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CAPITOLO 5

La riunione

Erano le sei del mattino e Don Luca si svegliò riposato, stiracchiandosi nel letto della sua camera. Dopo essersi alzato impiegò pochi minuti per ricomporsi e scese per la colazione.
Al piano sottostante trovò Livio già pronto che stava sorseggiando un caffè. – “Buon giorno Don Luca.”
“Buon giorno a te Livio, ti sei alzato presto stamattina.” – gli rispose.
“Eh sì, tra poco raggiungerò Riccardo all’Hotel Royal…” – fu la risposta del picciotto.
Il Don guardò l’orologio: mancava ancora parecchio tempo alla riunione. – “Visto che sei già pronto, potresti uscire a prendermi i giornali di oggi? Ci sono delle notizie che sono proprio curioso di leggere.”
“Come vuole Don.” – e dicendo questo si congedò.
Mentre finiva la colazione scesero anche Tommy e Ciro.
Inizialmente Don Luca non si ricordava di aver tenuto in villa tutta quella schiera di persone. Ultimamente non ci era più abituato, anzi faceva pure fatica ad avere a disposizione un picciotto libero da altri incarichi.
Scambiò qualche parola con i due e rimase in attesa dell’arrivo dei giornali.
Nonostante fosse abituato diversamente Jackie si svegliò molto presto. Uscì di casa e a bordo della sua macchina raggiunse la sede de “La voce di Crylo”. La redazione era già tutta mobilitata al lavoro, una lunga giornata per loro era già cominciata. Facendosi largo fra le varie scrivanie l’orientale andò subito da Mario. – “Ciao! Tutto bene? Ci sono stati dei problemi poi per l’articolo che ti ho fatto scrivere ieri?”
“Buon giorno Jackie! Tutto bene per il momento… e… no, non c’è stato alcun problema! Il tuo articolo sulla sparatoria di ieri è finito dritto dritto in seconda pagina… mentre in prima… c’è l’altro tuo articolo sull’uccisione di Pietro Alliata! Complimenti, hai fatto un ottimo lavoro!” – lo disse con sincera ammirazione.
“Beh, è stato anche merito tuo se abbiamo fatto in tempo a pubblicare i due articoli, quindi dopo ti offro un caffè, ok?” – gli disse l’orientale che voleva coinvolgerlo in quel momento.
L’altro annuì e riprese a smistare la posta.
Jackie invece vide che su un tavolino c’erano già le copie dei tre quotidiani cittadini. In quello de ‘La voce di Crylo’ c’era ampio spazio per un articolo davvero dettagliato sul caso Alliata. In seconda pagina c’era quello della sparatoria di via Pellegrini. Doveva ammetterlo, Mario aveva fatto un buon lavoro a riordinare i suoi appunti.
Poi iniziò a sfogliare la copia di ‘sCRYviLO’: riguardo l’uccisione del picciotto non c’era quasi nulla, anche perché era un argomento che era già stato trattato nel quotidiano del giorno prima. Invece era davvero completo l’articolo sulla sparatoria.
C’era anche una descrizione incredibilmente dettagliata dell’assassino. Nell’articolo si leggeva infatti che la persona che aveva commesso i due omicidi si era presentato a viso scoperto nella sede di quello stesso giornale e che aveva anche a lungo parlato con uno dei dipendenti. Quest’ultimo si ricordava benissimo la fisionomia della persona con la quale aveva parlato e ne aveva fornito un ottimo identikit.
“Caspita, che colpo quelli dello sCRYviLO! Si sono ritrovati un articolo d’oro servito su un piatto d’argento!” – commentò Jackie a voce alta.
A quelle parole Mario aggiunse: – “Eh sì, in effetti si sono ritrovati il protagonista in casa.
E sono stati parecchio a contatto con la polizia. C’era lì anche qualcuno dei nostri per beccare qualche indiscrezione ma non siamo stati molto fortunati… però…” ”….però cosa?” – chiese l’orientale.
”…però mi è parso di capire che la polizia ha ricevuto alcune informazioni che non sono state poi divulgate… o almeno ci è stato riportato questo dagli uomini che avevamo sul posto…” – gli disse Mario.
