero di fronte alla scrivania del loro capo.
“Ragazzi ho da darvi un compito facile facile. Attendevo il ritorno di Tommy Calò ma ancora non si è visto qui in villa. Dovete andare a cercarlo e soprattutto lo dovete trovare.
L’avevo messo alle costole di un giornalista orientale quindi cercate a casa di costui, al giornale, alla stazione di polizia, a casa di Tommy… ogni volta che visitate uno di questi posti chiamatemi per fare rapporto.” – attese qualche secondo per vedere se qualcuno dei due avesse delle domande, ma trovandosi di fronte al loro silenzio, aggiunse: – “Andate pure.”
I due scagnozzi prima di raggiungere la macchina si imbottirono per bene di armi. Ognuno dei due aveva una pistola, un tirapugni e un manganello. Sapevano bene che non stavano per partire per la guerra ma non volevano farsi trovare impreparati.
Nessuno dei due brillava troppo per acume e al momento si sentivano soddisfatti di aver ricevuto un importante incarico dall’alto! – “Hai visto Ian? E’ arrivato il nostro momento! ! ! Finalmente il capo ha capito il nostro valore!”Anche l’altro era entusiasta ma lo dava meno a vedere. Salirono in macchina ed era il momento di decidere dove andare. Come prima meta decisero di visitare la casa di Tommy Calò. A voler pensar male questa decisione poteva essere dovuta al fatto che fosse l’ultimo posto suggerito da Don Luca, quindi quello più vivo nei loro ricordi.
Trascorsero il viaggio in macchina parlando di come dovevano giocarsi bene le loro carteper fare bella figura con il Don, era un’occasione da prendere al volo.
Parcheggiarono proprio di fronte alla palazzina dove abitava Tommy e videro che poco più avanti era posteggiata la sua Chrysler Fordor nera.
Per accedere a quel condominio bisognava superare un cancello chiuso, dietro al quale una vecchina stava scopando il terreno.
Si fece avanti Ian. – “Buon giorno signora. Stiamo cercando Tommy Calò… siamo suoi amici…“La vecchina si fermò ed iniziò a squadrarli. – “Buon giorno a voi. Mi spiace ma non credo che troverete qui Tommy… l’ho visto stamattina ed era molto di fretta… ha detto che si fermava solo un attimo…“Ian incalzò: - “Quindi lei ci ha parlato! Cosa le ha detto?”
“Che si fermava solo pochi minuti per cambiarsi, ha detto che stava indossando quegli stessi vestiti da troppi giorni!” – gli rispose la donna.
“Beh ma la sua macchina è qui fuori… magari è già tornato. Ci farebbe entrare signora?” –chiese infine Ian.
L’altra alzò le spalle. – “Come volete, vi apro, ma non mi pare di averlo sentito tornare…comunque fate pure.” – e dicendo questo aprì loro il cancello.
Non sapevano esattamente a che piano abitasse, quindi ad ogni porta guardarono il nome indicato in una targhettina.
Per loro fortuna il picciotto abitava al primo piano, quindi la ricerca fu breve. Si ritrovaronodavanti la porta chiusa del suo appartamento. Provarono a bussare e a far leva sulla manigliama senza successo.
“Ian… la porta è chiusa… che facciamo?” – chiese Frankie.
“Semplice… usiamo le maniere cattive. Pensaci tu ad aprirla.” – fu la risposta secca di Ian.
L’altro prese una breve rincorsa e con una spallata scardinò la porta. Ora erano dentro.
Iniziarono a ricercare segni del suo passaggio in ogni stanza, fino a giungere alla camera daletto, dove si parò loro davanti un macabro spettacolo.
Tommy Calò era riverso al suolo su un fianco, in una pozza di sangue. Come era avvenutoper Pietro Alliata, gli era stata tagliata la gola. Ma non solo, anche a lui era stato asportatol’occhio destro.
Nonostante fossero abbastanza sconvolti per quella visioni si ricordarono subito comeagire, dovevano informare immediatamente Don Luca e nel corridoio a pian terreno avevanovisto il telefono condominiale.
Ian si precipitò a comporre il numero della villa, mentre dietro di lui Frankie eraemozionato per quel momento.
“Proooonto?” – rispose Don Luca.
“Sì Don… sono Ian!” – gli rispose lo scagnozzo.
“Ah sì Giùan!” – sapeva benissimo che non si chiamava così, ma lui preferiva italianizzare il suo nome – “Dimmi… dove siete?”
“Siamo a casa di Tommy Angelo. E l’abbiamo trovato…” – non sapeva bene che parole utilizzare per completare il reale resoconto dei fatti.
Dietro di lui Frankie non riusciva a contenere l’emozione: – “E digli quanto siamo stati bravi! ! ! L’abbiamo trovato subito! ! !”
Ian scosse la testa e riprese: – “Ecco, l’abbiamo trovato ma… è morto. E’ nelle stesse condizioni di come era stato trovato Pietro… sgozzato e senza un occhio…“
Dall’altra parte del telefono il Don cominciò una lunga serie di improperi, terminata la quale tentò di raccogliere le idee. – “Ok, adesso voi rimanete lì ed impedite a chiunque dientrare in quella casa. Fino all’arrivo del Tenente Salvatore, che chiamerò ora. Mi raccomando.” – e dicendo questo chiuse la telefonata.
I due scagnozzi tornarono al piano di sopra e iniziarono a setacciare la casa in cerca diqualche traccia dell’assassino.
La porta ormai era inutile controllarla, era rimasto poco dei suoi cardini.
Durante il loro controllo trovarono una finestra aperta che dava sulla parte laterale delcondominio, affacciandosi ad una via interna tra quel palazzo e uno uguale adiacente.
Non molto lontana dalla finestra c’era la scala antincendio.
“E’ passato di qui.” – furono le parole di Ian quando si accorse di una lunga strisciata disangue vicino al davanzale di quella finestra.
Don Luca ora era davvero preoccupato. Un altro suo uomo assassinato brutalmente. Al dilà del legame affettivo che poteva avere verso Tommy, che considerava parte integrante dellasua famigghia, il suo pensiero andava a Don Tommaso e quanto avrebbe potuto prendere malela notizia. L’unico modo per salvarsi le chiappe era riuscire a stanare l’assassino.
Non c’era altro tempo da perdere, prese il ricevitore del telefono e chiamò la centrale dipolizia, chiedendo di farsi passare il Tenente Salvatore.
Con lui non ebbe buone parole, anzi, più volte sottolineò come la polizia non avesse fattoalcun passo avanti nella ricerca dell’assassino di Pietro, su quanto fossero inutili e chedovevano garantire più collaborazione e risultati migliori se voleva che i rapporti fra di loronon si incrinassero. Tutto questo naturalmente venne detto usando parole più dure.
Il motivo della rabbia del Don fu chiaro al Tenente non appena il prima fece riferimento alvero motivo della chiamata. Un altro picciotto della famiglia Santè era stato ammazzato.
Don Luca gli descrisse brevemente cos’avevano trovato i suoi scagnozzi e dov’era situatala casa di Tommy Calò. Non volle perdere tempo nell’aggiungere altro.
“Non si preoccupi Don Luca, partirò io stesso con alcuni uomini per andare a setacciare illuogo del delitto. Troveremo quel bastardo, glielo garantisco.” – cercò di rassicurarloSalvatore, che sapeva bene che per come si erano messe le cose erano in molti a rischiare.
Nessuna novità. L’operazione stava andando avanti ormai da diverse ore ma nessunainformazione trapelava dalla sala operatoria. Da quello che aveva potuto capire la situazioneera abbastanza disastrosa e questo l’aveva anche potuto intuire dall’elevato numero dipersonale che si era mobilitato per tentare di salvare il morente Tarano.
L’unica cosa che sapeva era proprio che la vita di quel poveraccio era appesa ad un filo. Edera arrivato il momento di comunicarlo a chi l’aveva mandato lì a sorvegliare la situazione. Siavvicinò al telefono a gettoni presente nella sala d’aspetto e velocemente compose un numeroche conosceva bene, rimanendo poi in attesa di una risposta dall’altro capo.
“Da Angelo, buon giorno…” – fu la risposta che ricevette.
Riconobbe la voce e subito rispose. – “Ciao Angelo, sono Roberto.”
“Ciao, dimmi tutto…” – disse l’altro, il quale attendeva quella telefonata già da parecchiotempo.
“Guarda… non è che ci sia molto da dire. E’ ancora dentro sotto i ferri, sembra che le suecondizioni non migliorino.” – gli disse.
Angelo valutò cosa rispondere e lo fu sincero: – “Bene, se le condizioni continuano apeggiorare, per quel che mi riguarda, è una buona cosa! Almeno magari non avrò da muovermiancora per finire l’opera!”L’altro ragazzo sorrise di fronte a quella franchezza. – “Meglio per te Angelo! Senti… ioprovo a vedere se riesco ad ottenere qualche informazione in più. Qui in ospedale ho un paio diinformatori molto attendibili, così la prossima volta che mi farò sentire potrò darti notizie piùsicure.”
“Ottimo Roberto, mi aspetto di sentirti presto.” – concluse Angelo appena prima diriappendere la cornetta.
Non appena anche lui riagganciò il ricevitore e si volse per guardare la sala d’attesa. Sisentiva osservato ma forse era solo un’impressione.
Ian sentì le sirene di due volanti della polizia che erano arrivate nella strada di fronte alcondominio. Sia lui che Frankie si posizionarono sulla porta dell’appartamento di Tommy adaspettare l’arrivo dei poliziotti. Presto iniziarono a sentirne l’incedere sulle scale.
Erano in cinque, il primo di loro sembrava più “decorato”. Proprio lui si fermò davanti aIan, il quale non perse tempo e gli chiese: – “E’ il tenente Salvatore?”“In persona. Chi me lo sta chiedendo?” – domandò a sua volta l’altro.
“Ian McMoin, sono al servizio di Don Luca e stavo aspettando il vostro arrivo. Poteteentrare.” – fu la sua risposta.
Con un po’ di sdegno il tenente gli rispose: – “Di certo non avevo bisogno del suo permesso per entrare qui. Ma già che ci siamo vi chiederei di rispondere a qualche domanda del mio collega mentre perquisirò la casa.” – e dicendo questo, accompagnato da altri due poliziotti, si introdusse nell’appartamento.
Gli ultimi due poliziotti rimasti si fermarono sulla porta per interrogare i due scagnozzi.
Dopo aver richiesto le generalità chiese: – “A che ora siete arrivati qui?”
“Circa venticinque minuti fa…” – rispose Ian.
“E cosa avete trovato?” – incalzò il poliziotto.
“Saliti a questo piano abbiamo bussato per cercare Tommy ma nessuno rispondeva e laporta era chiusa.” – gli disse.
“E dunque come siete entrati?” – chiese nuovamente il poliziotto.
Un po’ imbarazzato Ian rispose: – “Dalla porta…”“Ma non era chiusa?” – chiese conferma.
“Appunto… ‘era’…” – disse stringendosi nelle spalle.
L’altro scosse il capo ma mentre stava per replicare la loro conversazione venne interrottada una bestemmia che giungeva dall’interno della casa. Probabilmente il tenente aveva trovatoil cadavere.
Dopo un paio di minuti il tenente Salvatore riapparse. – “Ho visto il corpo… credo che sia meglio che nessuno di noi entri nell’appartamento, ora chiamerò la scientifica e faremo analizzare da loro il luogo del delitto.”
Prese parola Ian: – “Se può esservi utile come informazione abbiamo avuto modo di vedere che l’assassino è passato dalla finestra di una delle camere. C’è una traccia di sangue a provarlo…”.
Dietro di lui anche Frankie si lasciò scappare un commento: – “Ecco diglielo! Fagli capire quanto siamo stati in gamba!”
Il tenente annuì e ordinò ad un suo sottoposto di verificare quell’indicazione, dopo di ché scese al piano inferiore dov’era situato il telefono e chiamò la scientifica.
In quel preciso momento dell’ufficio di Don Luca il telefono iniziò a squillare.
Era ancora infuriato per le ultime notizie ricevute ma cercando di tenere un certoautocontrollo, sollevò la cornetta. - “Pronto?”Dall’altra parte gli rispose Jackie che voleva informarlo su come stavano procedendo ilavori che gli erano stati affidati. In particolare voleva parlargli di Livì.
“Vede… grazie alle mie ricerche ho saputo che in qualche modo esistono delle foto compromettenti della nostra cantante…” – rivelò l’orientale ma venne interrotto dal Don.
“Potresti dirmi qualcosa che io non sappia già?” – lo stuzzicò Don Luca.
“Beh, lei forse non sa che queste foto sono anche legate all’omicidio che è avvenuto ieripomeriggio! Quel fotoreporter, Gabriel Novice, pare fosse in possesso di tali foto! Eprobabilmente è per questo che è stato ucciso!” – disse trionfante delle sue scoperte.
Dall’altra parte del ricevitore invece Don Luca si fece serio. Se quello che gli stava dicendoil maledetto cinese era vero, allora Angelo Corleone era in qualche modo implicato. Dallesupposizioni alle quali era arrivato circa l’accaduto del giorno prima, tutto conducevanuovamente a lui. E la possibilità di avere quelle foto evitando uno scontro con Don Orazio eradavvero allettante!Nonostante quell’informazione fosse molto preziosa non volle dare troppe soddisfazioni algiornalista ed incalzò chiedendogli: – “Va benissimo questo tipo di ricerche, utili per carità, maquello che più mi interessa è trovare l’assassino di Riccardo. Su questo hai delle buone notizieda darmi? Cos’hai scoperto?”Jackie esitò qualche secondo poi rispose: – “Mi spiace ma per questo c’è ancora daattendere qualche ora. Sto portando avanti le mie indagini ma solo stasera riuscirò ad avere lerisposte che cerco, non appena saprò qualcosa glielo farò sapere…”“E qui io devo sempre aspettare… qui mi seccano i picciotti e io devo aspettare… stoperdendo un uomo ogni due giorni e tu non sei ancora in grado di dirmi nulla…” – sbraitò ilDon.
“Non credo di capire a cosa si sta riferendo…” – chiese l’orientale che effettivamente noncapiva a cosa lui stesse alludendo.
“A cosa mi riferisco? Mi riferisco a Tommy! L’hanno trovato morto a casa sua ed è stato lostesso bastardo dell’altra volta. Ora ti è più chiaro a cosa mi riferisco?” – era davvero seccato.
Jackie impiegò qualche istante per realizzare l’accaduto. Anche se Tommy gli era statoaffiancato solo per ‘fargli da guardia’, tutto sommato provava sincero dispiacere nel pensareche la sua vita si fosse spenta. Per quello che aveva potuto vedere dei picciotti della famigliaSantè, Calò di sicuro gli sembrava quello più accomodante.
Accantonando i sentimenti prevalse poi il suo spirito da giornalista d’assalto:probabilmente la scomparsa del picciotto era ancora una notizia fresca fresca che nessun altrocronista sapeva. Doveva cogliere al volo anche quell’occasione. – “Diamine Don Luca… sonodavvero costernato per l’accaduto. Le prometto che andrò subito nel luogo dell’accaduto perindagare su cosa sia successo…”“E’ successo che l’hanno ammazzato. E a casa sua.” – fu la risposta secca del Don.
Poi riprendendo un po’ di calma gli diede l’indirizzo e lo salutò freddamente.
Nell’ufficio insieme a lui c’era Ciro. Inutile dire che l’altro era ancora più scosso, conTommy aveva un legame di profonda amicizia.
Le parole dell’orientale gli avevano inculcato il dubbio che Angelo potesse sapere qualcosariguardo la faccenda delle foto. Era una strada che voleva battere. Prese la cornetta ancoracalda e compose il numero del bar del Macellaio.
“Da Angelo, pronto?” – fu la risposta all’altro capo.
Per una volta era riuscito a trovarlo al primo colpo, ne era sorpreso. – “Sono Luca Lucca…ahem, volevo dire, sono Don Luca.”
Il barista non si aspettava quella chiamata, pensava che fino alla mezzanotte non avrebbeavuto modo di parlare con lui. – “Buon giorno Don Luca, di cosa ha bisogno?”“Di alcune risposte Angelo. Parliamo di Livì Ariette, ho come l’impressione che tu sappiaqualcosa circa delle sue foto compromettenti che sono in circolazione. Sì, mi riferisco proprio aquello che è accaduto ieri in centro…” – volle arrivare subito al nocciolo della questione.
Corleone mantenne la calma. – “In effetti credo di sapere di cosa sta parlando e possoanche dirle che quel materiale è passato per le mie mani. Al momento però non ne sono più inpossesso.”
Non era la risposta che avrebbe voluto Don Luca, ma non demorse subito. – “Ok, ma alloraimmagino tu sappia chi le ha in mano ora…”“No, neppure questo. Io le ho recuperate ma poi non so a chi sono state date e quindi chi lestia custodendo.” – in un certo senso almeno per metà la sua risposta era stata sincera.
“Ho capito. Quindi non sai dirmi niente di più?” – chiese per un’ultima volta.
“No Don Luca, mi dispiace.” – concluse Angelo.
“Allora non c’è altro, ci vediamo stanotte.” – e chiuse la telefonata.
Vide che Ciro non era ancor sbollito, iniziò a pensare a cosa potergli far fare per farloconcentrare su altro ma neanche a farlo apposto il suo telefono ricominciò a squillare.
“Diamine ma che succede oggi? ! ?” – prese la cornetta e rispose.
Dall’altra parte fu Riccardo a salutarlo. – “Don, volevamo avvisarti che qui c’è un tiziostrano che sta girando e continua a fare domande sulle condizioni di Tarano. Per carità avederlo così pare innocuo, ma visto che ci ha detto di avvisarla di ogni cosa…“Don Luca lo interruppe. – “E hai fatto benissimo. Adesso andate a pescarlo, lo blindate e lofate parlare. Tutto vi deve dire… partite pure dalle scuole materne che ha fatto, tutta la sua vita,fino a quando vi dirà chi l’ha mandato e perché. Sono stato sufficientemente chiaro?”Riccardo fu veloce nel rispondere. – “Chiarissimo, andiamo subito a prenderlo!” – e questavolta fu lui a chiudere la conversazione.
Mentre pensava al lavoretto che lo attendeva a mezzanotte, il telefono del bar “Da Angelo”iniziò a squillare.
“Pronto?” – rispose il barista.
“Ciao Angelo, sono ancora io, Roberto.” – gli rispose il ragazzo.
Angelo attendeva con impazienza la notizia della morte di Tarano e volle subito chiedernela conferma. – “Ciao Roberto… mi porti buone notizie?”L’altro tentennò. – “Tutt’altro. Ma non mi sto riferendo al tizio che è in sala operatoria. Asuo riguardo non sono arrivate altre novità…”“E allora a cosa devo questa chiamata?” – gli chiese Angelo incuriosito.
“Sai, ti avevo detto che avrei parlato con un paio di informatori… beh, circa le condizionidel paziente non è emerso nulla ma ho saputo qualcosa di interessante che ti riguarda. Miriferisco al duplice assassinio avvenuto in città ieri: pare che la polizia sia abbastanza convintache il colpevole sia tu e forse hanno anche delle prove… volevo quindi avvisarti di stare moltoattento.” – gli confidò il ragazzo.
Angelo non sembrava curarsi molto della cosa. – “Non ti preoccupare per me, sono uscitoda situazioni decisamente più complicate! Davvero, ora l’unica preoccupazione e che schiattiTarano. Mi raccomando fammi sapere se ci sono novità che lo riguardano.”
“Dài, va bene. Ma se fossi in te io non sottovaluterei quello che ti ho detto. Per ciò cheriguarda Tarano invece non app…” – e la conversazione venne terminata improvvisamente.
Angelo rimase solo un attimo perplesso poi riagganciò il telefono. Magari Roberto avevasolo finito i gettoni pensò.
Jackie arrivò all’abitazione di Tommy. Fuori vide parcheggiata la sua macchina e trovò ilcancello esterno aperto, per lui non fu quindi un problema entrare.
Sentì che al piano superiore c’era un certo trambusto e decise di recarsi subito lì. Non si erasbagliato, era proprio quello il posto che stava cercando.
Con passo deciso si diresse verso la soglia d’ingresso dell’appartamento ma venne fermatoda un poliziotto.
“Mi scusi, non sono un ficcanaso sono un giornalista. Sono venuto per documentarel’accaduto.” – Jackie disse questo mostrando la sua macchina fotografica.
Il poliziotto però non sembrò molto collaborativo. – “Mi spiace ma al momento l’ingresso ènegato a chiunque. Stiamo aspettando l’arrivo della scientifica. Dopo che questa avrà eseguito irilevamenti potrà entrare ma fino ad allora può scordarselo.”
L’orientale provò a giocarsi l’asso nella manica. – “Senta… mi ha mandato qui DonLuca… credo che per lui sia importante ch’io possa entrare…”“Potrebbe averla mandata anche il Papa ma non fa alcuna differenza, dovrà pazientareancora per circa una mezzoretta, tanto la scientifica sarà qui a breve.” – gli rispose il poliziotto.
Il giornalista rimase un po’ contrariato ma d’altronde non poteva fare altro che aspettare.
Poi vide che poco distanti dalla porta c’erano altri due uomini che avevano appuntate alle lorogiacche una spilletta a forma di giglio. Quello era un inequivocabile simbolo di appartenenza algruppo dei Santè. Anche i Sironi avevano una spilla simile ma a forma di sole.
Si avvicinò ai due uomini e tentò di richiamare l’attenzione di quello più vicino, tuttavial’altro non sembrava intenzionato a dargli ascolto.
Provò ad essere un po’ più diretto. – “Scusatemi, Don Luca mi ha mandato qui dicendomiche Tommy Calò è stato ucciso… voi avete avuto modo di vedere cos’è successo là dentro?”Frankie fu il primo ad illuminarsi. – “Sì sì, siamo stati noi a trovarlo! E al primo colpo!Siamo stati eccezionali!”
Ma tutta la sua concitazione fu interrotta da Ian che in tono più serio aggiunse: – “In effettiabbiamo ritrovato noi il cadavere per primi… e non è stato un bello spettacolo. Come perPietro, gola tagliata e gli è stato cavato un occhio.”
Jackie finalmente aveva trovato le interessanti notizie che andava cercando. – “E com’è chel’avete trovato? Era solo? E come siete entrati? Si sa chi può essere stato l’ultimo ad averlovisto vivo?”
Continuò a rispondere Ian: – “L’abbiamo trovato già morto, il suo assassino si era giàdileguato, ma non è stato attentissimo nel nascondere le sue tracce. Abbiamo trovato unamacchia di sangue sul davanzale della finestra, quella della camera che dà sulla viuzza internaa questi due palazzi.” – si fermò poi riprese – “Sul come siamo entrati… beh, il cancello disotto ce l’ha aperto la portinaia, che tra l’altro credo sia anche stata l’ultima persona ad avervisto vivo Tommy. Per entrare in casa diciamo che abbiamo dovuto essere un po’ più decisi…”“Sì sì, una bella e poderosa spallata!” – commentò Frankie.
L’orientale li ringraziò delle preziose informazioni ricevute e decise di ingannare l’attesaandando a vedere la strada tra le due palazzine e a parlare con la portinaia.
Don Luca era ancora seduto alla sua scrivania quando sentì che qualcuno stava bussandoalla porta in legno di noce del suo studio.
Entrò la sua cameriera Kate. – “Mi scusi, volevo solo avvisarla che sta facendo ingresso aicancelli un furgoncino che arriva dal Circolo della Botte. Chi guidava sosteneva di avere unappuntamento con lei…”“Sì, confermo tutto. Fatelo venire qui e assicuratevi che porti con sé il pacco che mi deveconsegnare.” – mentre diceva questo strizzò l’occhio alla giovane ragazza.
Poi si mise vicino alla finestra per seguire dall’alto gli spostamenti di quel piccolo furgone:il motore si spense non appena giunse davanti alla scalinata d’ingresso della villa.
Riconobbe la persona che scese, era Giò il taciturno buttafuori del circolo. Lo videcircumnavigare il mezzo ed aprire i due portelli sul retro. Poi lo vide caricarsi a spalla unsaccone di iuta. Dopo aver controllato che non fosse armato le sue guardie lo fecero entrare.
Dopo pochi minuti Giò e il sacco fecero capolino dalla porta.
“Mettilo pure lì sul divano.” – disse Don Luca – “Per il momento lascialo ancoraimbacuccato.”
“Chi diavolo sei?” – la voce proveniva dal sacco.
“Al momento questo non è importante.” – gli disse il Don.
“Ma voi non sapete in che guaio vi state cacciando! Voi non sapete chi sono io!” – dissel’ostaggio che non aveva ben compreso di non essere nella condizione di poter minacciare.
“Tu ti trovi qui proprio perché so bene chi sei.” – commentò il Don.
“Mi avete impedito di partecipare ad una riunione importantissima… la mia vita e quelladella mia famiglia sono in pericolo a causa vostra.” – urlò Tarano.
“Forse non ti è chiaro che se sei ancora in vita è proprio per merito mio. A quella riunioneho mandato un’altra persona al posto tuo e il caro Don Orazio che ti stava manipolando hapensato bene di farti sparare non appena tu fossi uscito dalla Sala Congressi.” – commentò DonLuca.
Dal sacco non fu proferita parola.
“Bene, vedo che inizi a capire. ” – continuò il Don – “Fatto sta che adesso, la persona cheavevo mandato al posto tuo si trova in ospedale ad un passo dalla morte, mentre tu sei qui vivoe vegeto.”
“E mia moglie?” – chiese Giulio preoccupato.
“Questo non lo so ma direi che volendo possiamo accertarcene.” – gli rispose Don Luca –”Ma anche tu dovrai collaborare. Ho bisogno che tu ti metta al mio servizio per i prossimigiorni, credo che in fondo me lo devi. L’alternativa sarebbe tornare da Don Orazio… ma perquale motivo? Fargli completare l’opera? Quindi… saresti vivo con me o morto in qualunquealtro caso.”
Le parole del Don furono davvero convincenti. – “Va bene, farò come volete. Basta soloche poi mi lascerete libero di tornare da mia moglie e alla mia vita.” – disse Tarano.
“Non c’è problema, quello che ti chiedo io è di rimanere qui per qualche giorno e difirmare eventuali documenti che ti saranno richiesti.” – gli disse il Don.
Poi disse a Giò che poteva spacchettarlo.
Il sacco fu tolto e vennero sciolti i nodi che legavano i suoi polsi e le sue caviglie. Quandofinalmente poté girarsi vide che era al cospetto di Don Luca. – “Avevo immaginato che c’entrasse Don Tommaso, ma non pensavo fossi tu a tenere le redini del gioco…“
“Direi che non ti saresti aspettato tante cose di quelle avvenute in questi giorni.” – fu ilcommento di Don Luca. Poi gli indicò il telefono. – “Se vuoi chiamare tua moglie peraccertarti delle sue condizioni fai pure.”
E così fece. E si ritrovò a gioire di poter parlare anche se a distanza con la moglie. Fu purecontentissimo di poter parlare con la sua cagnetta Lulù anche se non gli fu subito chiaro il motivo. Non capiva nemmeno perché la moglie insistesse tanto sul fatto che doveva riguardarsiper non riprendersi quella brutta tosse. Come ultima raccomandazione prima di chiudere la telefonata le disse di non stare a casa da sola e di chiamare suo fratello, che avrebbe dovuto starle sempre vicino.

