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CAPITOLO 9

Si apre una pista

Dal momento che il segretario non era facilmente rintracciabile, Ian e Frankie decisero di concentrarsi sui documenti che Don Luca aveva chiesto loro di recuperare. Data la natura di quegli incartamenti pensarono che molto probabilmente fossero stati portati in comune e decisero di recarsi lì. Non avevano nemmeno molte altre via da seguire, a quell’ora della sera era ancora troppo chiaro per introdursi furtivamente in qualsiasi luogo, che fosse la Sala Congressi o la casa del segretario faceva ben poca differenza.
Parcheggiarono proprio di fronte al comune e mentre scendevano dall’auto chiusero le portiere della Chrysler con molta calma. Da quando avevano a disposizione quel macchinone a loro non dispiaceva affatto prendersi il giusto tempo per vantarsene.
Una volta entrati trovarono subito lo sportello delle informazioni, dove un uomo di una certa età sembrava la persona preposta a rispondere ai quesiti della gente.
“Buona sera buon uomo.” – come oramai era diventata abitudine fu Ian a prendere parola.
“Buona sera a voi. Ci tengo ad avvisarvi che siamo in chiusura… ma come posso esservi utile?” – disse l’anziano.
“Sì, siamo i portaborse di Giulio Tarano… forse il nome non le dirà tanto ma era uno dei partecipanti alla riunione avvenuta in mattinata per decidere i progetti della città che verranno finanziati…” – cercò di spiegare lo scagnozzo.
L’altro inizialmente sembrava spaesato poi annuì: – “Aaah, ho capito di cosa state parlando! Sì, effettivamente il nome non mi dice molto, invece so perfettamente di che riunione mi stava parlando! Evento fondamentale per lo sviluppo e la crescita di Crylo!”
“Bene, ora che abbiamo inquadrato l’argomento passo alla nostra richiesta…” – continuò Ian – “…in pratica avremmo bisogno di ritirare tutte le carte che Tarano dovrà firmare. Sa com’è… è un po’ preso e allora ha mandato noi a ritirare il tutto, poi ci penserà lui a farvi riavere tutti i documenti firmati.”
L’uomo dall’altra parte dello sportello sembrava parecchio dubbioso: – “Capisco… ma quelle carte non sono ancora disponibili! La riunione è avvenuta solo stamattina, è facile che tutti i documenti si trovino ancora nella Sala Congressi.” – si fermò un attimo a riflettere, poi riprese – “Ma non dovete preoccuparvi appena saranno stati preparati il vostro funzionario verrà subito contattato! Sicuramente avrà dovuto lasciare un recapito…”
Ian annuì e mentre lo stava ringraziando per la disponibilità intervenne Frankie che non riusciva più a rimanere in silenzio. – “E il Segretario della Sala Congressi?”
Il vecchio statale non capiva dove l’altro volesse andare a parare. – “Parla del signor Vittorio Capomonte? Che cosa vuole sapere?”
“Dove abita?” – chiese senza troppi peli sulla lingua, mentre Ian per disperazione si stava mettendo una mano sul viso.
“Non credo di poterle dare questo tipo di informazioni e tra l’altro non capisco la vostra necessità di saperlo…” – rispose infastidito.
Ian si pose nuovamente davanti allo sportello per portare l’altro scagnozzo in secondo piano. – “Sì, lo scusi, ha le idee un po’ confuse. Grazie mille per il suo aiuto, arrivederci.” – e dicendo questo trascinò via Frankie, dandogli anche una sberla sul coppino non appena furono fuori dal comune.
“Ma sei impazzito?” – protestò Frankie.
“Ma sei impazzito tu?” – rispose l’altro – “Ti ricordo che dovremmo cercare di non dare nell’occhio…”
“Lo so anch’io ma sapere dove abita Cupafonte può tornarci utile!” – disse l’altro.
“Capomonte! Ooooh… senti, proviamo ad entrare in qualche bar, se ne becchiamo uno che abbia il telefono possiamo cercarlo sulla rubrica. Ok?” – concluse Ian.
L’altro sembrò compiaciuto dall’idea proposta e iniziarono a guardarsi intorno alla ricerca del bar più vicino.

Le foto erano pronte e con cura le stava riponendo in una busta. Erano quasi le sette di sera e Jackie non voleva fare tardi all’appuntamento con Peter in centrale.
Uscì velocemente dalla redazione de “La voce di Crylo” e salì in macchina in direzione del comando di polizia.
Negli ultimi giorni gli era capitato spesso di entrare a quell’ora e, come per le precedenti volte, aveva notato che la situazione era decisamente più tranquilla rispetto al caos che regnava di mattina.
Si diresse dove sapeva di poter trovare Peter e lo trovò abbastanza indaffarato.
“Mah… sei in anticipo! Ti aspettavo tra almeno una mezzora!” – disse il poliziotto.
“Eh, passavo di qua… e poi è meglio non perdere tempo. Ti ho portato qualcosa.” – disse l’orientale mentre porgeva una busta.
L’altro prese la busta, la aperse per esaminarne il contenuto e non riuscì a contenere un’imprecazione. – “Jackie, gli uomini che hanno condotto le indagini oggi non hanno trovato niente di tutto questo…” – ancora esterrefatto continuò – “…ma come…?”
“Basta trovarsi nel posto giusto al momento giusto!” – gli rispose l’altro sorridendo.
Mentre il poliziotto stava ancora riguardando quelle foto l’orientale decise di andare subito al sodo. – “Peter sono contento che tu sia soddisfatto del materiale che ti ho portato, ma se sono venuto qui è perché anche tu dovresti avere delle importanti informazioni per me.” – vide che l’altro annuiva – “Bene… cos’avete scoperto a riguardo degli omicidi dei picciotti?”

