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CAPITOLO 4

Caccia all'uomo

Jackie raggiunse nuovamente Mario nel salone principale del suo giornale.
“Come vedi è andato tutto bene! Sono ancora vivo… te lo dicevo che non c’era da preoccuparsi!” – commentò l’orientale in modo trionfale. L’altro ragazzo era esterrefatto. – “Non so cosa tu possa avergli detto ma di certo devi essere stato convincente… se tu l’avessi visto com’era stamattina! E tutte le volte che chiedeva di te, se avevi telefonato… se avevi mandato uno straccio di articolo. E ad ogni risposta negativa seguivano tante di quelle imprecazioni…“
“Gli ho solamente dimostrato che ero stato impegnato nello scrivere un articolo degno di questo nome.” – lo disse con orgoglio malcelato.
L’altro ragazzo non sapeva esattamente come rispondergli e riprese a smistare la posta. “Mario, mentre ero impegnato con le ricerche, è successo qualcosa di rilevante? Non so qualche nuova pista da seguire sul caso…” – chiese Jackie.
L’altro gli rispose: - “Su questo caso proprio no… però qualcosa è successo! Ah se è successo!” e vide che nell’altro si stava già infondendo parecchia curiosità.
“Ebbene?” – chiese nuovamente l’orientale.
“Oggi in via Pellegrini è avvenuta una sparatoria! E in pieno pomeriggio! Ci sono stati due morti, invece il loro assassino è riuscito a fuggire!” – riassunse Mario.
“Ma si sa qualcosa circa l’identità delle due vittime?” – incalzò l’orientale.
“Sì, uno dei due era Gabriel Novice, un reporter dello sCRYviLO. Tu non te lo ricorderai, ma una volta era pure passato di qui a lasciarci il suo curriculum. Che tristezza… ormai viviamo in un mondo dove anche gente onesta come noi rischia la vita anche solamente a passeggiare in centro città in pieno pomeriggio… è uno schifo.” – lo disse assumendo un tono sinceramente amareggiato.
Jackie annuì. – “Hai proprio ragione… e starei qui per ore a parlarne con te ma se non vogliamo ripetere la brutta figura che abbiamo fatto stamattina, credo mi convenga recarmi subito sul posto per recuperare qualche informazione.”
“Sì capisco… cerca solo di stare attento… non è stato ancora beccato chi li ha accoppati.” – gli disse Mario preoccupato.
“Come sempre!” ed esibendo un sorriso capì si diresse verso l’uscita del giornale. Angelo Corleone, a bordo del macinino del suo assistente Nando arrivò ai cancelli della villa di Don Tommaso.
Lo fecero entrare ed all’ingresso lo perquisirono dalla testa ai piedi, senza però trovare alcuna arma. Angelo era un po’ preoccupato perché sapeva di essere arrivato in ritardo, ma a sentire le parole degli uomini della villa capì subito che la persona che l’aveva chiamato era ancora più in ritardo di lui.
Venne fatto accomodare in una saletta con alcuni divani. Vide che fuori dalla stanza c’era una persona che lo teneva d’occhio. Ben più gradita era invece la visione della cameriera che gli si era avvicinata per sapere se aveva piacere di bere qualcosa durante la sua attesa.
Accettò l’offerta e iniziò a fare complimenti alla bella fanciulla, sottolineando il fatto che in quella casa era un po’ sprecata. – “Una ragazza dotata della tua bellezza dovrebbe valorizzarla maggiormente… mostrandola nei posti che contano. Saprei io farti diventare famosa e farti esibire dove tutti non sarebbero in grado di staccarti gli occhi di dosso nemmeno per un secondo!”
La ragazza arrossì, le parole di Angelo la stavano toccando nella sua vanità ed era incuriosita da quella possibilità di successo che il ragazzo le stava prospettando. – “Lei dice?
Ma… non saprei, in fondo ci sono tante belle donne… ma se lei davvero ci crede…” – era emozionata – ”…e dove vorrebbe farmi esibire? Al Club Apollo? O al Club del Giglio?” Angelo abbassò lo sguardo. – “Ehm, veramente io pensavo in un altro locale che si trova nella parte nord di Crylo… non so se lo conosce… si chiama ‘Da Angelo’…“
L’espressione della ragazza mutò in un istante. Le braccia si afflosciarono lungo i fianchi e arricciando il naso aggiunse: – “Ah… QUEL posto…” – scosse la testa al solo pensiero – ”…no grazie. Davvero… sto bene qui.” – e lasciò la stanza senza proferire altra parola. Per lo meno udibile da Angelo, il quale altrimenti avrebbe sentito che la ragazza lo invitava a prendere in considerazione sua madre e sua sorella per quel fantastico posto.
Nella stanza 312 dell’Hotel Royal il tempo sembrava non passare mai. I due picciotti erano abbastanza annoiati in quel loro compito da cane da guardia. Montgomery invece per distrarsi aveva cominciato ad esibirsi in alcuni suoi numeri di luminescenza con i pochi materiali che aveva recuperato in camera.
Se non fosse suonato il telefono avrebbe potuto continuare in quel modo molto a lungo. Montgomery sollevò la cornetta, tossì e rispose: - “Pronto?”
Era ancora Nino. – “Sì, mi scusi se la disturbo nuovamente ma in linea ho sua moglie che desidera parlarle.” – e dicendo questo gli passò la comunicazione.
“Amoooore? Caro? Ci sei?” – fu la raffica di parole che Montgomery sentì non appena Nino aveva agganciato.
“Coff coff… eeehh… sì cara… coff coff…” – poi simulando con la voce qualche disturbo sulla linea, riappese la cornetta.
Senza perdere tempo chiamò il receptionist. – “Sì, sono Tarano… coff. Dev’essere caduta la linea con mia moglie. Comunque io mi sto mettendo a letto per curarmi un po’ da questa brutta influenza. La pregherei di evitare di passarmi qualsiasi telefonata… coff coff.
Siamo d’accordo? Grazie.”