Dopo ancora qualche saluto la cornetta fu riappesa e dopo giorni finalmente era ricomparsoun sorriso sul volto di Tarano.
Jackie non aveva trovato nulla nella via in mezzo ai condomini e quindi decise di recarsisubito dalla portinaia.
Ebbe con lei un veloce dialogo nel quale tentò di capire a che ora poteva essere stato assassinato Tommy e se la vecchia avesse udito o visto nessuno entrare nella palazzina.
Mentre parlava alla portinaia sentì che gli uomini della scientifica erano arrivati, numerosi,e che avevano cominciato il loro lavoro.
Purtroppo la donna non aveva visto nulla ma poté confermargli che Tommy in mattinataera rientrato a casa per le undici e un quarto. A sua detta avrebbe dovuto fermarsi solamente per il tempo di cambiarsi, ma evidentemente le cose erano andate diversamente.

CAPITOLO 8

Con il fiato sul collo

Jackie trovò sulla porta il gruppo di poliziotti che l’avevano già fermato in precedenza. – “E’ possibile ora entrare?” – chiese abbastanza stufo di aspettare.
Gli rispose il Tenente Salvatore: – “Hanno quasi terminato, ma non si preoccupi, troverà la stessa scena del crimine che hanno trovato loro, il corpo verrà portato via più tardi.” – poi si volse verso un altro poliziotto e richiamandolo iniziarono a scendere le scale.

Dopo una decina di minuti vide tutti gli uomini della scientifica lasciare l’appartamento e decise di riavvicinarsi ai poliziotti, indicando poi l’uscio come per chiedere il permesso d’entrare.
“Certo, ma se non le spiace la devo accompagnare.” – fu la risposta di uno dei due poliziotti rimasti. Varcata la soglia gli fece strada lungo in corridoio, ignorando le varie stanze accessibili. Quando giunse alla sua fine gli disse: – “Qui nella stanza di destra può trovare il corpo del signor Calò. La stanza a sinistra invece è quella dove abbiamo ritrovato una macchia di sangue vicino al davanzale.”
Il giornalista entrò nella stanza dove si trovava il cadavere. Lo vide steso al suolo, piegato su di un fianco, la camicia che indossava era totalmente imbevuta di sangue.
Facendo il giro del corpo riuscì a mettersi in una posizione più favorevole per analizzare il corpo. Dove si era spostato vedeva in modo più evidente il profondo taglio sulla gola e l’assenza dell’occhio destro.
Provò a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa che catturasse la sua attenzione, come qualche segno lasciato da un’eventuale colluttazione ma non vide nulla. Probabilmente Tommy non aveva avuto nemmeno il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo.
Scattò diverse foto poi passò alla camera adiacente. Era in perfetto ordine. Si avvicinò alla finestra spalancata e il poliziotto che lo seguiva prese parola. – “Prima non era così. L’hanno lasciata aperta quelli della scientifica, noi l’abbiamo trovata accostata con segni di scasso.”
L’orientale si sporse dalla finestra e vide subito la traccia di sangue. Immediatamente scattò un’altra foto. Poco distante vide la scaletta antincendio: posò per terra la sua macchina fotografica e provò a fare un balzo per verificare quanto fosse possibile utilizzare quella via per la fuga.
Purtroppo inciampò nel davanzale e si ritrovò appeso per miracolo a quella scaletta. Il poliziotto gli stava già tirando dietro delle maledizioni chiedendogli se fosse impazzito e di tornare subito indietro.
Ora che la presa era più salda con un balzo deciso fece ritorno sul davanzale. – “Mi scusi ma volevo verificare se quella scala poteva essere stata usata dall’assassino…”
“E non poteva chiederlo?” – esclamò il poliziotto – “Questa prova è già stata fatta dalla scientifica. Hanno anche verificato che si potesse arrivare fino in strada ed in effetti era possibile. Quella scala può scorrere sia in alto che in basso.”
Conscio di non aver fatto una grossa figura, l’orientale si limitò a scattare ancora qualche foto e a girare per le altre stanze della casa.