L’altro prima di rispondere si fermò qualche istante per raccogliere i pensieri. – “Jackie, mi piacerebbe tanto poterti dare informazioni precise… purtroppo però di certezze non ne abbiamo. Non posso fare altro che dirti tutto ciò che stiamo facendo e le piste che stiamo battendo, poi sarai tu a trarne le tue conclusioni.”
Il giornalista gli fece cenno di continuare.
“Ok. Con il ritrovamento del cadavere di Tommy Calò abbiamo appurato che l’assassino ha un suo modus operandi. Un qualcosa che differenzia le sue uccisioni da tutti gli altri casi che ci possono capitare. Al di là del modo di uccidere che potrebbe anche essere dettato da ciò che la situazione gli rendeva più facile, dopo l’uccisione l’assassino asporta l’occhio destro della vittima.” – fu l’introduzione all’argomento del poliziotto.
“Alla luce di questo modo di agire abbiamo iniziato a ricercare se negli ultimi anni in questa città o nelle città vicine si fossero verificati casi simili.” – prese una pausa – “Ebbene un anno fa, proprio qui a Crylo, ci fu una strana uccisione e una donna venne ritrovata senza il suo occhio destro.”
“Raccontami tutto ciò che sai di questa storia Peter.” – gli disse l’orientale per incoraggiarlo a vuotare il sacco.
“Ecco… come ti dicevo il caso riguardava una strana uccisione… la donna era Rita De la Croix, moglie dell’armaiolo Simone De la Croix. Entrambi francesi, si erano trasferiti a Crylo circa 5 anni fa. Ma sto divagando…” – il poliziotto si concentrò nuovamente – “Un anno fa, una mattina, i corpi dei coniugi De la Croix vennero ritrovati carbonizzati in mezzo ai resti della loro casa. A quanto pare l’armaiolo teneva una buona parte dei suoi armamenti in cantina, qualcosa è andato storto dando il via ad una serie di esplosioni, bloccando in una prigione di fiamme sé stesso e sua moglie. O per lo meno questa è la versione che si voleva fosse data per buona…”
Jackie lo interruppe: – “Cosa intendi dire?”
Il poliziotto prima di rispondere si guardò intorno come per verificare che le sue parole non uscissero da quella conversazione privata. – “Devi sapere che analizzando poi i due cadaveri, la donna è stata trovata priva del suo occhio destro e nel cranio aveva una pallottola. Ma non solo… anche nel corpo di Simone è stata trovata una pallottola più o meno all’altezza del torace.” – si fermò e vide che lo sguardo di Jackie si era fatto più accigliato – “Appunto… strano vero? Questi ritrovamenti complicavano un po’ le cose ma stranamente il caso venne chiuso dopo poco tempo e tutto si risolse con la versione che ti ho presentato prima. Riguardo i due proiettili ritrovati, la versione finale prevedeva che durante le esplosioni i colpi fossero partiti da soli… questo anche perché in mezzo alle macerie vennero ritrovati altri proiettili.
Jackie… io non so se questa pista possa essere utile ma è l’unica che la polizia sta provando a seguire…”
L’orientale annuì: - “Certo Peter, hai fatto bene a raccontarmi tutto… ma ora i corpi dei due coniugi dove sono? Sono stati riportati in Francia?”

L’altro scosse la testa. – “No, li puoi trovare qui a Crylo, al cimitero…campo 3, recinto 4.”
“Avrei ancora una cosa da chiederti…” – disse il giornalista – “…avrei bisogno di una copia dell’identikit che avete preparato sulla base delle mie indicazioni.”
Il poliziotto aveva sottomano il fascicolo del caso ed estrasse prontamente il disegno dell’indiziato. – “Aspettami qui un attimo, devo vedere se c’è ancora bruno, se siamo fortunati te ne faccio fare subito una copia!” – e dicendo questo si allontanò.
Dopo qualche minuto riapparve, consegnando a Jackie la copia che aveva richiesto. – “Ora dovresti avere tutto…”
“Sì Peter, grazie mille, sei stato utilissimo. E ora mi spiace ma devo salutarti, la giornata volge al termine e ho ancora un sacco di cose da fare.” – gli disse l’orientale.
I due si salutarono e il giornalista lasciò il comando di polizia.

Gli occhi erano pesanti e stanchi ma a fatica tentavano di riaprirsi. Non riusciva a ricordare da quanto tempo si trovava in quel dormiveglia e si accorgeva che era ancora molto lontano dal riavere la sua lucidità.
Sentiva di essere solo, sentiva il silenzio, sentiva il proprio respiro, nient’altro.
La vista era ancora appannata e la tenue luce non l’aiutava a capire dove si trovasse. Era disteso, si sentiva bloccato e sentiva un forte calore bruciare nella sua spalla sinistra.
Provò a non pensarci e a concentrarsi sulle sagome che vedeva intorno a lui: pochi mobili, un tavolo bianco con una sedia di metallo, poi più distante anche se non riusciva distinguerne bene i contorni, pareva ci fosse un armadietto.
Continuò a seguire il perimetro e vide una porta, probabilmente in vetro con una tendina riposta davanti. Questa considerazione gli era data dal fatto che fosse la cosa che vedeva meglio in quanto illuminata dall’esterno rispetto al luogo dove si trovava ora.
Il suo sguardo andò avanti lungo il perimetro del raggio di cose a lui visibili e si fermò su di un oggetto alla sua destra. Sembrava una lunga sbarra d’acciaio in piedi accanto a lui. Che fosse un appendiabiti? No… non c’era nessuna giacca appesa… eppure qualcosa vedeva scendere… Quando la sua vista riuscì ad abituarsi a quelle condizioni di luce distinse un tubicino. No, non era un appendiabiti, era una flebo.
Fu in quel momento che Montgomery Solomon capì di trovarsi in una stanza dell’ospedale.