“Bene… se stanno così le cose ho un motivo in più per recarmi stamattina alla polizia!”- disse Jackie, che intanto stava prendendo il terzo ed ultimo quotidiano ‘Crylo all’ascolto’.
Anche in questo caso la notizia della sparatoria aveva maggior rilievo rispetto all’omicidio di Alliata.
Alla villa dei Santè in quello stesso preciso istante anche Don Luca stava sfogliando quei tre quotidiani.
Iniziò subito leggendo gli articoli di Jackie e nonostante ne fosse compiaciuto sia per i contenuti che per la forma, iniziava a chiedersi dove diavolo aveva mai potuto trovare il tempo per scrivere quei due articoli. Nella sua testa riprese spazio la vocina che gli suggeriva di seccare il cinese qualora si fosse fatto gli affari suoi.
Lesse anche sugli altri due giornali gli articoli maggiormente dettagliati della sparatoria: c’era qualcosa che gli suonava famigliare ma che al tempo stesso gli sfuggiva.
“Ciro, butta un occhio su questo articolo e su questo identikit… ti fa venire in mente niente?” – disse Don Luca mentre porgeva un giornale.
Il picciotto iniziò a leggerlo attentamente, ma gli venne più facile concentrarsi sull’immagine dell’identikit. Poi tornò nuovamente alle informazioni scritte sull’articolo e si avvicinò al Don. – “Ehi ma… sembra tutto coincidere… ma questo non ti pare il Macellaio? E il tutto è avvenuto in uno degli orari in cui non siamo riusciti a trovarlo nel suo bar…” Don Luca si mise una mano sulla testa. – “Ma porca… e noi che non volevamo dare nell’occhio… e questo fesso si mette a sforacchiare la gente in pieno pomeriggio a viso scoperto!”
Richiuse il giornale e si diresse verso il telefono, voleva convocarlo immediatamente da lui.
Compose il numero del bar “Da Angelo” ma dall’altra parte gli rispose un ragazzo di nome Nando con un tipico accento romano, il quale gli disse che stamattina il suo capo era già uscito.
Le cose sembravano già sfuggirgli di mano, non doveva perdere tempo e riorganizzare tutti i suoi uomini. – “Tommy, vai subito da Jackie e stagli addosso… ma addosso davvero, che da quanto ho potuto leggere ho l’impressione che ieri si sia preso molto spazio per gli affari suoi.
Tu, Livio, se non c’è altro raggiungi pure Riccardo e il nostro Giulio.”
“Beh una cosa ci sarebbe…” – balbettò il suo picciotto che sapeva che stava per dare una brutta notizia.
“Cosa c’è ancora?” – chiese il Don.
L’altro decise subito di sputare il rospo. – “Quando sono uscito a comprare i giornali ho visto che in giro hanno già appeso i manifesti di Livì Ariette che sarà al Club Apollo per San Petronio…” “Marò…anche questa gatta da pelare mi tocca…” – scosse il capo Don Luca – “Qui manca solo che mi arriva Don Tommaso a cazziarmi perché non ho ancora trovato l’assassino e la frittata è fatta…” – commentò amareggiato Don Luca. Poi riprese: – “E adesso Tommy e Livio andare pure, non dobbiamo star qui con le mani in mano.”
Quando Montgomery si vegliò vide che il picciotto era già pronto e seduto su una sedia. – “Sono le sette… non credi che sia ora di prepararti?” – gli disse in tono brusco Riccardo.
Il ragazzo annuì col capo, prese i vestiti confezionati da Valente e andò a lavarsi.
Dopo poco tempo era già pronto. – “Faccio anche in tempo a farmi portare la colazione in camera!” – disse il finto Giulio felice del fatto che avesse ancora tutto il tempo per fare le cose con calma.
L’altro gli impedì di alzare la cornetta del telefono. – “Prima le cose più importanti… te la ricordi ancora l’Ave Maria?” Il ragazzo si fermò per riflettere e poi rispose: – “Sì…. Sì…. No…e….No!” L’altro lo guardò basito, poi trovò lo spirito per aggiungere: – “Non credi che manchino le associazioni?” E l’altro scrollando le spalle riprese: – “Allora… Porto sì… Parcheggio no… Teatro no….e … Area di servizio sì.”