Nino rispose che non c’erano problemi e lo invitò ad avere cura della sua salute.
Montgomery guardò gli altri picciotti in cerca di approvazione per la bella mossa che aveva escogitato per evitare eventuali seccatori. Solo Livio gli fece un cenno di assenso, Riccardo continuava a guardare fuori dalla finestra. Tuttavia il telefono riprese a suonare. – “Coff coff… pronto? Pensavo di essere stato chiaro…“
Il receptionist sembrava un po’ imbarazzato. – “Sì, mi scusi se ho disatteso le sue indicazioni ma ho ancora al telefono sua moglie… dice che le deve assolutamente parlare, che è una cosa urgente.”
“Eh va bene…” – rispose sospirando Montgomery.
La voce squillante della moglie fece di nuovo capolino dall’altra parte dell’apparecchio. – “Amore, ma cosa è successo? Non ti sentivo più…” “Coff coff… problemi sulla linea… coff…” – il ragazzo cercava di parlare il meno possibile.
“Ma… tesoro… ma ti è venuta una voce bruttissima! E che tosse poi… stamattina quando ci siamo salutati stavi benissimo…” – riprese la moglie.
“Eeeh… colpa del viaggio in treno… coff coff… sarà stato qualche spiffero o qualche finestrino aperto…” – cercò di giustificare Montgomery.
“Beh tu curati… mi raccomando. Ah… ti ho chiamato per una cosa molto importante… è successa una cosa gravissima! Non so bene come sia possibile… ma da quando sei partito Lulù non mangia più!” – gli disse la donna.
Quelle parole al ragazzo sembravano più un pezzo di una brutta canzone o di un brutto spot. Si fermò un attimo a riflettere. E chi era questa Lulù? Figlie non ne aveva… Nella sua testa iniziò a prender forma una strana idea. Vuoi vedere che questa pazza sta parlando di un cane?
Purtroppo dopo poco ne ebbe la conferma. – “Caro, sente troppo la tua mancanza… sono preoccupata… parlale un attimino… così solo per confortarla…” – continuò la moglie. E dopo qualche secondo sentì dall’altra parte un cane abbaiare. – “Su Lulù… fa la brava… che tra pochi giorni sarò a casa…“
Dall’altra parte l’animale, non riconoscendo la voce del proprio padrone, cominciò a ringhiare. Prima di complicarsi troppo la vita salutò le due forme di vita dall’altra parte del filo, senza capire quale delle due potesse essere la più intelligente, e riappese la cornetta.
Quando sollevò lo sguardo vide che i due picciotti lo stavano guardando attoniti di fronte a quel siparietto. Tommy e Jackie furono costretti a parcheggiare abbastanza distanti dal luogo dell’omicidio. Nonostante l’accaduto la gente era tornata a percorrere via Pellegrini, chi per necessità, chi per pura curiosità. I poliziotti presenti erano riusciti a bloccare il traffico delle automobili e ad isolare il tratto di strada nel quale era avvenuta la sparatoria. L’orientale non sembrava preoccuparsi di tutto quel dispiegamento di uomini: si avvicinò all’area critica e venne fermato da un agente.
“Lavoro per la Voce di Crylo, devo scattare qualche foto per l’edizione di domani.” – si giustifico Jackie, mostrando poi il suo patentino.
L’altro verificò il documento dopodiché lo condusse ad una ventina di metri, dove per terra si trovavano ancora i corpi delle due vittime. Nulla era stato toccato. Poco distante da uno dei due corpi era presente una pistola.
La causa della morte dei due uomini era piuttosto evidente: entrambi avevano ricevuto per lo meno una pallottola nello stomaco. Avevano gli occhi sbarrati e le due salme si trovavano vicine. Chi li aveva uccisi li aveva colti di sprovvista e doveva essere stato molto veloce.