Una mano bussò due volte sul lucido legno di noce dello studio di Don Luca. Questi era seduto alla sua scrivania e svogliatamente rispose di entrare.
La sua espressione cambiò quando vide che a varcare la soglia era Kate. – “Kate… entra… è sempre un piacere poter approfittare della tua compagnia, soprattutto in una giornata come questa…”
La ragazza arrossì ma la sua risposta non lasciava spazio a timidezza. – “Bene, spero allora che potremo migliorare insieme questa giornata. Questo però più tardi… se sono salita è per avvisarla che pochi minuti fa ha fatto un salto qui in villa Riccardo, ha lasciato alle guardie una persona alquanto malconcia e poi è scappato in ospedale dicendo che era di fretta…”
“Coooosa? Riccardo è venuto qui? Lasciando Livio da solo in ospedale? Ma questi sono matti…” – il Don era esterrefatto.
La cameriera si strinse nelle spalle: – “Ora le guardie si stanno chiedendo cosa ne devono fare dell’ospite…”
In un sol movimento Don Luca abbandonò la poltrona della sua scrivania e si ritrovò accanto a Kate. – “Scendiamo, penso di sapere di chi si tratta…”
Quando furono al piano sottostante Don Luca ebbe conferma dei suoi pensieri. Due guardie stavano reggendo in piedi un uomo o molto più probabilmente un ragazzo, i cui lividi e la faccia gonfia e sporca di sangue non permettevano di identificarne precisamente i lineamenti. Quella era la tipica firma di Riccardo quando decideva di non usare le buone maniere.
“Tu devi essere Roberto, il ragazzo che gironzolava oggi per l’ospedale e che era troppo interessato a Tarano… o sbaglio?” – fu la domanda retorica di Don Luca.
Il ragazzo faceva fatica a rispondere o molto più semplicemente faceva proprio fatica a respirare. Facendo un grosso sforzo riuscì a sussurrare: – “Vi ho già detto tutto…”
Il Don annuì. – “Eh sì, so che ti ha mandato lì Angelo Corleone, ma ancora non ne so il motivo. Tu puoi aiutarmi?”
Roberto provò nuovamente a rispondere ma non riuscì a fare altro che deglutire sangue.
In suo aiuto venne Don Luca: - “Cosa vuole Angelo da Tarano? Che cosa gli interessava della sua permanenza in ospedale?”
Il ragazzo stavolta riuscì a rispondere. – “Si preoccupava della sua morte… o meglio, era più preoccupato se questa non fosse avvenuta…” – lo sforzo di una frase così lunga lo portò a tossire ripetutamente fino a quando gli mancarono le forze.
Una delle guardie prese parola: – “Cosa ne dobbiamo fare Don?”
Don Luca lo squadrò: – “Mi pare evidente che abbia bisogno di cure ma l’abbiamo appena portato via dall’ospedale, non mi sembra il caso di riportarlo subito là. Portatelo in una delle nostre stanze per gli ospiti non graditi e chiamate il dottor Gustavo Maluccio.”
Dopo aver dato quelle disposizioni decise di tornare nel suo studio, voleva subito chiamare Livio per accertarsi che Riccardo avesse fatto ritorno in ospedale.
Dovette aspettare qualche istante prima che l’infermiera gli passasse uno dei suoi uomini.
“Livio?” – domandò il Don
“Sì Don Luca, sono io. Di cosa ha bisogno?” – gli rispose il picciotto.
“Volevo assicurarmi che Ricky fosse tornato… è lì con te?” – gli chiese.
“Sì, è tornato pochi minuti fa… è stato un lampo a portarvi in villa quel ragazzo… gli ho fatto pure i miei complimenti, ha guidato quasi più veloce di me!” – commentò divertito.
“Lascia perdere queste stronzate… piuttosto com’è la situazione lì?” – chiese serio Don Luca.
Livio tornò ad essere meno scherzoso e rispose: – “Tutto tranquillo e le condizioni del nostro Tarano sembrano migliorare, sono in ripresa.”
Il Don non sapeva bene se essere contento di quella notizia. Ormai si era coperto le spalle avendo a disposizione un altro Tarano, quello vero, che gli era senz’altro più utile di una versione bloccata in un letto d’ospedale.
Doveva decidere cosa fare e doveva farlo in fretta, così salutò Livio per dedicarsi a questi nuovi pensieri.
Tuttavia non appena riuscì a raggiungere la concentrazione necessaria per affrontare il problema, il suo telefono cominciò a squillare.
“E chi diavolo sarà adesso?” – pensò il Don appena prima di alzare la cornetta.
Dall’altra parte del cavo gli arrivarono i saluti da colui che nella sua testa soprannominava ‘il cinese maledetto’.
“Jackie… come mai ti fai sentire? Pensavo a questo punto di dover davvero leggere il giornale di domani per avere tue notizie…” – replicò il Don con una punta di ironia.
“Ho importanti informazioni riguardo la persona che sta assassinando i suoi uomini…” – fu la risposta dell’orientale.
All’invito di Don Luca di esporgli tutto ciò che sapeva, Jackie gli propose tutto ciò che gli aveva detto Peter.
Il Don si fece spiegare una seconda volta tutto l’accaduto per essere sicuro di non essersi perso nulla. Poi tentò di ricordare se lui fosse mai venuto a sapere qualcosa circa quella vicenda ma presto escluse quell’eventualità. Un anno fa era in Italia, impegnato a tirare i fili di un nuovo e fiorente traffico di alcolici. A Crylo era tornato solo negli ultimi mesi e onestamente non gli era mai importato nulla di informarsi dei gossip cittadini.
“Ok, quindi abbiamo un vecchio caso che ha una similitudine con il killer attuale… è un po’ poco.” – commentò il Don.
“Già, ma al momento c’è solo questo.” – fece una pausa per poi riprendere cambiando argomento – “San Petronio è vicino… ha poi risolto qualcosa riguardo un ospite famoso per la festa?”
L’altro sembrava essersi fermato alla parte iniziale della sua domanda, ovvero a quanto fosse vicino San Petronio e a quel pensiero sentiva ancora la mano di Don Tommaso sulla sua spalla. – “No Jackie, purtroppo non ho più avuto modo di convincere Livì a partecipare…”
“E va beh… non ci sarà mica solo la signorina Ariette al mondo… il tempo stringe, ha pensato a qualche altra alternativa?” – incalzò l’orientale.
L’altro si stupì di non aver mai effettivamente pensato ad altre persone come ospiti per la festa. – “No, ora ho pensieri decisamente più importanti a cui dedicarmi. Ma… sentiamo… visto che siamo in argomento, mi dica lei chi le farebbe piacere vedere al nostro club in quella serata…”
Jackie si fermò a riflettere per qualche istante. – “Beh ci sarebbe quella soubrette di origini italiane, Martha Fava, non sarebbe forse una valida alternativa? Bella, giovane… brava…”
Al Don solamente il fatto che avesse origini italiane faceva guadagnare diversi punti nella sua personale classifica, quindi l’idea proposta dal giornalista non era affatto da disdegnare. – “Ha ragione, non è una cattiva idea. Se fosse possibile ingaggiarla potrebbe essere davvero la persona adatta.”
“Sono contento di averle dato un buon suggerimento, ora la devo salutare devo sbrigare un po’ di faccende.” – concluse l’orientale.
E mentre lo salutava nella testa di Don Luca si fece di nuovo strada il pensiero: ‘riecco il maledetto cinese che si fa i cazzi suoi…’.