“Ottimo! Ricordi tutto… direi che puoi pure fare colazione!” – gli concesse Riccardo.
Jackie spense il motore della sua auto dopo aver parcheggiato proprio vicino all’ingresso della centrale di polizia.
In un attimo fu dentro e si ritrovò al cospetto del solito Peter, che lo stava aspettando secondo gli accordi presi la sera precedente.
“Peter, le ricerche hanno dato buoni risultati, ora sono pronto a darti un identikit degno di questo nome!” – affermò il giornalista con malcelato entusiasmo.
“Perfetto, allora faccio venire qui subito Bruno… e vediamo cosa salta fuori!” – il poliziotto sparì per qualche istante, dopodiché fece ritorno con il collega.
Jackie iniziò nuovamente a fornire la descrizione aggiungendo stavolta tutta la trafila di particolari dei quali era venuto a conoscenza al Circolo della Botte. Anche Bruno stavolta sembrava soddisfatto delle indicazioni date dall’orientale. Una volta terminata la sua opera, consegnò la bozza a Peter e tornò al suo lavoro.
“Bene bene bene, vedo che finalmente abbiamo in mano qualcosa per fare delle ricerche serie!” – fu il commento del poliziotto.
“Eh sì, te l’avevo detto! Quando credi che posso passare per avere un responso?” – chiese Jackie.
“Stasera… alle 19:30, come ieri…” – fu la risposta di Peter.
“Ma com’è possibile? La vostra ricerca ora ve l’ho molto ristretta… dovete guardare fra i vostri schedati solo gli europei e solo quelli che corrispondano alla descrizione…” – chiese dubbioso il giornalista.
“Sì, per carità è vero… ma diciamo che ieri mi ero fatto aiutare… oggi dovrei fare tutto da solo… con il casino della sparatoria avvenuta ieri in pieno pomeriggio, ci è stato richiesto di irrobustire i controlli e le ronde per la città. Quindi un bel po’ del personale sarà occupato per questa sorveglianza.” – si giustificò il poliziotto.
“Lo capisco…eh va beh… ma… a proposito di quello che è successo ieri… non è che tu puoi dirmi qualcosina in più? Qualcosa che magari vi state tenendo per voi…” – chiese Jackie senza girarci troppo intorno.
L’altro si guardò intorno e poi avvicinandosi disse a bassa voce: – “Eh ma quella che mi chiedi è un’informazione preziosa… è una cosa che sappiamo giusto noi, se si scoprisse sarebbe ovvio che la soffiata è partita qui dall’interno…” Jackie lo interruppe. – “Quanto è preziosa questa informazione?” Il poliziotto, sempre a bassa voce, riprese: – “Beh, ci sarebbe mio figlio che desidererebbe una bicicletta nuova…” L’orientale frugò tra i suoi risparmi ed estrasse tre dollari e senza farsi vedere li diede a Peter. – “Questi dovrebbero bastare… direi che c’è pure qualcosa in più.”
L’altro fece un cenno di assenso col capo e poi sempre a bassa voce iniziò a raccontare: – “Devi sapere che ieri, quando hanno controllato i corpi dei due uomini assassinati hanno trovato un biglietto di carta strappato da un piccolo bloc-notes dello sCRYviLO, sul quale era riportato uno strano messaggio. Allora i poliziotti sono andati ad interrogare quel tizio che sosteneva di aver parlato con l’assassino faccia a faccia e con le loro domande, senza farglielo capire, hanno avuto la conferma che quel biglietto fosse stato scritto dall’assassino in persona! Ma la cosa più strana era proprio quello che c’era scritto… in totale chi li ha ammazzati sosteneva di avere altre foto di Livì Ariette e a tal proposito chiedeva di incontrare Gabriel Novice. Ma ci pensi Jackie? In questo casino, in qualche modo è immischiata anche Livì!” L’orientale era abbastanza sorpreso da quella rivelazione… ora sì che ne aveva di piste da seguire! Ringraziò Peter per l’importante soffiata e decise di lasciare la centrale.
Il telefono cominciò a squillare. Don Luca e Ciro incrociarono i loro sguardi fino a quando il secondo si decise a rispondere. – “Pronto? Ah… sei tu. Sì è qui te lo passo.” – poi girandosi verso il Don riprese: – “E’ Tommy vuole parlare con te.”