Il picciotto di Don Orazio aprì la porta del bar “Da Angelo” e con fare sicuro si avvicinò al bancone. La persona con la quale voleva parlare era già lì ad aspettarlo, ma non immaginava che come piccola precauzione avesse nascosto una pistola sotto lo straccio che teneva a portata di mano.
“Saluti.” – disse Angelo.
“Saluti a te. Sono venuto ancora come portavoce di Don Orazio, il quale è molto contento del materiale che mi hai consegnato ieri, ma non è altrettanto contento delle modalità con le quali l’hai ottenuto.” – disse il picciotto.
Angelo alzò le spalle. – “Non ho corso alcun rischio e ho recuperato quello che volevate. Direi che il mio lavoro è stato eseguito egregiamente.”
“Ti avevamo detto di non dare nell’occhio! E tu cosa fai? Finisci su tutti i giornali per aver accoppato ben due persone in pieno pomeriggio, in una delle strade più trafficate e sotto gli occhi di tutti? Cos’hai da dire?” – gli chiese in modo duro.
“Qualche rischio andava corso, ma il fine giustifica i mezzi.” – rispose in modo secco il barista.
L’altro non era per nulla contento della risposta ma al momento sembrava volesse accantonare quel discorso. – “Veniamo allora al tuo secondo lavoretto. Tutto sistemato?”
A questa domanda la risposta di Angelo venne data con una voce decisamente più insicura. – “Beh, il bersaglio è stato colpito e a quanto ne so ora è in ospedale che sta per tirare le cuoia. Qualora per sua sfortuna dovesse riprendersi non c’è da preoccuparsi. Andrò in ospedale a finire il lavoro cominciato.”
“Che si chiuderà in giornata?” – chiese l’altro.
“Questo di sicuro.” – confermò Angelo.
L’altro sembrava soddisfatto. Prese il cappello che aveva appoggiato sulle proprie gambe e lo mise sul capo, abbassando la tesa per nascondere parte del viso. Si alzò dallo sgabello e fece per incamminarsi verso la porta, quando all’improvviso si voltò verso il barista e aggiunse. – “Non sono tenuto ad avvisarti ma ho ancora una cosa da dirti, che è solamente di tua utilità. Stai attento alla polizia, sanno di te, di quello che hai fatto ieri e pare abbiano due testimoni oculari. Non so quando avverrà ma credo che verranno a cercarti.”
Dicendo queste parole il picciotto si volse nuovamente e uscì dal locale.

Don Luca era seduto sulla poltrona della sua scrivania. Per quanto si sforzasse di tenere tutto sotto controllo un altro picciotto era stato fatto fuori… e in pieno giorno! L’assassino stava diventando difficilmente prevedibile o forse solamente più sicuro di sè.
Bussarono alla sua porta. – “Avaaanti.” – rispose.
Dalla porta fecero il loro ingresso i due scagnozzi che aveva ingaggiato per ritrovare Tommy. Uno dei due, Ian, si fece avanti per dare un resoconto dei fatti sincerandosi di zittire più e più volte l’altro, Frankie, che era dietro di lui tutto emozionato e che più di una volta tentò di intromettersi nel discorso per sottolineare quanto fossero stati bravi e rapidi nel risolvere la missione a loro assegnata.
“E adesso?” – chiese impaziente Frankie.
Don Luca lo guardò un po’ storto.
Per mettere una pezza prese nuovamente parola Ian. – “Vede Don Luca, Frankie si chiedeva se ora fosse il caso di andare a recuperare la Chrysler Fordor che guidava Tommy e che è rimasta sul vialetto davanti a casa sua…”
Don Luca fece un cenno con la mano per dare congedo ai due. – “Andate e riportatela qua in villa. Ora ho altre faccende da sbrigare.”
Attese che i due picciotti fossero usciti e sollevò la cornetta del telefono. Compose il numero della centrale di polizia e chiese di farsi passare il Tenente Salvatore.
“Totò? Sono Don Luca… quali buone notizie mi porta?” – gli chiese.
L’altro sembrò disorientato dalla domanda mirata, alla quale tra l’altro non era in grado di dare la risposta desiderata. – “Vede… dai nostri rilevamenti siamo sicuri che la mano che ha compiuto il delitto sia la stessa che ha ucciso Pietro Alliata. Per il resto abbiamo ricostruito i fatti, com’è entrato, cos’ha fatto e da dove è uscito… ora stiamo conducendo delle indagini…”
Il Don lo interruppe. – “Ma un nome? Ancora niente?!?”
L’altro rispose: – “No, effettivamente un nome non lo abbiamo ancora, ma non appena ne saremo in possesso la avviserò immediatamente.”
“Sarà meglio… e sarà meglio che ciò avvenga presto.” – e così chiuse la telefonata.

Angelo iniziò a preoccuparsi di come si stesse mettendo la situazione. La polizia lo ricercava, l’uomo che doveva far fuori si stava rivelando fin troppo tenace e non si decideva a morire e in più colui che aveva mandato a sorvegliare la situazione non si stava facendo sentire da ormai troppo tempo.
Era il caso di andare via da lì o comunque era meglio nascondersi, trovare il modo di coprirsi le spalle ed arrivare a fine giornata per portare a termine il lavoro che doveva affidargli Don Luca.
Doveva cercare rifugio in qualche albergo, la cifra che avrebbe pagato non gli importava, avrebbe pagato bene il silenzio con cui avvolgersi. Prese la cornetta del telefono e compose il numero dell’hotel “Le Torri”, un albergo tutto sommato di un certo livello situato ai confini dell’area industriale.
Quando dall’altra parte gli risposero si limitò a chiedere se c’erano delle stanze disponibili. Una volta avuta la conferma non avanzò alcuna richiesta di prenotazione, si limitò a ringraziare.
E ora doveva pensare a come proteggersi da una possibile accusa della polizia. Sia per quello che aveva già fatto che per le azioni che avrebbe potuto eventualmente compiere in giornata… d’altronde aveva dei lavori ancora in sospeso.
L’unico modo di salvarsi il fondoschiena con la legge era proprio quello di rivolgersi alla legge. Quello che doveva fare era affidarsi ad un avvocato ed era nella posizione di poter scegliere il migliore.
Prese la rubrica telefonica e ricercò il numero dell’avvocato Galante, personalità decisamente di prestigio in tutta Crylo, com’era anche risaputo il fatto che si tenesse molto vicina la famiglia degli Spironi.
Gli rispose la segretaria. – “Buon giorno, studio Galante. Desidera?”
“Buon giorno, avrei bisogno di poter fissare un incontro con l’avvocato, già nel pomeriggio.” – fu quello che disse Angelo.
La donna rimase basita. – “Mi scusi ma credo che potrà liberarsi solo questa sera tardi e solo se la cosa fosse davvero urgente. Vuole anticiparmi il suo problema?”
“Direi proprio di no, ne devo parlare con lui. E comunque sì, è una cosa davvero urgente, è questione di vita o di morte.” – tenendo per sé il fatto che intesse anche la sua di vita.
“Beh… mi spiace ma non credo di poter organizzare un incontro prima….” – provò a rispondere al donna ma fu subito interrotta da Corleone.
“Vede, il problema che mi spinge a chiamare il signor Galante non riguarda solo me… ma diciamo anche una famiglia più allargata… una che l’avvocato ha molto a cuore, non so se mi sono spiegato…” – disse sornione Angelo.
La donna cambiò espressione. – “Aah… quella famiglia allargata… in tal caso posso provare a sentire subito l’avvocato per vedere cosa riusciamo a fare. Ovviamente nel caso lei si fosse inventato tutto la ritengo responsabile di aver fatto perdere del tem….” – ma venne nuovamente interrotta.
“Non si preoccupi, ciò che le ho detto corrisponde a verità. Quando sarà in grado di dirmi qualcosa?” – le chiese.
“Mi richiami tra dieci minuti, va bene?”- chiese la donna.
“Perfetto, la ringrazio.” – e riattaccò la cornetta.
Aveva giusto il tempo di organizzare la sua momentanea fuga. Chiamò Nando al bancone e gli disse che quel giorno aveva degli impegni, che doveva lasciare il locale e che avrebbe dovuto pensarci lui a gestirlo. L’altro non ne sembrò minimamente preoccupato.
“Senti, avevo mandato Roberto in ospedale per tenermi informato sulle condizioni di salute di un tizio che è stato ricoverato oggi, un certo Tarano. E’ da un po’ che non lo sento, potresti trovare qualcuno da mandare là in ospedale e vedere cosa succede?”
“Ma sì, non c’è problema, ce penso io!” – gli disse Nando.
Corleone richiamò ancora l’attenzione del ragazzo. – “Ancora una cosa… tutte le informazioni che riesci a trovare fammele avere chiamandomi all’albergo ‘Le Torri’, io sarò lì. E mi raccomando, fammi anche da filtro nel caso mi cercasse qualcun altro. Segnati tutto e poi chiamami in hotel.”
Il giovane annuì, le cose da ricordare iniziavano a diventare tante. – “E per caso c’è altro?”
Angelo si fermò un attimo a riflettere. – “In effetti sì… ti spiace se uso ancora la tua auto? Ho visto che è già fuori comoda… almeno non porto fuori dal garage la mia…”
L’altro si strinse nelle spalle. – “Va bene figurati… ma ricordati di farmi il pieno!”
Corleone annuì e poi andò nel retro, salì una rampa di scale e si ritrovò in un corridoio che lo conduceva nel suo appartamento. Si preparò a partire e non dimenticò di portar con sè qualche ferro del mestiere.
Racimolato tutto ciò che poteva essergli utile, scese nuovamente nel retro del bar per chiamare lo studio legale.
“Pronto buon giorno… avevo chiamato prima. Volevo sapere se mi dava la conferma per l’incontro con l’avvocato…” – disse tutto d’un fiato Angelo.
La segretaria gli rispose: – “Il signor Galante ha accettato di vederla ed è disposto a fissarle un appuntamento tra tre quarti d’ora.”
“Non chiedo di meglio.” – fu la risposta del barista – “A dopo.”
Senza perdere altro tempo uscì dal locale e raggiunse la macchina.

Jackie ormai si sentiva quasi a casa alla centrale di polizia. Negli ultimi tempi non avrebbe saputo contare le volte che ci era stato.
Peter gli aveva detto di tornare nel pomeriggio per ricevere delle informazioni circa il duplice assassinio del giorno precedente e lui l’aveva preso in parola. Era lì perché voleva quelle informazioni.
Lo trovò praticamente subito e l’altro, senza perdersi in convenevoli, gli fece cenno di seguirlo e lo portò nella stessa saletta degli interrogatori dov’erano già stati in mattinata.
“Dunque Peter… cosa mi racconti circa il casino di via Pellegrini?” – fu la secca domanda dell’orientale.
“Sappiamo chi è stato! Si tratta di Angelo Corleone, un barista di un locale che c’è su nella parte nord di Crylo.” – rispose l’altro con prontezza.
“E come fai ad esserne così sicuro?” – gli chiese il giornalista.
“Vedi, abbiamo ben due testimoni oculari! Uno è il ragazzo che lavora allo sCRYviLO, quello con cui l’assassino ha parlato poco tempo prima di commettere il delitto. L’altro è un fruttivendolo, che aveva le proprie bancarelle proprio a due passi da dove è avvenuto il tutto.” – prese un attimo pausa, poi aggiunse – “E’ fregato! Gli abbiamo già messo un uomo alle costole per tenerlo d’occhio! Poi domani mattina verrà arrestato e portato qui in centrale per fare un confronto visivo con i due testimoni. E direi che la pena di morte non gliela toglie nessuno!” – concluse il poliziotto.
“Ok Peter! Ti ringrazio, sono informazioni preziose.” – e dopo aver riflettuto qualche istante riprese – “…mentre le informazioni che ti avevo dato io? Quelle che riguardavano la sparatoria davanti all’Hotel Royal…… avete scoperto qualcosa?”
Peter scosse la testa. – “No, purtroppo abbiamo fatto un mezzo buco nell’acqua. Per carità, qualcosa è successo: abbiamo interrogato diverse persone e alcune sostengono di aver sentito uno sparo. Il punto è che siamo entrati nell’albergo come ci avevi detto e lì non abbiamo trovato alcun indizio, nessuna traccia di sangue… e nemmeno in strada!”
“Beh, ma se sono quelle le prove che cerchi te le posso dare io!” – rispose tronfio l’orientale – “Ho scattato un paio di foto che possono provare l’esistenza di quelle macchie, sia in albergo che in strada.”
Al poliziotto si illuminarono gli occhi! – “E quando riusciresti a farcele avere?”
“Devo ancora svilupparle, ma direi che posso portartele stasera, quando verrò qui a ritirare a mia volta le informazioni sull’assassino di Tommy Calò. D’accordo?”
L’altro annuì e lo riaccompagnò nella parte degli uffici. Il giornalista però non perse tempo ed uscì dalla centrale.