Frankie e Ian ebbero modo di girare un paio di bar prima di riuscire ad ottenere l’indirizzo tanto desiderato. Tuttavia appena furono fuori dal locale videro che l’oscurità era già scesa e che il loro primo progetto era diventato fattibile.
“Ian… ma… se ce ne fregassimo di Capocchione e provassimo ad entrare nella Sala Congressi?” – chiese Frankie senza staccare gli occhi dal cielo.
“Capomonte…si chiama Capomonte. Sì, comunque ci avevo pensato anch’io… anche il tizio al comune ci ha detto che i documenti dovrebbero essere ancora là, visto che l’incontro si è svolto questa mattina.” – fu la risposta di Ian.
E facendo altre considerazioni a riguardo, salirono sulla macchina e si diressero nuovamente alla Sala Congressi.
Ian, che era alla guida, decise di parcheggiare nella via parallela dietro la Sala. A piedi controllarono tutto il perimetro dell’edificio. All’esterno non c’erano persone della sicurezza e questa era già una buona cosa.
Trovarono un punto nel retro dell’edificio dal quale per mezzo di una finestrella riuscivano a vedere una stanza e una porzione di un corridoio. Armandosi di pazienza si fermarono ad osservare quel corridoio e videro che ad intervalli regolari due guardie, sempre le stesse, lo percorrevano come se stessero eseguendo una ronda.
Decisero quindi di provare a vedere com’era la situazione nell’entrata principale. Con cautela si spostarono vicino alle porte finestre e poterono scorgere all’interno della hall due figure. Una era la donna con la quale avevano parlato in precedenza, l’altra sembrava essere una guardia. L’impressione che davano è che stessero parlando del più e del meno scherzando fra di loro.
Rimasero un po’ ad osservarli per tentare di capire se anche quella guardia avrebbe preso parte alla ronda invece accade quello che proprio non si sarebbero aspettati. La guardia sembrava avesse iniziato a fare delle avance alla donna, non facendosi problemi ad avvicinarsi, sfiorarla e tirarla a sé. La donna sembrava resistere, ma era palese che quello facesse parte del suo gioco. In pochi istanti le distanze tra di loro vennero annullate.
Frankie sembrava volesse commentare la scena ma fu subito zittito da un’occhiataccia di Ian. Dopodiché videro che la guardia aveva sollevato di peso la donna e se la stava portando via. Se tutto andava com’era facile supporre, quei due per un po’ avrebbero avuto altro da fare e non sarebbero stati un problema per loro.
La porta d’ingresso però era chiusa, quindi fecero ritorno sul retro e iniziarono a contare ogni quanto tempo passava la ronda.

Il telefono di Don Luca squillò ancora.
Era ormai tardi e non si aspettava chiamate a quell’ora, con una certa curiosità sollevò la cornetta. – “Pronto?”
“Saluti Don, sono Riccardo.” – era la voce di Storchi.
“Ciao Ricky… come mai ti fai sentire a quest’ora? E’ successo qualcosa?” – chiese allarmato il Don.
“In un certo senso sì. Qua nel reparto di Tarano c’è stato un po’ di casino… in due stanze abbastanza lontane da lui sono partiti dei segnali di emergenza che nessuno sembra aver attivato. Sì, lo so può sembrare una sciocchezza… però….” – si fermò Riccardo.
“Però cosa?” – incalzò il Don.
“…però mi è sembrato di aver visto Angelo Corleone. Solo per un attimo e mi pare che non appena si è accorto della mia presenza è sparito nel nulla. Magari mi sbaglio ma forse anche quei segnali di emergenza facevano parte di un suo diversivo…” – dopo un attimo di pausa, riprese – “Io e Livio cosa dobbiamo fare?”
Quella domanda cascava a fagiolo. In fondo Don Luca aveva passato tutto il tempo antecedente a quella telefonata proprio pensando a come risolvere la questione dei due Tarano, uno dei quali era ormai di troppo. Aveva tirato le sue conclusioni e la presenza di Corleone in ospedale forse non avrebbe fatto altro che agevolare la soluzione che aveva pensato.
“Riccardo… tu e Livio tornate pure in villa.” – concluse Don Luca.
“Ma… lasciamo quindi il nostro Tarano senza protezione?” – chiese il picciotto.
“Esatto.” – e riappese la cornetta. Con quella parola aveva messo fine al suo rapporto di lavoro con Montgomery e forse anche alla sua vita.