Gli sembrava strano ricevere una telefonata a casa a quell’ora. – “Sì Tommy, che succede?” L’altro sembrava esitare ma poi rispose. – “Sono sotto casa del cinese… ma alla porta non risponde. Devo provare ad abbattere la porta?” Don Luca iniziò a borbottare qualcosa su come stesse cominciando male la giornata. – “Ascolta Tommy, ma la macchina è lì?” L’altro sul subito guardò in direzione della Chrysler nera, poi appena prima di rispondere intuì che forse il Don si riferiva alla macchina dell’orientale, di cui aveva già notato l’assenza nel vialetto. – “No, effettivamente la sua macchina non c’è…” “Eh allora perché diavolo vuoi tirare giù una porta? Evidentemente sarà già uscito! Senti, fai una bella cosa, ora provi a cercarlo al giornale. Se non lo trovi lì provi alla centrale di polizia. Nel caso non fosse nemmeno lì fai un ultimo tentativo al Circolo della botte, dopodiché se ancora non avrai cavato un ragno dal buco, torni qui in villa. Ci siamo capiti?” – disse il Don ormai spazientito.
“Ok, farò così… provo subito ad andare al giornale…” – lo salutò e chiuse la conversazione.
Don Luca si volse verso Ciro, guardò l’ora e vide che erano già le otto. – “Sbrighiamoci, andiamo alla sala Congressi, voglio vedere se riesco ad intercettare qualcuno dei partecipanti alla riunione che non eravamo riusciti a convincere. Chi lo sa… magari con un po’ di fortuna…” – e dicendo questo, insieme lasciarono la villa.
Scortato da Riccardo e Livio, Montgomery entrò nella Hall della sala Congressi. A quell’ora c’era poca gente e quell’immenso spazio era praticamente deserto. In fondo alla sala vide che c’era una donna minuta dietro ad una scrivania e vicino a lei c’era dell’altro personale, probabilmente appartenente alla squadra di sicurezza di quel posto.
Mentre il giovane si avvicinava vide che anche la donna le stava venendo incontro e lo accolse con voce squillante. – “Buon giorno signori! Avevate un appuntamento?” Montgomery si schiarì la voce. – “Sì, buon giorno. Sono Giulio Tarano e sono qui per la riunione che si terrà alle otto e mezza…” La donna iniziò a consultare un registro dopodiché fece un cenno ad uno degli uomini che si trovavano all’ingresso di un corridoio. – “Perfetto, ho in lista il suo nominativo. Posso avere un suo documento?” Il ragazzo non si fece pregare ed estrasse il portafoglio di Tarano dal quale trasse la sua carta d’identità, per poi mostrarla alla donna. L’altra, vedendo che tutto era in regola, fece un cenno d’assenso col capo. – “Bene signor Tarano, altri due partecipanti alla riunione sono già arrivati, quindi se vuole si può accomodare. La accompagnerà il mio collega direttamente nella sala adibita al vostro incontro.”
La guida fece un cenno a Montgomery di seguirlo e contemporaneamente anche Riccardo e Livio iniziarono ad avanzare. Quello spostamento venne subito notato dalla guida che si fermò.
– “Mi spiace ma la riunione è riservata, solo lui ha il permesso d’accesso.”
Riccardo tentò di giustificarsi. – “Ma io sono il suo portaborse…” E l’altro gli rispose: – “Penso che quella valigetta sia in grado di portarla da solo…” Poi intervenne la donna che li aveva accolti. – “Eh sì, mi dispiace ma è proprio così.
Dobbiamo garantire ai nostri ospiti la riservatezza richiesta dalla situazione.”
Prese parola il finto Giulio. – “Comprendo la situazione… ma se avessi bisogno di parlare con loro? Sto aspettando delle notizie urgenti…” – mentì spudoratamente per verificare se c’era la possibilità di tenerli con sé.
“In questo caso ci tengo ad avvisarla che la riunione verrà interrotta verso le dieci per un breve break di una ventina di minuti. Sa com’è… per staccare un po’… vi aspetta una lunga mattinata. Durante quella pausa vi sposterete in un’altra saletta, lì se lo vorrà, potrà ricevere la visita di uno dei suoi portaborse.” – concluse la donna.