Il telefono squillava nuovamente. Don Luca distrattamente sollevò il ricevitore.
“Pronto Don? Sono Livio…” – era la voce di Marturano.
“Dimmi tutto Livio… avete fermato il tizio sospetto di cui mi avevate parlato?” – chiese senza mezzi termini il Don.
“Certo! E’ ancora sotto le mani di Riccardo! Comunque sia ha già cantato, tutto quello che c’era da dire l’ha detto. Ci è voluto un po’ di tempo ma le cattive maniere usate da Ricky si sono dimostrate convincenti!” – gli disse Livio.
Don Luca non voleva attendere ulteriormente. – “Livio non tenermi sulle spine… chi è e che cosa vuole?”
“Come avevamo già capito solo a vederlo, è un pesce piccolo! E’ qua solo perché qualcuno gli ha detto di sorvegliare le condizioni del nostro Giulio… e sai chi è quel qualcuno? Il Macellaio!” – rivelò il picciotto.
Don Luca strabuzzò gli occhi. – “Cosa???” – non riusciva a credere ciò che stava sentendo.
“E’ così! Ma come avevo detto prima, non è che ci sia molto altro da aggiungere… questo tizio, che si chiama Roberto, è stato spremuto da Riccardo all’inverosimile, ma non ha più detto altro.” – concluse Livio.
“Va bene, adesso vedrò io cosa fare… voi continuate così ragazzi.” – e chiuse la telefonata.
Non perse tempo e compose subito il numero del bar “Da Angelo”, ma la persona che gli rispose non era quella che si aspettava. Lasciò detto di avvisare Angelo che aveva bisogno di parlargli e che si trattava del lavoro di quella notte, poi riappese la cornetta.
Aveva sentito che Ian e Frankie erano da poco ritornati, forse era arrivato il momento di dar loro una seconda missione, andare a cercare Angelo, ovunque lui fosse. Così li fece chiamare nel suo ufficio.
Non appena i due arrivarono al suo cospetto il telefono riprese a squillare. Don Luca iniziava ad odiare quell’oggetto. – “Pronto?”
“Sono Jackie, saluti.” – gli rispose l’orientale.
“A cosa devo il piacere?” – disse ironico il Don.
“La chiamavo per informarla su come stanno andando le mie ricerche! Ho importanti informazioni circa l’assassinio di ieri e dell’uccisione di Gabriel Novice. Pare sia stato Angelo Corleone.” – gli rivelò il giornalista.
Al Don scappava da ridere per non piangere. – “Ma quand’è che riuscirai a darmi qualche informazione che sia davvero una novità?” – pareva esasperato.
“Beh io ci tenevo solo a farle sapere quanto ho appreso io, ovvero che ci sono due testimoni oculari pronti ad inchiodare il killer e che la polizia lo sta tenendo sott’occhio.” – gli rispose con semplicità.
E fra queste parole l’orientale pareva finalmente aver dato al Don un’utile informazione che non sapeva. – “E così Angelo è sorvegliato dalla polizia? Bene bene bene…” – poi guardò i suoi due scagnozzi che erano ancora in attesa vicino alla porta. Il lavoretto che voleva dargli era saltato.
“Ma dimmi Jackie… riguardo l’omicidio di oggi? Cosa sai dirmi?” – chiese il Don cambiando argomento.
“Riguardo ciò che è successo a Tommy le chiedo di attendere fino a questa sera, finalmente dovrebbero darmi delle informazioni utili circa l’assassino.” – disse il giornalista.
L’altro sbuffò nuovamente. – “Ma tu pensa… pure io devo aspettare la sera per avere informazioni… e come al solito tu non arrivi prima in mio aiuto… Ma è possibile che vada sempre così? E scommetto pure che domani troverò una trafila di tuoi articoli sul giornale infinitamente dettagliati, perché lì sì che t’impegni a dire tutto.” – il tono era proprio seccato – “Chiamami non appena saprai qualcosa.” – e chiuse la conversazione.
Mentre appendeva il ricevitore gli parse di cogliere dei frammenti della conversazione dei due scagnozzi che stavano aspettando la sua attenzione. Da quanto aveva capito, Frankie continuava a dire a Ian che adesso che erano stati alzati di livello avevano tutto il diritto di guidare loro la Fordor nera.
Prima di dedicarsi a loro prese nuovamente il telefono e chiamò la centrale. Appena dall’altro capo poté sentire la voce del Tenente Salvatore iniziò a fargli domande circa dove fosse Angelo Corleone e come lo stessero tenendo sotto controllo.

L’altro gli disse che c’era un uomo che lo stava seguendo e che ad intervalli regolari di tempo si faceva sentire per aggiornarli sulla situazione.
Don Luca tutto sommato poteva accontentarsi di quel tipo di controllo, senza mobilitare i suoi uomini avrebbe comunque potuto sapere dove si trovava Angelo.

Dopo aver salutato Salvatore chiamò a sé Ian e Frankie.
“Ragazzi, ho per voi un nuovo compito. Dovete recarvi nella Sala Congressi, quella davanti all’Hotel Royal e cercare alcuni documenti che sono stati firmati stamattina, presi dal segretario Vittorio Capomonte e consegnati ad un uomo della sicurezza. Solo questo, non c’è altro.” – concluse il Don.
I due scagnozzi erano piuttosto elettrizzati di aver ricevuto subito e proprio da Don Luca un nuovo lavoretto da sbrigare. Mentre ancora stavano uscendo dalla porta si sentì Frankie indugiare e proporre nuovamente a Ian di prendere la Crysler nera.
Don Luca fece finta di non capire.

L’albergo ‘Le Torri’ era decisamente di buon livello, questo fu il pensiero di Angelo mentre ne attraversava la hall.
Al bancone dell’accoglienza vide una donna e si diresse verso di lei.
“Buon giorno. Avrei bisogno di una camera per tutta la giornata, avevo telefonato prima per assicurarmi che ne aveste a disposizione…” – esordì Angelo.
La donna annuì. – “Sì, ricordo, ne aveva parlato con me. Preferisce una stanza con vista sull’area industriale e la costa o verso il centro cittadino?”
L’altro alzò le spalle, la cosa non gli faceva alcuna differenza. – “Guardi, non mi interessa la vista… facciamo comunque quella che dà verso l’area industriale.”
“Va bene, allora le assegno la camera 403. Ecco le chiavi… e qui ci sono i documenti che deve compilare…” – disse la donna porgendo il tutto a Corleone.
“Documenti da compilare?” – chiese con fare ingenuo Angelo.
“Sì… esatto… i suoi dati… nome, cognome eccetera eccetera…” – gli confermò la donna.
Angelo estrasse il portafoglio e ne estrasse 80 dollari dandoli alla receptionist, la quale vedendo quella somma davvero spropositata sembrò essere in difficoltà. – “Io penso che questi possano bastare per pagare la camera e per dare a lei un piccolo compenso per evitare questo tipo di formalità. Ci terrei a non far sapere di essere qui. Siamo d’accordo?”
La donna annuì e non perse tempo a prendere il denaro a lei offerto. – “Sì sì sì… è stato chiarissimo, faccio perfino fatica a sapere che lei è qui anche ora che l’ho davanti a me…”
Angelo le sorrise. – “Perfetto, era proprio quello che intendevo”.
Dopodiché raccolse la chiave e la sua valigia e velocemente salì in camera per lasciare il tutto. Non mancava molto all’incontro con l’avvocato, aveva appena il tempo di fare un salto nella sua stanza.

Qualcuno bussò due volte alla robusta porta in noce dello studio di Don Luca. Dopo che quest’ultimo diede conferma di poter entrare, vide introdursi Tony Mancuso e solo questo fatto gli metteva già preoccupazione.
Notò anche che Tommy entrando non aveva chiuso la porta e ciò gli sembrò strano ma dopo pochi istanti vide che un altro uomo stava varcando quella soglia.
Era un uomo che aveva poco meno di sessant’anni, non molto alto e da come lo stringeva il doppiopetto che indossava lasciava intuire che fosse lontano dal suo peso ideale. Aveva capelli corvini, rigati qua è là da qualche fine striatura bianca, baffi molto fini e ben curati. Una sciarpa in seta bianca pendeva lungo il suo collo. Lo sguardo era fiero, il suo incedere era sicuro e nei suoi occhi si poteva leggere la consapevolezza del potere che esercitava sulle altre persone.
Di tutt’altro spirito era invece Don Luca, il quale sembrava davvero in soggezione. Non si aspettava minimamente una visita di Don Tommaso.
Il padrino si avvicinò alla scrivania, girandole attorno per raggiungere la poltrona sulla quale era seduto Don Luca, il quale in segno di rispetto avrebbe voluto alzarsi ma in quel momento le gambe non lo avrebbero sorretto.
“Buon giorno Carmeeelo…” – disse il padrino, che era solito chiamarlo con il suo secondo nome di battesimo.
“Sa..sa..saluti Don Tommaso… è un piacere averla qui…se l’avessi saputo magari avrei potuto farle trovare…” – iniziò Don Luca ma venne interrotto da un cenno della mano di Don Tommaso.
“Carmeeelo… se sono venuto qui oggi è perché le cose non stanno andando bene. Sii sincero… ma a te importa davvero della nostra famigghia?” – chiese il padrino.
Quella domanda spiazzò Don Luca. Sgranò gli occhi e sul subito non riuscì a rispondere, fu obbligato a riprendere fiato e poi riprese: – “Ma ma… come? Perché mi chiede questo? Sono giorni che mi sto facendo in quattro per proteggere la nostra famigghia…” – ma fu nuovamente costretto ad interrompersi sentendo che l’altro gli aveva appoggiato una mano sulla sua spalla.
“Appunto… ti avevo chiesto durante la mia assenza di trovare il cane che sta ammazzando i nostri uomini…e invece cosa succede? Che ora ci accoppano anche i nostri picciotti più fidati. E cos’altro ti avevo chiesto per voce di Tony? Di pensarci tu ad organizzare il funerale di Pietro… e invece niente, non hai organizzato un bel niente. E questo ti sembra rispetto verso la famigghia? Uno dei nostri muore e tu te ne freghi.” – le parole del padrino colpirono Don Luca più violentemente di un gancio di un pugile professionista.
Stava per balbettare qualche giustificazione ma Don Tommaso riprese a parlare. – “Carmeeelo… alle mie orecchie sono giunte le domande dei famigliari di Pietro, non sapevano cosa dovessero fare, se a questo punto dovevano pensarci loro ad organizzare il funerale. Ti rendi conto? La vergogna che ho provato nel sentire gente che umilmente chiedeva una degna cerimonia per il loro scomparso e che ancora non era avvenuta perché chi di dovere sembrava essersene dimenticato. Non hai avuto rispetto per quelle povere persone, né per Pietro né per tutta la famigghia…”
In quel momento entrò dalla porta Kate che teneva in mano un vassoio sul quale si trovavano due piccoli bicchieri, contenenti presumibilmente un liquore. Velocemente si avvicinò alla scrivania e depose i due bicchieri, dopodiché mantenendo sempre lo sguardo basso, uscì spedita dalla stanza.
La mano che si trovava sulla spalla di Don Luca si spostò per prendere uno di quei due bicchierini. Il Padrino ne bevve un sorso e si poi si fermò a guardarlo. Don Luca capì che non era il caso di farlo bere da solo e prese subito l’altro bicchiere.
Ne bevve giusto una punta poi finalmente trovò le parole per rivolgersi a Don Tommaso. –“Le chiedo scusa per la mia mancanza, effettivamente è stato un periodo dove mi sono ritrovato a gestire diversi problemi tutti legati alla nostra famiglia, ma le prometto che ora tutto andrà a posto. Organizzerò il funerale per domani. Per ciò che riguarda il bastardo che si è messo contro la nostra famiglia lo troverò, metterò fine a questa faccenda e la pagherà molto cara…”
Il padrino non distolse mai lo sguardo dagli occhi di Don Luca mentre quest’ultimo parlava e quando ebbe terminato, alzò un sopracciglio e gli rispose. – “Questo è il minimo, ma sono promesse che avevi già fatto e si sono dimostrate solo parole e la nostra famigghia è stata ancora colpita.” – sospirò – “Carmeeelo… mettiamola così, tu mi farai la cortesia di chiudere il tutto per la sera di San Petronio. Per quella sera dovrai avere già sistemato quel figlio di una buona donna e così tutti noi potremmo festeggiare sereni. Lo prendo davvero come un gesto di cortesia tuo nei miei confronti… e tu non vuoi essere scortese, vero?”
Don Luca aveva le spalle al muro, il significato delle parole del padrino era maledettamente chiaro. In pochi giorni era obbligato a risolvere tutto oppure il prossimo a saltare sarebbe stato lui. – “No, Don Tommaso… consideri questi problemi risolti per San Petronio.”
L’altro fece un cenno di assenso con il capo, finì il contenuto del bicchierino e poi fece un cenno a Tony Mancuso. Salutò Don Luca ed insieme al suo picciotto uscì dalla stanza.
Stava sudando freddo, sentiva davvero di essere alle strette e per quanto si aspettava che prima o poi Tony portasse avvertimenti di quel genere da parte di Don Tommaso, mai avrebbe pensato che il padrino venisse di persona a dargli un ultimatum.
Non appena riuscì a tornare in sé e a riprendere il proprio controllo chiamò Tullio Tumulo, un impresario di pompe funebri al quale erano soliti rivolgersi i Santè per le loro cerimonie.
“Buon giorno Tullio… sono Don Luca.” – si presentò il Don.
“Saluti a lei. Come posso esserle utile?” – gli chiese l’altro, ma in realtà già immaginava quale fosse il motivo della sua chiamata.
“Ovviamente per motivi tristi. Ti chiamo per organizzare due funerali. Uno per Pietro Alliata e deve avvenire assolutamente domani. Non voglio nemmeno discutere di farlo successivamente. L’altro funerale è per Tommy Calò e dovrà aver luogo il giorno dopo San Petronio. Tutto chiaro?” – furono le richieste del Don.
“Direi chiarissimo. I tempi sono stretti ma se queste sono le sue disposizioni sarà tutto fatto come da suo desiderio. Ma… mi dica… che funerali dobbiamo organizzare? Semplici o siamo nella categoria ‘di tutto rispetto’?”
Don Luca ci pensò un attimo, soffermandosi più che altro sul numero di anni di servizio dei due presso i Santè, ma alla fine decise che non era il caso di fare scelte che avrebbero potuto in qualche modo contrariare Don Tommaso, quindi optò per funerali in grande stile per entrambi.
Il Don aveva come l’impressione di sentire che dall’altro lato del ricevitore il becchino si stesse fregando le mani e sul quel pensiero lo salutò e chiuse la telefonata.