Soddisfatto di esser finalmente riuscito a dare in anteprima delle informazioni a Don Luca che già non sapesse, Jackie stava guidando in direzione di casa sua.
Anche l’idea di Martha Fava era stata ottima e anche se il Don non si era troppo sbilanciato aveva capito di aver fatto centro. E pure lui avrebbe tratto il suo vantaggio… già si vedeva a farle una lunga intervista da pubblicare prima di San Petronio e poi ancora un altro lungo articolo con i commenti del dopo festa.
Questi pensieri lo accompagnarono fino al suo ingresso in casa. Articoli su articoli e anche la sua fama avrebbe aumentato di prestigio.
Ma ora era il caso di concentrarsi su tutto il materiale che aveva raccolto durante la giornata, era tanto e corposo e non aveva ancora scritto nemmeno una scaletta di articolo.
Pose tutti gli appunti e le foto sul tavolo, intorno alla sua macchina da scrivere, si sedette ed ebbe subito chiaro come avrebbe passato le successive ore. Riordinare tutti i fatti, le idee, i suoi spunti ed ottenerne dei pezzi da prima pagina.

Don Luca sentì nuovamente bussare alla sua porta e ormai poteva riconoscere quel timido modo di battere alla sua porta. – “Entra pure Kate…”
La sua cameriera rispose all’invito e senza chiedere come avesse fatto a sapere che fosse lei passò a rivelargli il motivo della sua presenza. – “Mi spiace disturbarla nuovamente ma… c’è una persona per lei…”
Don Luca guardò l’elegante orologio appeso al muro e poi nuovamente Kate. – “Una visita a quest’ora? E di chi si tratta?”
“E’ il tenente Salvatore, ha detto che lei stesso sta aspettando delle informazioni da lui.” – gli rispose la ragazza.
“E meno male che non vogliamo mettere in piazza gli aiuti che ci arrivano dalla polizia… e questo cosa fa? Viene proprio a casa mia! Assurdo! Dài, fallo salire…” – concluse il Don.
Poco dopo giunse nel suo ufficio il tenente.
Don Luca si alzò in piedi e gli indicò i divani in fondo alla sala per farlo accomodare. Una volta che il suo ospite prese posto, si sedette anche lui.
“Dunque Totò, che notizie mi porti?” – chiese senza mezzi termini il Don.
“Avrei voluto portarti un nome ma invece mi ritrovo solo a portarti una pista…” – sembrava alla ricerca delle parole più corrette per impostare il suo discorso – “…stiamo cercando un assassino che presenti le stesse caratteristiche di colui che ha ucciso i suoi picciotti e scavando nel passato abbiamo trovato un precedente caso in cui un occhio sinistro era mancante in una vittima. Si tratta…” – ma le parole di Salvatore furono interrotte.
“Si tratta per caso della famiglia De la Croix?” – gli chiese in modo retorico il Don.
Il tenente rimase stupito a quella domanda. – “Beh, vedo che le informazioni che ero venuto a portarle non sono delle novità per lei.”
“Ho i miei informatori.” – concluse Don Luca.
“Io spero che parlando con lei di questo caso forse si riesca a fare un po’ di luce.” – ammise Salvatore.
L’altro lo guardava incuriosito. – “E in che modo?”
Il tenente sospirò. – “Forse è meglio ricostruire i fatti. Sicuramente già li saprà ma non ci costa nulla spendere due parole in più. Circa un anno fa vennero ritrovati i cadaveri carbonizzati dell’armaiolo Simone De la Croix e di sua moglie Rita fra le macerie della loro casa. Questi due abitavano abbastanza fuori dal centro abitato, quindi non c’era nessun vicino che potesse accorgersi dell’incendio divampato in quella casa e chiamare soccorso. Comunque sia, analizzando i resti della loro abitazione abbiamo verificato che tale armaiolo si teneva fra le proprie mura un bel quantitativo di armi e di esplosivo. Evidentemente qualcosa dev’essere andato storto e da un’esplosione accidentale è saltato tutto. Tuttavia analizzando i corpi carbonizzati abbiamo ritrovato due proiettili, uno nel cranio della donna, probabilmente entrato passando per il suo occhio destro, visto che di questo non ce n’era più traccia. L’altro proiettile era nel torace del marito.
La cosa ci è parsa davvero strana e stavamo conducendo indagini più approfondite fino a quando…” – prese una pausa – “…fino a quando siamo stati obbligati a chiudere il caso.”
Vide negli occhi di Don Luca interesse per quelle sue parole, quindi continuò il suo discorso. – “E secondo lei per volere di chi?” – vide che l’altro scuoteva il capo – “L’indagine è stata chiusa su volere di Don Tommaso. O meglio, per usare termini meno forti, Don Tommaso ha fatto qualche pressione affinché il caso fosse chiuso come un tragico evento dettato dalla malasorte. Ma a questo punto io le chiedo, senza interferire con i desideri del suo padrino, se c’è qualcosa in più che può raccontarmi per farmi capire cosa sia realmente successo.”
Don Luca si alzò in piedi, iniziò a camminare avanti e indietro sul fondo di quella sala. Poi si rivolse al tenente. – “Mi aspetti qui un attimo.”
Purtroppo lui di quella storia non sapeva niente, ma probabilmente c’era chi poteva avere maggiori informazioni. Scese le scale ed entrò in una saletta dov’era presente un telefono e compose il numero di Tony Mancuso.
Dopo veloci saluti, Don Luca chiese al picciotto di raccontargli per filo e per segno quello che sapeva di quella storia.
“Sì… ricordo bene quello che successe. Ai tempi quel figlio di puttana di De la Croix aveva per le mani un ingente quantitativo di nuove armi. Don Tommaso ha provato a prendere accordi con lui ma lui puntava sempre al rialzo cercando di spillargli il doppio del valore. In nostro Padrino quindi decise di prendersi tutto comunque, con le cattive. E così una sera, distraendolo, abbiamo rovistato il suo negozio senza trovare niente. A quel punto siamo andati direttamente a casa sua. Abbiamo fatto stare buona la moglie e abbiamo trovato subito le casse con le armi… peccato che il tizio sia rincasato prima del previsto. Nonostante fossimo circondati da esplosivi l’armaiolo ha iniziato a spararci contro e noi abbiamo risposto al fuoco. Ricordo che c’è stata più di un’esplosione e che la casa ha iniziato ad andare a fuoco. Noi cercavamo di uscirne, lui di entrare per cercare sua moglie. Era come un inferno, fiamme ovunque, pezzi di soffitto che piovevano dall’alto e ancora continue esplosioni. Un muro era stato completamente raso al suolo e ne abbiamo approfittato per uscire da lì. Da dietro di noi però arrivavano ancora dei colpi di pistola. Girandoci si poteva vedere solo fumo e fiamme. Quel bastardo non riuscivamo proprio a vederlo… quando ad un certo punto ricordo di aver visto una persona muoversi. Le ho sparato subito. Ma vidi che mentre quel corpo senza vita stava cascando, il movimento di una folta chioma accompagnava la caduta. Avevo colpito la moglie. Non l’ho fatto apposta ma in quel casino era impossibile distinguerli. Subito dopo nei pressi della sfortunata è comparsa un’altra figura che ci stava sparando. Ho fatto nuovamente centro e ce ne siamo andati. Buona parte delle armi le avevamo già recuperate e nei giorni successivi ci ha pensato in nostro Padrino a far cadere nel dimenticatoio tutta quella questione.”
Don Luca era attonito. Aveva ascoltato tutto il discorso senza mai interrompere e nonostante si aspettasse del marcio in quella storia non si aspettava che le cose potessero essere andate in quel modo.
Non fece nessuna domanda a Tony, lo ringraziò solamente di avergli raccontato tutto, poi appese la cornetta e fece ritorno dal suo ospite.
“Totò… diciamo che in quella faccenda, in qualche modo la mia famiglia vi è implicata. Diciamo anche che grazie a noi è stato impedito che avvenisse un traffico d’armi di grossa entità. Diciamo anche che la morte dei due coniugi non è stata così fortuita…anche se per l’opinione pubblica conviene che resti tutta una tragica fatalità.”
Il tenente continuava a guardarlo ma non aprì bocca.
“Quindi venendo al dunque… forse è una pista percorribile. Qui in città ci sono dei parenti? Avevano figli? Successivamente sono arrivati altri loro parenti dalla Francia?” – fece questa raffica di domande pensando a chi poteva essere collegato alla famiglia De la Croix.
Salvatore si strinse nelle spalle. – “Ai tempi volevamo indagare in merito ma le nostre ali sono state tarpate dalla chiusura dell’indagine. Volevamo proprio verificare chi fossero i parenti più vicini ma abbiamo fatto in tempo solo a verificare se avessero qualche famigliare qui a Crylo, ma non ne avevano. E non avevano nemmeno prole per rispondere all’altra sua domanda.” – dopo pochi istanti riprese – “Se siano o meno arrivati altri parenti al momento non lo so, è un caso che non abbiamo più curato ma credo che un paio di domande all’ufficio immigrazione potrebbero farci avere qualche risposta.”
Don Luca assentiva con il capo.
Fu il tenente a riprendere parola. – “Anche se so che il vecchio caso è stato chiuso e che non va toccato, vorrei avere la possibilità di fare ancora qualche ricerca senza che la sua famiglia mi metta i bastoni fra le ruote…”
Il Don lo interruppe. – “Esatto. Lei deve concentrarsi su questo caso, quello del killer che uccide i miei picciotti, se vuole può trovare analogie dove le pare e fare le ricerche che ritiene più opportune. L’importante è che quell’altro caso chiuso non venga riaperto. Su questo siamo d’accordo?”
Salvatore annuì, poi si alzò in piedi e salutò Don Luca, quello che si dovevano dire era già stato detto.