A Montgomery quella soluzione sembrava ragionevole. – “Va bene, allora rimaniamo d’accordo così… Riccardo ti aspetto per le dieci e portami buone notizie…” Dicendo questo si volse verso la guida e con lui si incamminò lungo il corridoio.
Fecero una rampa di scale e poi sbucarono in un altro corridoio ai cui lati c’erano due lunghe file di porte. Camminarono ancora per qualche metro dopodiché gli venne indicato di entrare in una delle sale. All’interno vide una lunga tavolata, che avrebbe potuto ospitare una ventina di persone comodamente sedute. A quel tavolo avevano già preso posto due uomini, con i quali non appena fu a tiro scambiò una stretta di mano e veloci saluti.
“Come mai una sala tanto grossa se saremo solo in sei qui dentro?” – chiede Montgomery alla guida appena prima che questa abbandonasse la sala.
“Molto semplicemente per il fatto che sarete in sei solo nell’ultima parte della riunione, prima avrete la possibilità di avere in udienza i vari capo progetto delle iniziative per le quali deciderete di stanziare il vostro denaro, i quali vi mostreranno nel dettaglio tutti i punti a favore di ciò che propongono.” – dopo aver risposto, salutò tutti i presenti e sparì dietro la porta.
Sì. La mattina sarebbe stata molto lunga pensò Montgomery.
Jackie, mentre girava in macchina per le strade di Crylo, vide diversi manifesti riguardanti la presenza di Livì Ariette al Club Apollo nella serata di San Petronio. Un’idea balenò nella sua mente: magari non sarebbe riuscito a convincere la ragazza a presentarsi invece al Club del Giglio, ma nulla gli vietata di provare a sabotare l’Apollo.
Decise di passare a casa a cambiarsi: voleva indossare dei vestiti da battaglia per sentirsi più comodo nel caso si fosse trovato in situazioni difficili.
Una volta pronto ripartì in macchina in direzione del Club Apollo.
Don Luca e il suo picciotto varcarono l’ingresso della Hall della Sala Congressi. La percorsero per metà della sua lunghezza e trovarono Riccardo che li stava aspettando.
“Ricky… com’è andata? Non vedo Livio… è con Giulio?” – chiese impaziente.
L’altro scosse la testa e a bassa voce rispose: – “Non è con lui ma tutto sommato non è andata poi così male. La sicurezza ha portato nella sala riunioni solo Montgomery. Per noi non c’è stato verso… fino a quando alcuni gorilla si sono spostati. Io ho distratto la donna in accoglienza che vedi laggiù in fondo e Livio è riuscito a salire!” “Bene, questo ci voleva proprio… ora vediamo se riusciamo a passare pure noi…”. – iniziò a camminare in compagnia dei suoi picciotti fino a raggiungere l’estremità della sala, dove vennero fermati dalla receptionist.
“Buon giorno… Don Luca… ha per caso un appuntamento qui oggi?” – la donna aveva subito riconosciuto la persona che le stava di fronte.
“Buon giorno. No, in realtà avrei solo bisogno di salire nella sala che stamattina ospiterà la riunione con i diversi funzionari bancari… dovrei scambiare poche parole con alcuni partecipanti…” – gli disse il Don pensando che questo bastasse per far sì che le porte gli si spalancassero.
Tuttavia la donna fu ferrea. – “Ah. In questo caso mi dispiace ma dovrà aspettare il termine della riunione. L’accesso a quella Sala è autorizzato solo a poche persone e non sono ammesse eccezioni, sono spiacente.”
Don Luca provò ad essere altrettanto duro. – “Forse non mi sono spiegato bene, ma DEVO aver modo di parlare con quelle persone e non penso che lei possa impedirmelo…” “Forse io no, ma tutta la nostra sicurezza senz’altro…” – lo interruppe la donna.
Il Don perse la pazienza. – “Lei è? Vorrei sapere il suo nome.”
“Lucia Mandelli.” – rispose la donna senza esitazione.
Il Don voleva metterla in difficoltà. – “Va bene Lucia, può chiamarmi il direttore?” L’altra scrollò le spalle. – “Lo farei volentieri ma non è ancora arrivato, credo che sarà qui prima delle nove.”