Angelo riuscì ad arrivare in orario all’appuntamento con l’avvocato Galante.
All’ingresso fu accolto dalla segretaria, la quale lo condusse in un’elegante stanza che altro non era che l’ufficio di Galante.
Si sedette su una sedia rivestita di un materiale simil-pelle e si fermò ad osservare attentamente quell’ambiente. L’avvocato doveva aver servito davvero bene gli Spironi.
I suoi pensieri vennero interrotti dall’ingresso di Galante, il quale non perse tempo a prendere posto dall’altra parte della scrivania dopo aver stretto la mano di Corleone.
“Buona sera. Ho cercato di riceverla il prima possibile dopo che la mia segretaria mi ha accennato le parti in gioco… ma sono curioso di sentire in cosa posso esserle utile…e come posso venire nuovamente incontro alla famiglia allargata…” – furono le parole dell’avvocato.
“Bene… da dove cominciare… vediamo. Diciamo che io sono sotto il loro servizio, mi hanno dato diversi incarichi e a causa dell’adempimento di questi lavori mi ritrovo in una situazione abbastanza spiacevole…” – disse Angelo che non sapeva ancora bene fino a che punto spingersi nel raccontare il tutto all’altro.
“Per situazione spiacevole immagino intenda ‘illegale’…” – disse Galante.
“Esattamente…” – fu la risposta di Corleone.
“In quale giro illegale è finito? E’ rimasto invischiato in un traffico di droga?” – gli chiese.
“No… altro…” – rispose evasivo il Don.
“Bische clandestine?” – riprovò l’avvocato.
“No… altro…” – disse Corleone scuotendo il capo.
“Denaro falso?” – insistette Galante.
“No… altro…” – rispose nuovamente.
“Un furto ed è stato beccato?” – provò ancora a chiedergli il suo interlocutore.
“No… nemmeno…” – gli rispose.
“Ma… non avrà mica ucciso qualcuno?” – chiese ancora l’avvocato.
Angelo sembrava non molto a suo agio. “Ecco… è questo il punto. In effetti dopo aver seguito gli ordini giunti dalla famiglia, qualche vita si è spenta per mano mia…”
Anche l’avvocato ora sembrava non essere più tranquillo rispetto a quanto lo era stato inizialmente. – “E quante ne avrebbe spente?”
Corleone prese un attimo di tempo per riflettere e poi rispose: – “Ecco vede io avrei ucciso due… anzi no…diciamo tre…oooh beh, sarebbero due al momento mentre un terzo individuo è sul punto di lasciarci o in ogni caso con un piccolo aiuto ci lascerà entro fine giornata…”
Galante iniziò a grattarsi il capo poi chiese ancora: – “Qualcuno ne ha le prove?”
“Riguardo la terza persona sono piuttosto sicuro di poter dire di no… mentre per le altre due pare ci siano dei testimoni…” – confidò Angelo.
“Questo potrebbe essere un problema. Vediamo subito di mettere le cose in chiaro… lei come si vuole porre di fronte all’accusa di omicidio? Negherà tutto?” – chiese l’avvocato.
“Non so come pormi… è proprio per questo che mi sono rivolto a lei, per avere un consiglio su come agire e avere il suo appoggio in caso di processo.” – gli disse il barista.
“Se vogliamo evitare la pena di morte direi che non è il caso di ammettere la colpevolezza… e per non peggiorare la situazione le consiglierei caldamente di stare tranquillo e di evitare anche solo di pensare di far in qualche modo sparire questi fantomatici testimoni oculari.” – suggerì Galante.
“Già… e poi non vorrei che avesse dei problemi anche la famiglia Spironi nel caso incastrassero me…” – aggiunse Angelo allo scopo di sottolineare quante persone rischiavano di trovarsi nei guai se ci fosse stato il processo.
“A tal proposito so benissimo che siamo sotto segreto professionale ma le vorrei chiedere se mi permette di sentire Don Orazio, per capire se in qualche modo lui ci possa venire in aiuto…” – fu la richiesta dell’avvocato.
“Un po’ d’aiuto di certo non lo rifiuto, quindi faccia pure…” – acconsentì Corleone.
A quelle parole l’avvocato si alzò e lasciò quella stanza.
Fece ritorno una decina di minuti dopo e la sua espressione parve più rilassata. – “Ho avuto modo di parlare con Don Orazio e di raccontargli il suo problema. Pare interessato a venirle incontro ha detto che farà il possibile per sistemare le cose a modo suo, ha solo bisogno di un po’ di tempo. Le devo chiedere quindi di tornare qui fra circa un paio d’ore per vedere se ci saranno buone novità.”
“Va benissimo… allora per il momento la ringrazio, ci sentiremo in serata.” – e salutò l’altro porgendogli nuovamente la mano.
L’altro ricambiò la stretta e lo fece accompagnare fuori dalla segretaria.

Visto che il tempo non gli mancava, Jackie decise di fare nuovamente un salto al giornale per sfruttare al meglio quella parte di giornata dedicandosi a sviluppare le foto scattate.
Purtroppo quelle della scena del crimine che riguardavano Tommy sapeva bene che non avrebbero dato nessun aiuto nella ricerca dell’assassino, ma se non altro sarebbero stato un illustre corredo all’articolo che sarebbe andato in stampa per il giorno dopo.
Già…l’articolo… aveva molto materiale e non aveva ancora scritto nulla. Anche gli appunti che aveva raccolto erano troppo in disordine per poterli affidare a Mario. Stavolta non poteva contare su di lui per scriverlo, ci doveva pensare da solo.
Ci avrebbe pensato in serata, ovviamente dopo essere andato in centrale: aveva appuntamento per le sette e mezza ma puntava ad essere già lì con un anticipo di mezzora, tanto se qualcosa era saltato fuori, a quell’ora dovevano già saperlo.
L’orientale spese parecchio tempo nella camera oscura.
Ora aveva fra le mani le due foto scattate durante il tentato omicidio (o forse riuscito…) avvenuto in mattinata. Le foto erano perfette: non c’era spazio a dubbi, le macchie di sangue erano decisamente visibili.
Era soddisfatto del proprio operato, quella sera avrebbe potuto consegnare alla polizia delle prove insindacabili riguardo quanto era avvenuto.

La preoccupazione in Don Luca non si era ancora spenta. Tante cose erano in balle o altrettante variabili potevano andare storte. Ma ora era nella condizione di dover far sì che tutto, ma proprio tutto, andasse per il verso giusto.
Nella sua mente fece il punto della situazione circa dove si trovavano i suoi uomini, quando li avrebbe rivisti e quali erano tutte le altre persone implicate in quei giri che potevano o meno influire nei suoi piani.
La faccenda Tarano era quella che gli dava più dubbi. Ora di possibili funzionari bancari di Nivarro ne aveva due, uno tenuto sotto controllo nella sua villa e una sua copia in fin di vita all’ospedale. Bene o male aveva a disposizione qualcuno che potesse firmare eventuali altri documenti per far andare in porto i progetti, solo che dichiarando la presenza di Tarano in ospedale poteva essere davvero complicato farne uscire un altro bello pimpante per svolgere quelle pratiche. Peggio ancora se Montgomery fosse morto.
Era il caso di pararsi contro qualsiasi evenienza, decise quindi di chiamare Arturo Casagrande. Egli non era altro che il direttore amministrativo dell’ospedale, con il quale in passato aveva già avuto a che fare con un reciproco scambio di piaceri.
“Pronto?” – gli rispose l’altro.
“Buona sera. Sono Don Luca”. – si presentò il Don.
“Aaah Don Luca… è un piacere risentirla… a cosa devo la sua chiamata?” – gli chiese l’altro.
“L’ho chiamata perché avrei bisogno che si prestasse particolare interesse per una persona che è stata da voi ricoverata oggi, mi riferisco a Giulio Tarano.” – confidò il Don.
“Sì, ho ben presente il suo caso… è tutto il giorno che uno stuolo di medici e infermieri si occupano di lui… conciato male il ragazzo… ma le posso assicurare che si sta facendo tutto il possibile per recuperarlo…” – volle confortarlo il direttore.
“Questo mi fa piacere, ma se devo essere onesto con lei l’ho chiamata anche per discutere su cosa fare nel caso non ce la dovesse fare.” – si fermò e sentì che anche l’altro era rimasto in silenzio, spiazzato dalla sua affermazione – “Bene, nel caso Tarano non ce la dovesse fare, questa notizia non deve essere divulgata, fate finta che sia ancora in vita.”
“Beh… questo potrebbe essere complicato… soprattutto nel caso si facessero vivi i famigliari…” – rispose Casagrande.
“Dei famigliari lei non si deve preoccupare, sono in contatto io con loro.” – mentì il Don – “Ma non si tratta solo di questo. In caso di decesso… o anche in caso di mia necessità… avrei bisogno della vostra collaborazione per procedere ad una sostituzione… mettere in un’altra stanza Tarano e continuare ad assisterlo sotto altro nome, mentre io vi darò un nuovo Tarano da mettere al suo posto.” – terminò Don Luca.
“Lei si rende conto di quello che mi sta chiedendo?” – chiede il direttore davvero preoccupato.
“Sì. E mi rendo anche conto di quanto l’ho aiutata in passato e di quanto potrei aiutarla in futuro…” – aggiunse il Don.
Il suo interlocutore rimase in silenzio per qualche istante, poi riprese: – “Beh, tutto sommato si può anche fare. Va bene, accetto la sua richiesta. Ovviamente mi aspetto poi il suo appoggio economico per la prossima apertura della nuova area nel reparto maternità…” – la buttò lì Casagrande.
“A tempo debito vedremo anche quella.” – disse il Don.
Dopodiché si salutarono e Don Luca rimase a pensare se c’era ancora qualcosa in sospeso che potesse sistemare.

Angelo fece nuovamente comparsa nella hall dell’albergo ‘le Torri’. Percorse velocemente tutta la distanza che lo separava dalle scale ma venne richiamato dalla receptionist.
“Mi scusi… l’ha cercata una persona… io naturalmente sono stata molto vaga circa la sua presenza, anzi non ho proprio dato conferme…” – fu la lunga premessa della donna.
“Di chi si tratta?” – chiese Corleone che non voleva perdere tempo.
“Mi ha detto di chiamarsi Nando…” – rispose la donna.
“Ah bene… sì, quando mi cerca lui passatemelo pure. Posso richiamarlo dalla mia camera o devo chiamare qui?” – si interessò il Macellaio.
L’altra gli disse che nella sua camera poteva solo ricevere, quindi per chiamare avrebbe dovuto usare quello. Si allontanò per lasciargli un po’ di privacy.
Compose il numero del suo bar e dopo poco il suo aiutante rispose. – “Da Angelo, pronto?”
“Ciao, sono io. Mi avevi cercato?” – disse Corleone.
“Ciao! Eh sì che ti avevo cercato! Ma… allora sei alle Torri… la tizia con cui ho parlato mi sembrava un po’ confusa…” – disse divertito l’amico.
“Sì, lascia stare… storia lunga… dimmi tutto.” – incalzò nuovamente Angelo.
“Allora, ho mandato Jimmy all’ospedale per vedere cos’era successo ed ho già ricevuto sue notizie. Prima di tutto non c’è traccia di Roberto… l’ha cercato ovunque ma senza successo, sembra si sia dileguato. E poi mi ha anche detto che ci sono novità circa Giulio Tarano. Sembra che l’operazione sia finita e che il ragazzo ce l’abbia fatta a sopravvivere.” – fu il resoconto di Nando.
Angelo rimase in silenzio. Entrambe erano davvero delle cattive notizie e sinceramente la seconda la preoccupava maggiormente.
Il fatto che Tarano fosse sopravvissuto implicava che entro la giornata avrebbe dovuto far un salto all’ospedale per completare quello che aveva cominciato in mattinata. In poche parole, altre grane.
“Non mi stai dando buone notizie…ma ti ringrazio…c’è altro” – chiese Angelo.
“Sì, ancora una cosa: ti ha cercato Don Luca aveva bisogno di parlarti.” – fu la risposta dell’amico.
“Ok, allora fammi sapere se qualcun altro mi cercasse… grazie Nando, ci sentiamo.” – concluse Corleone.
La receptionist era ancora distante e ne approfittò per fare una seconda chiamata.
“Pronto?” – fu la risposta alla sua telefonata.
“Buona sera Don Luca, sono Angelo… ho saputo che mi ha cercato…” – iniziò il barista.
“Aaah… Angelo… difficile trovarti ultimamente.” – si fermò, sembrava avesse cambiato idea su quanto voleva dire e poi riprese – “Sì ti avevo cercato solo per darti una conferma per stanotte. Puntuali a mezzanotte al porto, intesi?”
“Sì, certo, lei mi porta le due persone e io le faccio sparire…” – confermò Corleone.
“Forse sarà solo una… vedremo stasera.” – rispose l’altro.
“Come preferisce…” – concluse.
Si salutarono e Corleone fece un cenno alla receptionist per segnalarle che aveva finito.
Ora gli rimaneva da salire in camera, darsi una sciacquata e attendere il momento per tornare da Galante per avere un responso delle telefonata con Don Orazio. Presto avrebbe saputo quanto le cose si erano fatte complicate per lui.

Senza farsi troppi problemi Ian e Frankie avevano preso la Chrysler Fordor nera che usava Tommy, per raggiungere la Sala Congressi.
Videro che lì fuori c’erano dei poliziotti che sembrava facessero da spola tra la Sala e l’albergo Royal. Aspettarono in macchina diverso tempo, quando finalmente li videro andar via.
Fecero ingresso nella struttura e attraversando l’intero atrio raggiunsero una donna con i capelli rossicci, a metà fra la trentina e la quarantina d’anni, che si trovava in piedi dietro un bancone alle prese con un registro. – “Buona sera, non ci sono riunioni in corso al momento…posso fare qualcosa per voi?”
Fu Ian a rispondere bloccando subito uno slancio di Frankie. – “Sì signora, avremmo…”
“Signorina, prego.” – disse seccamente l’altra.
“Mi scusi, dicevo, avremmo bisogno di parlare con il signor Capomonte… dove lo possiamo trovare?” – stavolta riuscì a terminare la sua domanda.
“Sono spiacente ma il segretario è già terminato il suo orario di lavoro… è andato via circa un’ora fa.” – rispose la donna.
“E sa dove si lo possiamo trovare?” – incalzò nuovamente.
“Non sono la segretaria del segretario…” – disse con aria scocciata – “…ma presumo che sia tornato a casa.”
“E… dove?” – chiese Frankie ansioso.
La donna lo guardò male e aggiunse: – “Mi dispiace ma non sono tenuta a darle questo tipo di informazioni. Se non c’è altro vi chiederei di andare ora.”
I due scagnozzi si guardarono fra di loro e alzando le spalle emisero un sospiro. La loro ricerca sembrava essere più impegnativa del previsto.

Angelo Corleone volle essere ancora puntuale per l’incontro con l’avvocato. Si ritrovò a rivivere la scena di poco più di due ore prima, con la segretaria che lo accolse e lo condusse nell’ufficio di Galante.
Una volta all’interno l’avvocato lo fece accomodare e sembrava essere molto più tranquillo rispetto a quando l’aveva lasciato.
“Buona sera Galante… ci sono novità?” – chiese per evitare di continuare a stare sulle spine.
“Certo, diciamo che la situazione ha avuto una buona evoluzione.” – gli rispose l’altro con tono soddisfatto.
Con un cenno Angelo invitò l’altro a non fermarsi e a continuare ad esporgli quali fossero le buone notizie.
“Ho parlato poco fa con Don Orazio, il quale mi ha garantito di aver già risolto la sua situazione spiacevole.” – fece una pausa, poi continuò: – “Nel frattempo, grazie ai suoi informatori, è venuto a sapere chi fossero i due testimoni oculari. Uno è un giornalista dello sCRYviLO, l’altro è un fruttivendolo che ha il proprio banco in via Pellegrini.”
Angelo annuì per far capire che aveva ben presente le persone di cui l’altro stava parlando.
“Bene, sempre Don Orazio si è permesso di convincere entrambe le persone a dichiarare il falso, credo pagandoli ma di questo non posso esserne certo. Comunque sia le spiego meglio cosa accadrà: lei domani mattina verrà fermato dalla polizia e portato in centrale sotto l’accusa di omicidio. Lei dovrà seguirli senza protestare, senza rilasciare alcuna affermazione.
Verrà poi confrontato con i due testimoni oculari, i quali avendola davanti diranno di essersi sbagliati e che non è lei la persona che ha ucciso quelle due persone in via Pellegrini.”
Angelo faceva fatica a credere che tutto si fosse risolto così facilmente. Don Orazio si era proprio dato da fare!
“Quindi tutto si conclude così?” – chiese per conferma il barista.
“Esattamente. Deve solo rigare dritto e tutto sarà sistemato.” – poi abbozzò un sorriso – “Una cosa ancora ci sarebbe, la mia parcella. Metà mi è stata pagata da Don Orazio, l’altra metà è a suo carico, sono 90 dollari.”
La cifra era importante ma Angelo non sembrava curarsene, anzi, estrasse prontamente il portafoglio e saldò il suo debito, ormai era abituato a portare sempre con sé una forte quantità di liquidi.
I due si strinsero la mano ed Angelo venne congedato. Stavolta fu proprio Galante ad accompagnarlo alla porta e mentre ancora quest’ultimo gli faceva raccomandazioni sul rigare dritto, i pensieri di Corleone andavano a ciò che presto avrebbe dovuto fare in ospedale.