Ian e Frankie avevano ripetutamente misurato quanto frequentemente passava la ronda e questo avveniva circa ogni cinque minuti. Al loro prossimo passaggio si sarebbero introdotti all’interno dell’edificio passando proprio da quella finestrella presente sul retro della Sala Congressi.
Rimasero in silenzio ad aspettare il sopraggiungere delle due guardie e quando videro che queste erano passate, Ian si gettò sulla finestra scardinandola e si introdusse in quella stanza. Senza troppa fatica aiutò anche Frankie ad entrare. Quest’ultimo si stava già dirigendo verso la porta d’uscita di quella saletta quando l’altro lo fermò tenendolo per un braccio. – “Non usciamo subito, aspettiamo che passino di nuovo, abbiamo bisogno di tutto il tempo che ci possono mettere a disposizione con il loro giro.”
Frankie sbuffò ma alla fine accettò e si mise di lato alla porta ad aspettare il nuovo passaggio della ronda.
Dopo che le due guardie passarono si voltò verso Ian aspettando un suo segnale. L’altro in risposta fece cenno con la mano di attendere. Quando il rumore dei passi fu lontano diede il via libera per uscire.
Iniziarono a percorrere il corridoio lungo il lato opposto a quello dove si trovavano in quel momento le guardie. Si divisero il compito uno aprendo le porte sul lato sinistro, l’altro sul lato destro.
Le prime due porte aperte furono rispettivamente quelle dei bagni. Le due successive erano delle salette per riunioni. Per non far troppo rumore erano costretti a muoversi lentamente e così dovettero procedere con molta calma durante la loro esplorazione. Presto sentirono nuovamente il sopraggiungere dei passi e si tapparono in una saletta per nascondersi.