“Per la grande muraglia cinese…” – esclamò Jackie vedendo quella scena. Poi non perse tempo e cominciò a scattare foto ad ogni singolo dettaglio che catturasse la sua attenzione.
Quando si ritenne soddisfatto del materiale che si era procurato decise che poteva approfittare dell’occasione anche per fare qualche domanda in giro.
Si guardò intorno e vide che molti negozi quel giorno avevano chiuso anzitempo. Però a pochi metri dal luogo del delitto c’era una bancarella di un fruttivendolo, con un vecchio che sembrava parecchio scosso.
Gli si avvicinò. – “Mi scusi… sono un giornalista…“
L’altro lo guardò di sfuggita, inizialmente sembrava volesse ignorarlo, poi si fece coraggio e gli rispose. – “Dimmi ragazzo…“
L’orientale cercò di avere tatto nell’affrontare l’argomento. – “Mi dispiace disturbarla… posso ben immaginare che non sia una giornata facile per lei… avrà visto cose terribili…” L’altro annuì.
“Bene… spero di non procurarle dispiacere se le chiedo di raccontarmi se ha visto o sentito qualcosa…” – disse Jackie che non voleva più girare tanto intorno all’argomento.
“Quattro colpi di pistola.” – disse questo con lo sguardo fisso nel vuoto, poi dopo una pausa riprese – “Alzai subito la testa e mi voltai in direzione degli spari… e vidi tutto.” “Lei quindi ha assistito a tutta la sparatoria?” – chiese l’orientale che non si aspettava tanta fortuna.
“Ebbene sì… anche se è stato tutto così veloce. I primi tre spari erano vicinissimi tra di loro… poi vidi il ragazzo che aveva fatto la carneficina infierire con un altro colpo… poi si è chinato per raccogliere qualcosa ed è fuggito via.” – rispose il vecchio fruttivendolo.
“Sarebbe in grado di descrivermi l’assassino?” – chiese ancora Jackie.
“Beh l’ho visto poco in viso, comunque era un ragazzo giovane… capelli neri, corti… atletico… era vestito quasi tutto di nero…mmm… e mi spiace ma non sarei in grado di aggiungere altro, l’ho visto bene quando era giù di spalle e stava fuggendo via.” – sembrava davvero dispiaciuto il vecchio di non poter dire di più.
L’orientale alzò le spalle per far capire all’altro che non era un problema, poi gli chiese nuovamente: - “Per caso si è accorto se era ferito?”
Il fruttivendolo batté le mani. – “Sì, esatto! Bravo che me l’hai fatto venire in mente! Era ferito ad una gamba, infatti avevo notato che mentre scappava via si teneva con la mano la gamba sinistra e aveva un modo di muoversi poco naturale.”
Il giornalista provò ad insistere. – “E ora si ricorda anche altro?”
Ma il vecchio scosse il capo. – “No, mi spiace, questo è tutto. Non so come poterti ancora aiutare. Per caso non è che vuoi della frutta? Le mie arance sono ottime…“
“La ringrazio ma non ne ho bisogno. Senta, capisco di averla messa in una brutta posizione per la sua deposizione… vedrò di tenerla sotto anonimato…” – lo rassicurò Jackie.
“Sì… grazie… già una sparatoria a pochi metri da qui non è una buona pubblicità, preferirei proprio che evitasse di fare il mio nome.” – rispose il vecchio.
Il ragazzo annuì e si congedò ringraziandolo ancora, l’altro in risposta gli lanciò una mela che lui afferrò al volo. Doveva far nuovamente ritorno al giornale, aveva delle foto da far sviluppare in tutta fretta.

capitolo quinto



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