CAPITOLO 9

Si apre una pista

Dal momento che il segretario non era facilmente rintracciabile, Ian e Frankie decisero di concentrarsi sui documenti che Don Luca aveva chiesto loro di recuperare. Data la natura di quegli incartamenti pensarono che molto probabilmente fossero stati portati in comune e decisero di recarsi lì. Non avevano nemmeno molte altre via da seguire, a quell’ora della sera era ancora troppo chiaro per introdursi furtivamente in qualsiasi luogo, che fosse la Sala Congressi o la casa del segretario faceva ben poca differenza.
Parcheggiarono proprio di fronte al comune e mentre scendevano dall’auto chiusero le portiere della Chrysler con molta calma. Da quando avevano a disposizione quel macchinone a loro non dispiaceva affatto prendersi il giusto tempo per vantarsene.
Una volta entrati trovarono subito lo sportello delle informazioni, dove un uomo di una certa età sembrava la persona preposta a rispondere ai quesiti della gente.
“Buona sera buon uomo.” – come oramai era diventata abitudine fu Ian a prendere parola.
“Buona sera a voi. Ci tengo ad avvisarvi che siamo in chiusura… ma come posso esservi utile?” – disse l’anziano.
“Sì, siamo i portaborse di Giulio Tarano… forse il nome non le dirà tanto ma era uno dei partecipanti alla riunione avvenuta in mattinata per decidere i progetti della città che verranno finanziati…” – cercò di spiegare lo scagnozzo.
L’altro inizialmente sembrava spaesato poi annuì: – “Aaah, ho capito di cosa state parlando! Sì, effettivamente il nome non mi dice molto, invece so perfettamente di che riunione mi stava parlando! Evento fondamentale per lo sviluppo e la crescita di Crylo!”
“Bene, ora che abbiamo inquadrato l’argomento passo alla nostra richiesta…” – continuò Ian – “…in pratica avremmo bisogno di ritirare tutte le carte che Tarano dovrà firmare. Sa com’è… è un po’ preso e allora ha mandato noi a ritirare il tutto, poi ci penserà lui a farvi riavere tutti i documenti firmati.”
L’uomo dall’altra parte dello sportello sembrava parecchio dubbioso: – “Capisco… ma quelle carte non sono ancora disponibili! La riunione è avvenuta solo stamattina, è facile che tutti i documenti si trovino ancora nella Sala Congressi.” – si fermò un attimo a riflettere, poi riprese – “Ma non dovete preoccuparvi appena saranno stati preparati il vostro funzionario verrà subito contattato! Sicuramente avrà dovuto lasciare un recapito…”
Ian annuì e mentre lo stava ringraziando per la disponibilità intervenne Frankie che non riusciva più a rimanere in silenzio. – “E il Segretario della Sala Congressi?”
Il vecchio statale non capiva dove l’altro volesse andare a parare. – “Parla del signor Vittorio Capomonte? Che cosa vuole sapere?”
“Dove abita?” – chiese senza troppi peli sulla lingua, mentre Ian per disperazione si stava mettendo una mano sul viso.
“Non credo di poterle dare questo tipo di informazioni e tra l’altro non capisco la vostra necessità di saperlo…” – rispose infastidito.
Ian si pose nuovamente davanti allo sportello per portare l’altro scagnozzo in secondo piano. – “Sì, lo scusi, ha le idee un po’ confuse. Grazie mille per il suo aiuto, arrivederci.” – e dicendo questo trascinò via Frankie, dandogli anche una sberla sul coppino non appena furono fuori dal comune.
“Ma sei impazzito?” – protestò Frankie.
“Ma sei impazzito tu?” – rispose l’altro – “Ti ricordo che dovremmo cercare di non dare nell’occhio…”
“Lo so anch’io ma sapere dove abita Cupafonte può tornarci utile!” – disse l’altro.
“Capomonte! Ooooh… senti, proviamo ad entrare in qualche bar, se ne becchiamo uno che abbia il telefono possiamo cercarlo sulla rubrica. Ok?” – concluse Ian.
L’altro sembrò compiaciuto dall’idea proposta e iniziarono a guardarsi intorno alla ricerca del bar più vicino.

Le foto erano pronte e con cura le stava riponendo in una busta. Erano quasi le sette di sera e Jackie non voleva fare tardi all’appuntamento con Peter in centrale.
Uscì velocemente dalla redazione de “La voce di Crylo” e salì in macchina in direzione del comando di polizia.
Negli ultimi giorni gli era capitato spesso di entrare a quell’ora e, come per le precedenti volte, aveva notato che la situazione era decisamente più tranquilla rispetto al caos che regnava di mattina.
Si diresse dove sapeva di poter trovare Peter e lo trovò abbastanza indaffarato.
“Mah… sei in anticipo! Ti aspettavo tra almeno una mezzora!” – disse il poliziotto.
“Eh, passavo di qua… e poi è meglio non perdere tempo. Ti ho portato qualcosa.” – disse l’orientale mentre porgeva una busta.
L’altro prese la busta, la aperse per esaminarne il contenuto e non riuscì a contenere un’imprecazione. – “Jackie, gli uomini che hanno condotto le indagini oggi non hanno trovato niente di tutto questo…” – ancora esterrefatto continuò – “…ma come…?”
“Basta trovarsi nel posto giusto al momento giusto!” – gli rispose l’altro sorridendo.
Mentre il poliziotto stava ancora riguardando quelle foto l’orientale decise di andare subito al sodo. – “Peter sono contento che tu sia soddisfatto del materiale che ti ho portato, ma se sono venuto qui è perché anche tu dovresti avere delle importanti informazioni per me.” – vide che l’altro annuiva – “Bene… cos’avete scoperto a riguardo degli omicidi dei picciotti?”

L’altro prima di rispondere si fermò qualche istante per raccogliere i pensieri. – “Jackie, mi piacerebbe tanto poterti dare informazioni precise… purtroppo però di certezze non ne abbiamo. Non posso fare altro che dirti tutto ciò che stiamo facendo e le piste che stiamo battendo, poi sarai tu a trarne le tue conclusioni.”
Il giornalista gli fece cenno di continuare.
“Ok. Con il ritrovamento del cadavere di Tommy Calò abbiamo appurato che l’assassino ha un suo modus operandi. Un qualcosa che differenzia le sue uccisioni da tutti gli altri casi che ci possono capitare. Al di là del modo di uccidere che potrebbe anche essere dettato da ciò che la situazione gli rendeva più facile, dopo l’uccisione l’assassino asporta l’occhio destro della vittima.” – fu l’introduzione all’argomento del poliziotto.
“Alla luce di questo modo di agire abbiamo iniziato a ricercare se negli ultimi anni in questa città o nelle città vicine si fossero verificati casi simili.” – prese una pausa – “Ebbene un anno fa, proprio qui a Crylo, ci fu una strana uccisione e una donna venne ritrovata senza il suo occhio destro.”
“Raccontami tutto ciò che sai di questa storia Peter.” – gli disse l’orientale per incoraggiarlo a vuotare il sacco.
“Ecco… come ti dicevo il caso riguardava una strana uccisione… la donna era Rita De la Croix, moglie dell’armaiolo Simone De la Croix. Entrambi francesi, si erano trasferiti a Crylo circa 5 anni fa. Ma sto divagando…” – il poliziotto si concentrò nuovamente – “Un anno fa, una mattina, i corpi dei coniugi De la Croix vennero ritrovati carbonizzati in mezzo ai resti della loro casa. A quanto pare l’armaiolo teneva una buona parte dei suoi armamenti in cantina, qualcosa è andato storto dando il via ad una serie di esplosioni, bloccando in una prigione di fiamme sé stesso e sua moglie. O per lo meno questa è la versione che si voleva fosse data per buona…”
Jackie lo interruppe: – “Cosa intendi dire?”
Il poliziotto prima di rispondere si guardò intorno come per verificare che le sue parole non uscissero da quella conversazione privata. – “Devi sapere che analizzando poi i due cadaveri, la donna è stata trovata priva del suo occhio destro e nel cranio aveva una pallottola. Ma non solo… anche nel corpo di Simone è stata trovata una pallottola più o meno all’altezza del torace.” – si fermò e vide che lo sguardo di Jackie si era fatto più accigliato – “Appunto… strano vero? Questi ritrovamenti complicavano un po’ le cose ma stranamente il caso venne chiuso dopo poco tempo e tutto si risolse con la versione che ti ho presentato prima. Riguardo i due proiettili ritrovati, la versione finale prevedeva che durante le esplosioni i colpi fossero partiti da soli… questo anche perché in mezzo alle macerie vennero ritrovati altri proiettili.
Jackie… io non so se questa pista possa essere utile ma è l’unica che la polizia sta provando a seguire…”
L’orientale annuì: - “Certo Peter, hai fatto bene a raccontarmi tutto… ma ora i corpi dei due coniugi dove sono? Sono stati riportati in Francia?”

L’altro scosse la testa. – “No, li puoi trovare qui a Crylo, al cimitero…campo 3, recinto 4.”
“Avrei ancora una cosa da chiederti…” – disse il giornalista – “…avrei bisogno di una copia dell’identikit che avete preparato sulla base delle mie indicazioni.”
Il poliziotto aveva sottomano il fascicolo del caso ed estrasse prontamente il disegno dell’indiziato. – “Aspettami qui un attimo, devo vedere se c’è ancora bruno, se siamo fortunati te ne faccio fare subito una copia!” – e dicendo questo si allontanò.
Dopo qualche minuto riapparve, consegnando a Jackie la copia che aveva richiesto. – “Ora dovresti avere tutto…”
“Sì Peter, grazie mille, sei stato utilissimo. E ora mi spiace ma devo salutarti, la giornata volge al termine e ho ancora un sacco di cose da fare.” – gli disse l’orientale.
I due si salutarono e il giornalista lasciò il comando di polizia.

Gli occhi erano pesanti e stanchi ma a fatica tentavano di riaprirsi. Non riusciva a ricordare da quanto tempo si trovava in quel dormiveglia e si accorgeva che era ancora molto lontano dal riavere la sua lucidità.
Sentiva di essere solo, sentiva il silenzio, sentiva il proprio respiro, nient’altro.
La vista era ancora appannata e la tenue luce non l’aiutava a capire dove si trovasse. Era disteso, si sentiva bloccato e sentiva un forte calore bruciare nella sua spalla sinistra.
Provò a non pensarci e a concentrarsi sulle sagome che vedeva intorno a lui: pochi mobili, un tavolo bianco con una sedia di metallo, poi più distante anche se non riusciva distinguerne bene i contorni, pareva ci fosse un armadietto.
Continuò a seguire il perimetro e vide una porta, probabilmente in vetro con una tendina riposta davanti. Questa considerazione gli era data dal fatto che fosse la cosa che vedeva meglio in quanto illuminata dall’esterno rispetto al luogo dove si trovava ora.
Il suo sguardo andò avanti lungo il perimetro del raggio di cose a lui visibili e si fermò su di un oggetto alla sua destra. Sembrava una lunga sbarra d’acciaio in piedi accanto a lui. Che fosse un appendiabiti? No… non c’era nessuna giacca appesa… eppure qualcosa vedeva scendere… Quando la sua vista riuscì ad abituarsi a quelle condizioni di luce distinse un tubicino. No, non era un appendiabiti, era una flebo.
Fu in quel momento che Montgomery Solomon capì di trovarsi in una stanza dell’ospedale.

Una mano bussò due volte sul lucido legno di noce dello studio di Don Luca. Questi era seduto alla sua scrivania e svogliatamente rispose di entrare.
La sua espressione cambiò quando vide che a varcare la soglia era Kate. – “Kate… entra… è sempre un piacere poter approfittare della tua compagnia, soprattutto in una giornata come questa…”
La ragazza arrossì ma la sua risposta non lasciava spazio a timidezza. – “Bene, spero allora che potremo migliorare insieme questa giornata. Questo però più tardi… se sono salita è per avvisarla che pochi minuti fa ha fatto un salto qui in villa Riccardo, ha lasciato alle guardie una persona alquanto malconcia e poi è scappato in ospedale dicendo che era di fretta…”
“Coooosa? Riccardo è venuto qui? Lasciando Livio da solo in ospedale? Ma questi sono matti…” – il Don era esterrefatto.
La cameriera si strinse nelle spalle: – “Ora le guardie si stanno chiedendo cosa ne devono fare dell’ospite…”
In un sol movimento Don Luca abbandonò la poltrona della sua scrivania e si ritrovò accanto a Kate. – “Scendiamo, penso di sapere di chi si tratta…”
Quando furono al piano sottostante Don Luca ebbe conferma dei suoi pensieri. Due guardie stavano reggendo in piedi un uomo o molto più probabilmente un ragazzo, i cui lividi e la faccia gonfia e sporca di sangue non permettevano di identificarne precisamente i lineamenti. Quella era la tipica firma di Riccardo quando decideva di non usare le buone maniere.
“Tu devi essere Roberto, il ragazzo che gironzolava oggi per l’ospedale e che era troppo interessato a Tarano… o sbaglio?” – fu la domanda retorica di Don Luca.
Il ragazzo faceva fatica a rispondere o molto più semplicemente faceva proprio fatica a respirare. Facendo un grosso sforzo riuscì a sussurrare: – “Vi ho già detto tutto…”
Il Don annuì. – “Eh sì, so che ti ha mandato lì Angelo Corleone, ma ancora non ne so il motivo. Tu puoi aiutarmi?”
Roberto provò nuovamente a rispondere ma non riuscì a fare altro che deglutire sangue.
In suo aiuto venne Don Luca: - “Cosa vuole Angelo da Tarano? Che cosa gli interessava della sua permanenza in ospedale?”
Il ragazzo stavolta riuscì a rispondere. – “Si preoccupava della sua morte… o meglio, era più preoccupato se questa non fosse avvenuta…” – lo sforzo di una frase così lunga lo portò a tossire ripetutamente fino a quando gli mancarono le forze.
Una delle guardie prese parola: – “Cosa ne dobbiamo fare Don?”
Don Luca lo squadrò: – “Mi pare evidente che abbia bisogno di cure ma l’abbiamo appena portato via dall’ospedale, non mi sembra il caso di riportarlo subito là. Portatelo in una delle nostre stanze per gli ospiti non graditi e chiamate il dottor Gustavo Maluccio.”
Dopo aver dato quelle disposizioni decise di tornare nel suo studio, voleva subito chiamare Livio per accertarsi che Riccardo avesse fatto ritorno in ospedale.
Dovette aspettare qualche istante prima che l’infermiera gli passasse uno dei suoi uomini.
“Livio?” – domandò il Don
“Sì Don Luca, sono io. Di cosa ha bisogno?” – gli rispose il picciotto.
“Volevo assicurarmi che Ricky fosse tornato… è lì con te?” – gli chiese.
“Sì, è tornato pochi minuti fa… è stato un lampo a portarvi in villa quel ragazzo… gli ho fatto pure i miei complimenti, ha guidato quasi più veloce di me!” – commentò divertito.
“Lascia perdere queste stronzate… piuttosto com’è la situazione lì?” – chiese serio Don Luca.
Livio tornò ad essere meno scherzoso e rispose: – “Tutto tranquillo e le condizioni del nostro Tarano sembrano migliorare, sono in ripresa.”
Il Don non sapeva bene se essere contento di quella notizia. Ormai si era coperto le spalle avendo a disposizione un altro Tarano, quello vero, che gli era senz’altro più utile di una versione bloccata in un letto d’ospedale.
Doveva decidere cosa fare e doveva farlo in fretta, così salutò Livio per dedicarsi a questi nuovi pensieri.
Tuttavia non appena riuscì a raggiungere la concentrazione necessaria per affrontare il problema, il suo telefono cominciò a squillare.
“E chi diavolo sarà adesso?” – pensò il Don appena prima di alzare la cornetta.
Dall’altra parte del cavo gli arrivarono i saluti da colui che nella sua testa soprannominava ‘il cinese maledetto’.
“Jackie… come mai ti fai sentire? Pensavo a questo punto di dover davvero leggere il giornale di domani per avere tue notizie…” – replicò il Don con una punta di ironia.
“Ho importanti informazioni riguardo la persona che sta assassinando i suoi uomini…” – fu la risposta dell’orientale.
All’invito di Don Luca di esporgli tutto ciò che sapeva, Jackie gli propose tutto ciò che gli aveva detto Peter.
Il Don si fece spiegare una seconda volta tutto l’accaduto per essere sicuro di non essersi perso nulla. Poi tentò di ricordare se lui fosse mai venuto a sapere qualcosa circa quella vicenda ma presto escluse quell’eventualità. Un anno fa era in Italia, impegnato a tirare i fili di un nuovo e fiorente traffico di alcolici. A Crylo era tornato solo negli ultimi mesi e onestamente non gli era mai importato nulla di informarsi dei gossip cittadini.
“Ok, quindi abbiamo un vecchio caso che ha una similitudine con il killer attuale… è un po’ poco.” – commentò il Don.
“Già, ma al momento c’è solo questo.” – fece una pausa per poi riprendere cambiando argomento – “San Petronio è vicino… ha poi risolto qualcosa riguardo un ospite famoso per la festa?”
L’altro sembrava essersi fermato alla parte iniziale della sua domanda, ovvero a quanto fosse vicino San Petronio e a quel pensiero sentiva ancora la mano di Don Tommaso sulla sua spalla. – “No Jackie, purtroppo non ho più avuto modo di convincere Livì a partecipare…”
“E va beh… non ci sarà mica solo la signorina Ariette al mondo… il tempo stringe, ha pensato a qualche altra alternativa?” – incalzò l’orientale.
L’altro si stupì di non aver mai effettivamente pensato ad altre persone come ospiti per la festa. – “No, ora ho pensieri decisamente più importanti a cui dedicarmi. Ma… sentiamo… visto che siamo in argomento, mi dica lei chi le farebbe piacere vedere al nostro club in quella serata…”
Jackie si fermò a riflettere per qualche istante. – “Beh ci sarebbe quella soubrette di origini italiane, Martha Fava, non sarebbe forse una valida alternativa? Bella, giovane… brava…”
Al Don solamente il fatto che avesse origini italiane faceva guadagnare diversi punti nella sua personale classifica, quindi l’idea proposta dal giornalista non era affatto da disdegnare. – “Ha ragione, non è una cattiva idea. Se fosse possibile ingaggiarla potrebbe essere davvero la persona adatta.”
“Sono contento di averle dato un buon suggerimento, ora la devo salutare devo sbrigare un po’ di faccende.” – concluse l’orientale.
E mentre lo salutava nella testa di Don Luca si fece di nuovo strada il pensiero: ‘riecco il maledetto cinese che si fa i cazzi suoi…’.