Le due guardie parlavano tra di loro del più e del meno. Dopo il loro passaggio Frankie fece per avvicinarsi alla porta ma venne nuovamente fermato da Ian. Secondo i suoi calcoli, visto che erano arrivati a metà del corridoio, le due guardie avrebbero impiegato meno tempo per ripassare davanti alla loro porta.
E così fu, dopo poco più di due minuti passarono nuovamente davanti a loro.
Molto bene, ora dovremmo avere sette minuti per finire di esplorare questo corridoio, fu il pensiero che albergava nella testa di Ian. Fece cenno al suo compagno di procedere e continuarono ad esaminare le stanze successive.
Giunti quasi alla fine del corridoio trovarono una porta sulla quale era fissata una targhetta che riportava la scritta ‘Archivio’.
Forse avevano trovato quello che cercavano, con un po’ d’aiuto della dea bendata forse avrebbero potuto completare la loro ricerca in poco tempo.
Senza troppa convinzione Ian provò a fare pressione sulla maniglia per verificare se la porta fosse chiusa a chiave e con suo sommo stupore vide che la porta si apriva.
Con un rapido movimento i due scagnozzi entrarono nella stanza. Ian accese una lampada che era presente sopra una scrivania, poi si tolse la giacca e la mise sul pavimento vicino allo spiraglio sotto la porta per evitare che la luce potesse essere vista dall’esterno. Lo stesso fece Frankie reggendo la sua giacca sopra la parte superiore della porta.
Ian iniziò a vagare per quella stanza: l’archivio sembrava ben ordinato, c’erano tanti armadi che riportavano all’esterno delle targhette che identificavano le date dei documenti contenuti all’interno. Non gli rimaneva da cercare l’armadietto con i fascicoli della giornata e non impiegò molto tempo per trovarlo. Per sua sfortuna però, a differenza della porta di quella stanza, era chiuso a chiave.
Stava già per usare la sua forza per scardinarlo quando vide che Frankie stava richiamando la sua attenzione. – “Psss psss… Ian… stanno tornando!”
Ian corse subito a spegnere la lampada che aveva acceso, dopodiché si posizionò dietro la porta, pronto ad abbatterla con un solo calcio per travolgere le due guardie nel caso ce ne fosse stato il bisogno.
“E adesso che facciamo Ian?” – chiese emozionato Frankie.
“Silenzio!” – fu la risposta secca dello scagnozzo.
“Sì, ma se si accorg….” – non riuscì a terminare la frase, Ian gli aveva tirato un ceffone sul coppino per zittirlo.
Rimasero in silenzio seguendo il sopraggiungere delle due guardie. Stavano ancora discutendo del loro lavoro.
“Aaah ma è un lavoro del cavolo… ogni giorno a passare la serata a fare avanti-indietro per niente…”
“Beh, c’è di peggio e la paga non è male.”
“Cosa vuol dire… e poi ti pare giusto che tocchi sempre a noi a fare la ronda, mentre Leonardo se la spassa nella Hall?”
“E stasera sembra pure che si stia trombando la Mandelli a giudicare dai gemiti che arrivavano dal suo piccolo ufficio…”
“Vedi? Lo dicevo io che è un’ingiustizia…”
“Puoi sempre chiedere di fare cambio di posto di guardia con lui, non si sa mai che così ci scappa anche per te una bottarella alla Lucia!”
“Non dirmelo due volte! Tu ci scherzi ma credo proprio che lo farò e chissà mai che…”
Le due guardie si erano allontanate e non era più possibile sentire le loro parole.
Ian riaccese la luce e continuò nel lavoro che era stato costretto ad interrompere. Sradicò l’anta dell’armadietto e iniziò a spulciarne il contenuto, fino a trovare i documenti datati 21 Maggio. Iniziò a sfogliarli velocemente e presto trovò il fascicolo della riunione avvenuta in mattinata. Sembrava contenere tutto quello che Don Luca stava cercando. Estrasse tutto il contenuto di quella cartelletta e la riempì con documenti presi da un altro fascicolo, poi riappoggiò l’anta dell’armadietto come per chiuderlo, anche se ormai era impossibile riparare quel danno.
Mise sottobraccio i documenti recuperati, spense la luce e fece cenno a Frankie di seguirlo.
“E adesso che facciamo? Dove stiamo andando?” – chiese quest’ultimo.
“Shhh!” – fu la risposta di Ian, immediatamente seguita da un altro schiaffo dietro la nuca del suo compagno.
Uscirono dalla Sala Congressi passando dalla stessa finestrella dalla quale si erano introdotti dopodiché corsero subito alla loro macchina.

In poco tempo i due scagnozzi raggiunsero i cancelli della villa. Velocemente passarono il controllo all’accesso, le loro facce erano ben note alle guardie, e si diressero senza perdere tempo al garage laterale adiacente alla villa.
Una volta parcheggiata la Chrysler chiesero subito di poter avere un’udienza con Don Luca, il quale li ricevette dopo circa una decina di minuti nel suo ufficio.
Com’era già avvenuto le volte precedenti si fece avanti Ian per dare un resoconto dei fatti, ma Frankie era troppo emozionato per rimanere in silenzio ed iniziò a fare i suoi commenti ad alta voce. – “Ha visto? Com’era già successo oggi, lei ci dà una missione e noi gliela risolviamo! E ci abbiamo messo pure poco tempo! Siamo stati bravissimi e velocissimi!”
Con una spinta Ian riportò il suo compagno in secondo piano e con molta meno enfasi iniziò a raccontare al Don tutto quello che era avvenuto alla Sala Congressi.
“Bene Giùan, avete fatto un buon lavoro. Ora consegnami i documenti che avete recuperato, voglio verificare che non siano stati in qualche modo contraffatti…” – fu la risposta del Don.
L’altro gli porse tutto il materiale cartaceo che aveva sottratto all’archivio dopodiché rimase in attesa di un suo giudizio circa la validità di quei documenti.
“Tutto perfetto! Ci sono anche le carte firmate dal nostro Tarano. Era proprio questa la cosa di cui volevo accertarmi. Non sarebbe male averne una copia… ma come fare?” – in realtà Don Luca stava ponendo quella domanda a sé stesso.
Dopo svariati secondi di silenzio fu Frankie a riprendere parola. – “Perché non fa una foto ad ogni singolo foglio di carta? Le va bene come copia?”
Don Luca rimase un attimo a pensarci. Effettivamente non era una cattiva idea. Chiamò Kate e le disse di portare immediatamente lì da lui una macchina fotografica.
Quando la ragazza uscì dalla stanza, il silenzio venne nuovamente rotto dalla voce di Frankie. – “Vede? Lei ha un problema e noi glielo sistemiamo! Le troviamo subito una soluzione!”
Bastò un’occhiataccia di Ian per zittirlo.
Dopo qualche minuto Kate fece ritorno nella stanza, accompagnata da un uomo anziano, Ottavio Storchi, che oltre ad essere il nonno di Riccardo era anche il fotografo ufficiale della famigghia. Che lo fosse diventato con un piccolo aiuto del nipote non c’erano dubbi ma bisognava comunque ammettere che era davvero bravo nel fare il suo lavoro.
“Buon vecchio Ottavio, mi dispiace averti fatto chiamare a quest’ora ma ho bisogno del tuo prezioso aiuto, dovresti scattare alcune foto a questi documenti.” – diceva questo mentre reggeva in mano il pacco di fogli di cui stava parlando. Alle persone presenti non era sfuggita la delicatezza delle parole del Don nei confronti del vecchio fotografo, ma all’infuori dei due interessanti, nessun altro sapeva che Ottavio aveva conosciuto e scherzato con il Don fin da quando questi era ancora un bambino.
Il vecchio Storchi prese la pila di documenti e dispose il primo foglio in una posizione propizia allo scatto, nella quale nessun riflesso di luce avrebbe potuto alterare al buona riuscita della foto. Fece la stessa cosa con tutti gli altri documenti, dopodiché restituì tutto il materiale al Don.

“Ottimo! Ti ringrazio Ottavio… fammi avere le foto sviluppate il prima possibile!” – gli disse Don Luca prima di congedarlo.
Durante tutta quella serie di operazioni i due scagnozzi, per volere del Don, non avevano mai abbandonato quello studio. Quando il fotografo e la cameriera erano usciti, videro che il Don aveva finalmente richiamato la loro attenzione.
“Ora che ho una copia di questi documenti dovete riportarli esattamente dove li avete presi, nessuno deve accorgersi della loro sparizione. Chiaro?” – ordinò il Don.
Entrambi annuirono. – “Ci andiamo subito Don… e nessuno ci noterà, saremo silenziosi come all’andata…” – confermò Ian.
Sul viso di Don Luca apparve un’espressione di approvazione poi con un gesto li congedò.
Frankie e Ian si diressero senza perdere tempo al garage per recuperare quella che ormai era diventata la loro auto e partirono in direzione della Sala Congressi.

Personaggi

Don Orazio Spironi … Padrino di Crylo
Don Tommaso Santè … Padrino di Crylo
Don Luca Carmelo Santo … Braccio destro di Don Tommaso
Tony Mancuso … Picciotto di Don Tommaso
Riccardo Storchi … Picciotto di Don Tommaso
Pietro Alliata … Picciotto di Don Tommaso
Montgomery Solomon … Elettricista del comune
Livì Ariette … Cantante e donna di spettacolo
Jackie … Insegnante di Arti Marziali e giornalista
Ciro Erba … Picciotto di Don Tommaso
Tommy Calò … Picciotto di Don Tommaso
Kate … Cameriera di Don Luca
Giulio Tarano … Funzionario bancario di Nivarro
Mario … Tuttofare dipendente de “La Voce di Crylo”
Oscar … Capo Redattore de “La Voce di Crylo”
Angelo Corleone … Barista e sicario
Roberto … Ragazzo che consegna i giornali
Nando … Aiutante di Angelo
Valente … Rinomato Sarto di Crylo
Giuseppe … Poliziotto all’accoglienza della centrale di Polizia
Salvatore … “Maresciallo”, in realtà tenente della Polizia
Peter … Poliziotto informatore di Jackie
Moschin … Tenente di polizia
Livio Marturano … Picciotto di Don Tommaso
Tito … Proprietario del Circolo della Botte
Giò … Buttafuori del Circolo della Botte
Sam … Croupier del Circolo della Botte
Gina … Ballerina e intrattenitrice del Circolo della Botte
Bruno … Poliziotto che si occupa di identikit
Gabriel Novice … Giornalista di “sCRYviLO”
Nino … Receptionist dell’Hotel Royal
Gustavo Maluccio … Dottore di Crylo
Lulù … Cagnetta di Giulio Tarano
La spugna … Ubriacone del Circolo della botte
Lucia Mandelli … Receptionist della Sala Congressi
Mesino … Funzionario Bancario di Crylo
Josè Casari … Ricco petroliere
Vittorio Capomonte … Segretario Sala Congressi
Ian McMoin … Scagnozzo di Don Luca
Frankie … Scagnozzo di Don Luca
Avv. Galante … Famoso avvocato, parteggia per Spironi
Tullio Tumulo … Becchino
Raffaella Nimi … Receptionist de ‘Le Torri’, ottimo esempio di omertà
Jimmy … Informatore di Angelo Corleone
Arturo Casagrande … Direttore amministrativo dell’Ospedale di Crylo
Martha Fava … Famosa soubrette di origini italiane
Rita De la Croix … Moglie di un armaiolo di Crylo
Simone De la Croix … Armaiolo di Crylo
Ottavio Storchi … Fotografo al servizio dei Santè



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