Frankie e Ian ebbero modo di girare un paio di bar prima di riuscire ad ottenere l’indirizzo tanto desiderato. Tuttavia appena furono fuori dal locale videro che l’oscurità era già scesa e che il loro primo progetto era diventato fattibile.
“Ian… ma… se ce ne fregassimo di Capocchione e provassimo ad entrare nella Sala Congressi?” – chiese Frankie senza staccare gli occhi dal cielo.
“Capomonte…si chiama Capomonte. Sì, comunque ci avevo pensato anch’io… anche il tizio al comune ci ha detto che i documenti dovrebbero essere ancora là, visto che l’incontro si è svolto questa mattina.” – fu la risposta di Ian.
E facendo altre considerazioni a riguardo, salirono sulla macchina e si diressero nuovamente alla Sala Congressi.
Ian, che era alla guida, decise di parcheggiare nella via parallela dietro la Sala. A piedi controllarono tutto il perimetro dell’edificio. All’esterno non c’erano persone della sicurezza e questa era già una buona cosa.
Trovarono un punto nel retro dell’edificio dal quale per mezzo di una finestrella riuscivano a vedere una stanza e una porzione di un corridoio. Armandosi di pazienza si fermarono ad osservare quel corridoio e videro che ad intervalli regolari due guardie, sempre le stesse, lo percorrevano come se stessero eseguendo una ronda.
Decisero quindi di provare a vedere com’era la situazione nell’entrata principale. Con cautela si spostarono vicino alle porte finestre e poterono scorgere all’interno della hall due figure. Una era la donna con la quale avevano parlato in precedenza, l’altra sembrava essere una guardia. L’impressione che davano è che stessero parlando del più e del meno scherzando fra di loro.
Rimasero un po’ ad osservarli per tentare di capire se anche quella guardia avrebbe preso parte alla ronda invece accade quello che proprio non si sarebbero aspettati. La guardia sembrava avesse iniziato a fare delle avance alla donna, non facendosi problemi ad avvicinarsi, sfiorarla e tirarla a sé. La donna sembrava resistere, ma era palese che quello facesse parte del suo gioco. In pochi istanti le distanze tra di loro vennero annullate.
Frankie sembrava volesse commentare la scena ma fu subito zittito da un’occhiataccia di Ian. Dopodiché videro che la guardia aveva sollevato di peso la donna e se la stava portando via. Se tutto andava com’era facile supporre, quei due per un po’ avrebbero avuto altro da fare e non sarebbero stati un problema per loro.
La porta d’ingresso però era chiusa, quindi fecero ritorno sul retro e iniziarono a contare ogni quanto tempo passava la ronda.

Il telefono di Don Luca squillò ancora.
Era ormai tardi e non si aspettava chiamate a quell’ora, con una certa curiosità sollevò la cornetta. – “Pronto?”
“Saluti Don, sono Riccardo.” – era la voce di Storchi.
“Ciao Ricky… come mai ti fai sentire a quest’ora? E’ successo qualcosa?” – chiese allarmato il Don.
“In un certo senso sì. Qua nel reparto di Tarano c’è stato un po’ di casino… in due stanze abbastanza lontane da lui sono partiti dei segnali di emergenza che nessuno sembra aver attivato. Sì, lo so può sembrare una sciocchezza… però….” – si fermò Riccardo.
“Però cosa?” – incalzò il Don.
“…però mi è sembrato di aver visto Angelo Corleone. Solo per un attimo e mi pare che non appena si è accorto della mia presenza è sparito nel nulla. Magari mi sbaglio ma forse anche quei segnali di emergenza facevano parte di un suo diversivo…” – dopo un attimo di pausa, riprese – “Io e Livio cosa dobbiamo fare?”
Quella domanda cascava a fagiolo. In fondo Don Luca aveva passato tutto il tempo antecedente a quella telefonata proprio pensando a come risolvere la questione dei due Tarano, uno dei quali era ormai di troppo. Aveva tirato le sue conclusioni e la presenza di Corleone in ospedale forse non avrebbe fatto altro che agevolare la soluzione che aveva pensato.
“Riccardo… tu e Livio tornate pure in villa.” – concluse Don Luca.
“Ma… lasciamo quindi il nostro Tarano senza protezione?” – chiese il picciotto.
“Esatto.” – e riappese la cornetta. Con quella parola aveva messo fine al suo rapporto di lavoro con Montgomery e forse anche alla sua vita.

Soddisfatto di esser finalmente riuscito a dare in anteprima delle informazioni a Don Luca che già non sapesse, Jackie stava guidando in direzione di casa sua.
Anche l’idea di Martha Fava era stata ottima e anche se il Don non si era troppo sbilanciato aveva capito di aver fatto centro. E pure lui avrebbe tratto il suo vantaggio… già si vedeva a farle una lunga intervista da pubblicare prima di San Petronio e poi ancora un altro lungo articolo con i commenti del dopo festa.
Questi pensieri lo accompagnarono fino al suo ingresso in casa. Articoli su articoli e anche la sua fama avrebbe aumentato di prestigio.
Ma ora era il caso di concentrarsi su tutto il materiale che aveva raccolto durante la giornata, era tanto e corposo e non aveva ancora scritto nemmeno una scaletta di articolo.
Pose tutti gli appunti e le foto sul tavolo, intorno alla sua macchina da scrivere, si sedette ed ebbe subito chiaro come avrebbe passato le successive ore. Riordinare tutti i fatti, le idee, i suoi spunti ed ottenerne dei pezzi da prima pagina.

Don Luca sentì nuovamente bussare alla sua porta e ormai poteva riconoscere quel timido modo di battere alla sua porta. – “Entra pure Kate…”
La sua cameriera rispose all’invito e senza chiedere come avesse fatto a sapere che fosse lei passò a rivelargli il motivo della sua presenza. – “Mi spiace disturbarla nuovamente ma… c’è una persona per lei…”
Don Luca guardò l’elegante orologio appeso al muro e poi nuovamente Kate. – “Una visita a quest’ora? E di chi si tratta?”
“E’ il tenente Salvatore, ha detto che lei stesso sta aspettando delle informazioni da lui.” – gli rispose la ragazza.
“E meno male che non vogliamo mettere in piazza gli aiuti che ci arrivano dalla polizia… e questo cosa fa? Viene proprio a casa mia! Assurdo! Dài, fallo salire…” – concluse il Don.
Poco dopo giunse nel suo ufficio il tenente.
Don Luca si alzò in piedi e gli indicò i divani in fondo alla sala per farlo accomodare. Una volta che il suo ospite prese posto, si sedette anche lui.
“Dunque Totò, che notizie mi porti?” – chiese senza mezzi termini il Don.
“Avrei voluto portarti un nome ma invece mi ritrovo solo a portarti una pista…” – sembrava alla ricerca delle parole più corrette per impostare il suo discorso – “…stiamo cercando un assassino che presenti le stesse caratteristiche di colui che ha ucciso i suoi picciotti e scavando nel passato abbiamo trovato un precedente caso in cui un occhio sinistro era mancante in una vittima. Si tratta…” – ma le parole di Salvatore furono interrotte.
“Si tratta per caso della famiglia De la Croix?” – gli chiese in modo retorico il Don.
Il tenente rimase stupito a quella domanda. – “Beh, vedo che le informazioni che ero venuto a portarle non sono delle novità per lei.”
“Ho i miei informatori.” – concluse Don Luca.
“Io spero che parlando con lei di questo caso forse si riesca a fare un po’ di luce.” – ammise Salvatore.
L’altro lo guardava incuriosito. – “E in che modo?”
Il tenente sospirò. – “Forse è meglio ricostruire i fatti. Sicuramente già li saprà ma non ci costa nulla spendere due parole in più. Circa un anno fa vennero ritrovati i cadaveri carbonizzati dell’armaiolo Simone De la Croix e di sua moglie Rita fra le macerie della loro casa. Questi due abitavano abbastanza fuori dal centro abitato, quindi non c’era nessun vicino che potesse accorgersi dell’incendio divampato in quella casa e chiamare soccorso. Comunque sia, analizzando i resti della loro abitazione abbiamo verificato che tale armaiolo si teneva fra le proprie mura un bel quantitativo di armi e di esplosivo. Evidentemente qualcosa dev’essere andato storto e da un’esplosione accidentale è saltato tutto. Tuttavia analizzando i corpi carbonizzati abbiamo ritrovato due proiettili, uno nel cranio della donna, probabilmente entrato passando per il suo occhio destro, visto che di questo non ce n’era più traccia. L’altro proiettile era nel torace del marito.
La cosa ci è parsa davvero strana e stavamo conducendo indagini più approfondite fino a quando…” – prese una pausa – “…fino a quando siamo stati obbligati a chiudere il caso.”
Vide negli occhi di Don Luca interesse per quelle sue parole, quindi continuò il suo discorso. – “E secondo lei per volere di chi?” – vide che l’altro scuoteva il capo – “L’indagine è stata chiusa su volere di Don Tommaso. O meglio, per usare termini meno forti, Don Tommaso ha fatto qualche pressione affinché il caso fosse chiuso come un tragico evento dettato dalla malasorte. Ma a questo punto io le chiedo, senza interferire con i desideri del suo padrino, se c’è qualcosa in più che può raccontarmi per farmi capire cosa sia realmente successo.”
Don Luca si alzò in piedi, iniziò a camminare avanti e indietro sul fondo di quella sala. Poi si rivolse al tenente. – “Mi aspetti qui un attimo.”
Purtroppo lui di quella storia non sapeva niente, ma probabilmente c’era chi poteva avere maggiori informazioni. Scese le scale ed entrò in una saletta dov’era presente un telefono e compose il numero di Tony Mancuso.
Dopo veloci saluti, Don Luca chiese al picciotto di raccontargli per filo e per segno quello che sapeva di quella storia.
“Sì… ricordo bene quello che successe. Ai tempi quel figlio di puttana di De la Croix aveva per le mani un ingente quantitativo di nuove armi. Don Tommaso ha provato a prendere accordi con lui ma lui puntava sempre al rialzo cercando di spillargli il doppio del valore. In nostro Padrino quindi decise di prendersi tutto comunque, con le cattive. E così una sera, distraendolo, abbiamo rovistato il suo negozio senza trovare niente. A quel punto siamo andati direttamente a casa sua. Abbiamo fatto stare buona la moglie e abbiamo trovato subito le casse con le armi… peccato che il tizio sia rincasato prima del previsto. Nonostante fossimo circondati da esplosivi l’armaiolo ha iniziato a spararci contro e noi abbiamo risposto al fuoco. Ricordo che c’è stata più di un’esplosione e che la casa ha iniziato ad andare a fuoco. Noi cercavamo di uscirne, lui di entrare per cercare sua moglie. Era come un inferno, fiamme ovunque, pezzi di soffitto che piovevano dall’alto e ancora continue esplosioni. Un muro era stato completamente raso al suolo e ne abbiamo approfittato per uscire da lì. Da dietro di noi però arrivavano ancora dei colpi di pistola. Girandoci si poteva vedere solo fumo e fiamme. Quel bastardo non riuscivamo proprio a vederlo… quando ad un certo punto ricordo di aver visto una persona muoversi. Le ho sparato subito. Ma vidi che mentre quel corpo senza vita stava cascando, il movimento di una folta chioma accompagnava la caduta. Avevo colpito la moglie. Non l’ho fatto apposta ma in quel casino era impossibile distinguerli. Subito dopo nei pressi della sfortunata è comparsa un’altra figura che ci stava sparando. Ho fatto nuovamente centro e ce ne siamo andati. Buona parte delle armi le avevamo già recuperate e nei giorni successivi ci ha pensato in nostro Padrino a far cadere nel dimenticatoio tutta quella questione.”
Don Luca era attonito. Aveva ascoltato tutto il discorso senza mai interrompere e nonostante si aspettasse del marcio in quella storia non si aspettava che le cose potessero essere andate in quel modo.
Non fece nessuna domanda a Tony, lo ringraziò solamente di avergli raccontato tutto, poi appese la cornetta e fece ritorno dal suo ospite.
“Totò… diciamo che in quella faccenda, in qualche modo la mia famiglia vi è implicata. Diciamo anche che grazie a noi è stato impedito che avvenisse un traffico d’armi di grossa entità. Diciamo anche che la morte dei due coniugi non è stata così fortuita…anche se per l’opinione pubblica conviene che resti tutta una tragica fatalità.”
Il tenente continuava a guardarlo ma non aprì bocca.
“Quindi venendo al dunque… forse è una pista percorribile. Qui in città ci sono dei parenti? Avevano figli? Successivamente sono arrivati altri loro parenti dalla Francia?” – fece questa raffica di domande pensando a chi poteva essere collegato alla famiglia De la Croix.
Salvatore si strinse nelle spalle. – “Ai tempi volevamo indagare in merito ma le nostre ali sono state tarpate dalla chiusura dell’indagine. Volevamo proprio verificare chi fossero i parenti più vicini ma abbiamo fatto in tempo solo a verificare se avessero qualche famigliare qui a Crylo, ma non ne avevano. E non avevano nemmeno prole per rispondere all’altra sua domanda.” – dopo pochi istanti riprese – “Se siano o meno arrivati altri parenti al momento non lo so, è un caso che non abbiamo più curato ma credo che un paio di domande all’ufficio immigrazione potrebbero farci avere qualche risposta.”
Don Luca assentiva con il capo.
Fu il tenente a riprendere parola. – “Anche se so che il vecchio caso è stato chiuso e che non va toccato, vorrei avere la possibilità di fare ancora qualche ricerca senza che la sua famiglia mi metta i bastoni fra le ruote…”
Il Don lo interruppe. – “Esatto. Lei deve concentrarsi su questo caso, quello del killer che uccide i miei picciotti, se vuole può trovare analogie dove le pare e fare le ricerche che ritiene più opportune. L’importante è che quell’altro caso chiuso non venga riaperto. Su questo siamo d’accordo?”
Salvatore annuì, poi si alzò in piedi e salutò Don Luca, quello che si dovevano dire era già stato detto.

Ian e Frankie avevano ripetutamente misurato quanto frequentemente passava la ronda e questo avveniva circa ogni cinque minuti. Al loro prossimo passaggio si sarebbero introdotti all’interno dell’edificio passando proprio da quella finestrella presente sul retro della Sala Congressi.
Rimasero in silenzio ad aspettare il sopraggiungere delle due guardie e quando videro che queste erano passate, Ian si gettò sulla finestra scardinandola e si introdusse in quella stanza. Senza troppa fatica aiutò anche Frankie ad entrare. Quest’ultimo si stava già dirigendo verso la porta d’uscita di quella saletta quando l’altro lo fermò tenendolo per un braccio. – “Non usciamo subito, aspettiamo che passino di nuovo, abbiamo bisogno di tutto il tempo che ci possono mettere a disposizione con il loro giro.”
Frankie sbuffò ma alla fine accettò e si mise di lato alla porta ad aspettare il nuovo passaggio della ronda.
Dopo che le due guardie passarono si voltò verso Ian aspettando un suo segnale. L’altro in risposta fece cenno con la mano di attendere. Quando il rumore dei passi fu lontano diede il via libera per uscire.
Iniziarono a percorrere il corridoio lungo il lato opposto a quello dove si trovavano in quel momento le guardie. Si divisero il compito uno aprendo le porte sul lato sinistro, l’altro sul lato destro.
Le prime due porte aperte furono rispettivamente quelle dei bagni. Le due successive erano delle salette per riunioni. Per non far troppo rumore erano costretti a muoversi lentamente e così dovettero procedere con molta calma durante la loro esplorazione. Presto sentirono nuovamente il sopraggiungere dei passi e si tapparono in una saletta per nascondersi.

Le due guardie parlavano tra di loro del più e del meno. Dopo il loro passaggio Frankie fece per avvicinarsi alla porta ma venne nuovamente fermato da Ian. Secondo i suoi calcoli, visto che erano arrivati a metà del corridoio, le due guardie avrebbero impiegato meno tempo per ripassare davanti alla loro porta.
E così fu, dopo poco più di due minuti passarono nuovamente davanti a loro.
Molto bene, ora dovremmo avere sette minuti per finire di esplorare questo corridoio, fu il pensiero che albergava nella testa di Ian. Fece cenno al suo compagno di procedere e continuarono ad esaminare le stanze successive.
Giunti quasi alla fine del corridoio trovarono una porta sulla quale era fissata una targhetta che riportava la scritta ‘Archivio’.
Forse avevano trovato quello che cercavano, con un po’ d’aiuto della dea bendata forse avrebbero potuto completare la loro ricerca in poco tempo.
Senza troppa convinzione Ian provò a fare pressione sulla maniglia per verificare se la porta fosse chiusa a chiave e con suo sommo stupore vide che la porta si apriva.
Con un rapido movimento i due scagnozzi entrarono nella stanza. Ian accese una lampada che era presente sopra una scrivania, poi si tolse la giacca e la mise sul pavimento vicino allo spiraglio sotto la porta per evitare che la luce potesse essere vista dall’esterno. Lo stesso fece Frankie reggendo la sua giacca sopra la parte superiore della porta.
Ian iniziò a vagare per quella stanza: l’archivio sembrava ben ordinato, c’erano tanti armadi che riportavano all’esterno delle targhette che identificavano le date dei documenti contenuti all’interno. Non gli rimaneva da cercare l’armadietto con i fascicoli della giornata e non impiegò molto tempo per trovarlo. Per sua sfortuna però, a differenza della porta di quella stanza, era chiuso a chiave.
Stava già per usare la sua forza per scardinarlo quando vide che Frankie stava richiamando la sua attenzione. – “Psss psss… Ian… stanno tornando!”
Ian corse subito a spegnere la lampada che aveva acceso, dopodiché si posizionò dietro la porta, pronto ad abbatterla con un solo calcio per travolgere le due guardie nel caso ce ne fosse stato il bisogno.
“E adesso che facciamo Ian?” – chiese emozionato Frankie.
“Silenzio!” – fu la risposta secca dello scagnozzo.
“Sì, ma se si accorg….” – non riuscì a terminare la frase, Ian gli aveva tirato un ceffone sul coppino per zittirlo.
Rimasero in silenzio seguendo il sopraggiungere delle due guardie. Stavano ancora discutendo del loro lavoro.
“Aaah ma è un lavoro del cavolo… ogni giorno a passare la serata a fare avanti-indietro per niente…”
“Beh, c’è di peggio e la paga non è male.”
“Cosa vuol dire… e poi ti pare giusto che tocchi sempre a noi a fare la ronda, mentre Leonardo se la spassa nella Hall?”
“E stasera sembra pure che si stia trombando la Mandelli a giudicare dai gemiti che arrivavano dal suo piccolo ufficio…”
“Vedi? Lo dicevo io che è un’ingiustizia…”
“Puoi sempre chiedere di fare cambio di posto di guardia con lui, non si sa mai che così ci scappa anche per te una bottarella alla Lucia!”
“Non dirmelo due volte! Tu ci scherzi ma credo proprio che lo farò e chissà mai che…”
Le due guardie si erano allontanate e non era più possibile sentire le loro parole.
Ian riaccese la luce e continuò nel lavoro che era stato costretto ad interrompere. Sradicò l’anta dell’armadietto e iniziò a spulciarne il contenuto, fino a trovare i documenti datati 21 Maggio. Iniziò a sfogliarli velocemente e presto trovò il fascicolo della riunione avvenuta in mattinata. Sembrava contenere tutto quello che Don Luca stava cercando. Estrasse tutto il contenuto di quella cartelletta e la riempì con documenti presi da un altro fascicolo, poi riappoggiò l’anta dell’armadietto come per chiuderlo, anche se ormai era impossibile riparare quel danno.
Mise sottobraccio i documenti recuperati, spense la luce e fece cenno a Frankie di seguirlo.
“E adesso che facciamo? Dove stiamo andando?” – chiese quest’ultimo.
“Shhh!” – fu la risposta di Ian, immediatamente seguita da un altro schiaffo dietro la nuca del suo compagno.
Uscirono dalla Sala Congressi passando dalla stessa finestrella dalla quale si erano introdotti dopodiché corsero subito alla loro macchina.

In poco tempo i due scagnozzi raggiunsero i cancelli della villa. Velocemente passarono il controllo all’accesso, le loro facce erano ben note alle guardie, e si diressero senza perdere tempo al garage laterale adiacente alla villa.
Una volta parcheggiata la Chrysler chiesero subito di poter avere un’udienza con Don Luca, il quale li ricevette dopo circa una decina di minuti nel suo ufficio.
Com’era già avvenuto le volte precedenti si fece avanti Ian per dare un resoconto dei fatti, ma Frankie era troppo emozionato per rimanere in silenzio ed iniziò a fare i suoi commenti ad alta voce. – “Ha visto? Com’era già successo oggi, lei ci dà una missione e noi gliela risolviamo! E ci abbiamo messo pure poco tempo! Siamo stati bravissimi e velocissimi!”
Con una spinta Ian riportò il suo compagno in secondo piano e con molta meno enfasi iniziò a raccontare al Don tutto quello che era avvenuto alla Sala Congressi.
“Bene Giùan, avete fatto un buon lavoro. Ora consegnami i documenti che avete recuperato, voglio verificare che non siano stati in qualche modo contraffatti…” – fu la risposta del Don.
L’altro gli porse tutto il materiale cartaceo che aveva sottratto all’archivio dopodiché rimase in attesa di un suo giudizio circa la validità di quei documenti.
“Tutto perfetto! Ci sono anche le carte firmate dal nostro Tarano. Era proprio questa la cosa di cui volevo accertarmi. Non sarebbe male averne una copia… ma come fare?” – in realtà Don Luca stava ponendo quella domanda a sé stesso.
Dopo svariati secondi di silenzio fu Frankie a riprendere parola. – “Perché non fa una foto ad ogni singolo foglio di carta? Le va bene come copia?”
Don Luca rimase un attimo a pensarci. Effettivamente non era una cattiva idea. Chiamò Kate e le disse di portare immediatamente lì da lui una macchina fotografica.
Quando la ragazza uscì dalla stanza, il silenzio venne nuovamente rotto dalla voce di Frankie. – “Vede? Lei ha un problema e noi glielo sistemiamo! Le troviamo subito una soluzione!”
Bastò un’occhiataccia di Ian per zittirlo.
Dopo qualche minuto Kate fece ritorno nella stanza, accompagnata da un uomo anziano, Ottavio Storchi, che oltre ad essere il nonno di Riccardo era anche il fotografo ufficiale della famigghia. Che lo fosse diventato con un piccolo aiuto del nipote non c’erano dubbi ma bisognava comunque ammettere che era davvero bravo nel fare il suo lavoro.
“Buon vecchio Ottavio, mi dispiace averti fatto chiamare a quest’ora ma ho bisogno del tuo prezioso aiuto, dovresti scattare alcune foto a questi documenti.” – diceva questo mentre reggeva in mano il pacco di fogli di cui stava parlando. Alle persone presenti non era sfuggita la delicatezza delle parole del Don nei confronti del vecchio fotografo, ma all’infuori dei due interessanti, nessun altro sapeva che Ottavio aveva conosciuto e scherzato con il Don fin da quando questi era ancora un bambino.
Il vecchio Storchi prese la pila di documenti e dispose il primo foglio in una posizione propizia allo scatto, nella quale nessun riflesso di luce avrebbe potuto alterare al buona riuscita della foto. Fece la stessa cosa con tutti gli altri documenti, dopodiché restituì tutto il materiale al Don.

“Ottimo! Ti ringrazio Ottavio… fammi avere le foto sviluppate il prima possibile!” – gli disse Don Luca prima di congedarlo.
Durante tutta quella serie di operazioni i due scagnozzi, per volere del Don, non avevano mai abbandonato quello studio. Quando il fotografo e la cameriera erano usciti, videro che il Don aveva finalmente richiamato la loro attenzione.
“Ora che ho una copia di questi documenti dovete riportarli esattamente dove li avete presi, nessuno deve accorgersi della loro sparizione. Chiaro?” – ordinò il Don.
Entrambi annuirono. – “Ci andiamo subito Don… e nessuno ci noterà, saremo silenziosi come all’andata…” – confermò Ian.
Sul viso di Don Luca apparve un’espressione di approvazione poi con un gesto li congedò.
Frankie e Ian si diressero senza perdere tempo al garage per recuperare quella che ormai era diventata la loro auto e partirono in direzione della Sala Congressi.

Personaggi

Don Orazio Spironi … Padrino di Crylo Don Tommaso Santè … Padrino di Crylo Don Luca Carmelo Santo … Braccio destro di Don Tommaso Tony Mancuso … Picciotto di Don Tommaso Riccardo Storchi … Picciotto di Don Tommaso Pietro Alliata … Picciotto di Don Tommaso Montgomery Solomon … Elettricista del comune Livì Ariette … Cantante e donna di spettacolo Jackie … Insegnante di Arti Marziali e giornalista Ciro Erba … Picciotto di Don Tommaso Tommy Calò … Picciotto di Don Tommaso Kate … Cameriera di Don Luca Giulio Tarano … Funzionario bancario di Nivarro Mario … Tuttofare dipendente de “La Voce di Crylo” Oscar … Capo Redattore de “La Voce di Crylo” Angelo Corleone … Barista e sicario Roberto … Ragazzo che consegna i giornali Nando … Aiutante di Angelo Valente … Rinomato Sarto di Crylo Giuseppe … Poliziotto all’accoglienza della centrale di PoliziaSalvatore … “Maresciallo”, in realtà tenente della Polizia Peter … Poliziotto informatore di Jackie Moschin … Tenente di polizia Livio Marturano … Picciotto di Don Tommaso Tito … Proprietario del Circolo della Botte Giò … Buttafuori del Circolo della Botte Sam … Croupier del Circolo della Botte Gina … Ballerina e intrattenitrice del Circolo della Botte Bruno … Poliziotto che si occupa di identikit Gabriel Novice … Giornalista di “sCRYviLO” Nino … Receptionist dell’Hotel Royal Gustavo Maluccio … Dottore di Crylo Lulù … Cagnetta di Giulio Tarano La spugna … Ubriacone del Circolo della botte Lucia Mandelli … Receptionist della Sala Congressi Mesino … Funzionario Bancario di Crylo Josè Casari … Ricco petroliere Vittorio Capomonte … Segretario Sala Congressi Ian McMoin … Scagnozzo di Don Luca Frankie … Scagnozzo di Don Luca Avv. Galante … Famoso avvocato, parteggia per Spironi Tullio Tumulo … Becchino Raffaella Nimi … Receptionist de ‘Le Torri’, ottimo esempio di omertà Jimmy … Informatore di Angelo Corleone Arturo Casagrande … Direttore amministrativo dell’Ospedale di Crylo Martha Fava … Famosa soubrette di origini italiane Rita De la Croix … Moglie di un armaiolo di Crylo Simone De la Croix … Armaiolo di Crylo Ottavio Storchi … Fotografo al servizio dei Santè



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