Don Luca realizzò quindi che non sarebbe riuscito ad ottenere molto. – “Mi dica… non c’è altro modo per parlare con i membri della riunione prima che questa sia finita?” La donna lo guardò negli occhi e dopo qualche secondo di silenzio, riprese: – “Certo che è possibile. Alle dieci ci sarà una pausa e i nostri ospiti si accomoderanno in un’altra sala per un break. Potrebbe tornare a quell’ora e verrà accompagnato dalla sicurezza dove avrà modo di poter scambiare qualche parola con i nostri invitati. La avviso che la pausa sarà breve, non più di una ventina di minuti.”
Quelle parole diedero un minimo di soddisfazione al Don e mentre si allontanava dalla scrivania vide che dalla porta stava facendo il suo ingresso il funzionario bancario di Crylo, uno dei membri della riunione.
Don Luca gli si fece subito incontro. – “Saluti Mesino. E’ un piacere vederla qui oggi… giornata importante, eh?” L’altro gli rispose con un ampio sorriso. – “Saluti a te Don Luca! Sì, giornata fondamentale! E speriamo che tutto vada per il verso giusto… io naturalmente farò la mia parte…” “Ottimo, era quello che volevo sentirti dire!” – poi avvicinandosi e abbassando il tono della sua voce, Don Luca aggiunse – “Avrei bisogno che tu mi facessi un piccolo favore… puoi verificare chi è già arrivato e farmelo sapere? Quella donna con me non ha tanto collaborato.”
“Non ti preoccupare, ci penso io!” – e così dicendo si avvicinò alla receptionist.
Mentre questi iniziarono a parlare, l’attenzione di Don Luca fu colta da un nuovo arrivo.
Scortato da due sue guardie del corpo, con passo veloce stava avanzando Josè Casari, il petroliere che non era riuscito a corrompere.
Il Don lo intercettò. – “Saluti Josè.” – e si mise fra lui e l’accoglienza. Subito le sue due guardie del corpo si piazzarono in mezzo ai due uomini.
Il petroliere fece un gesto ai suoi come per dire di stare calmi e che non c’era niente di cui preoccuparsi. – “Saluti a lei Don Luca. Immagino che lei sia qui per la riunione… ma non sapevo che fosse tra gli invitati.”
Il Don rispose tranquillo: – “Sì e no. Nel senso che non prenderò parte alla vostra riunione ma è per questa che sono qui. Nel particolare mi vorrei accertare che lei abbia fatto la scelta giusta… credo che lei potrebbe trovare più vantaggiosa la mia offerta…” Josè rise beffardo. – “Ma le sembra il momento per aprire una trattativa? A cinque minuti dall’inizio della riunione?! No, ho già avuto modo di valutare le sue offerte ma non le ho trovate così tanto allettanti.” – concluse guardandosi intorno alla ricerca della persona alla quale presenziarsi.

Anche il Don si guardò intorno e vide un’altra persona entrare, da sola, ed andare spedita verso il corridoio, senza che nessuno provasse a fermarlo, ma scambiando solo dei saluti.
Don Luca incalzò nuovamente: – “E’ un peccato… insomma le scelte che le suggerirei di prendere oggi dovrebbero favorirla… un cantiere nuovo al porto e una stazione di servizio… sono proprio le cose che la fanno campare!” – ma mentre diceva questo vide che l’altro non gli stava più dando attenzione e riprese in tono più aggressivo: – “E lo farebbe proprio per il bene di tutti… non pensa ad esempio al bene di sua figlia? E’ una bella bambina, no?” Il petroliere si fece serio e le due guardie del corpo si strinsero ulteriormente per tenere a distanza il Don. – “Sì, è bellissima. Ma cosa crede di potermi minacciare? Ma per la carità, mi lasci in pace che mi ha già fatto perdere abbastanza tempo.”
Aggirandolo insieme ai suoi bodyguard si diresse verso la receptionist e dopo essersi presentato un uomo della sicurezza lo condusse da solo via da lì, seguendo un lungo corridoio.
Mesino approfittò del momento per tornare da lui. – “Se volevi sapere chi era già arrivato, mi spiace dirti che siamo già al completo. Prima di me erano già arrivate altre tre persone, poi è arrivato Josè ed infine l’ultimo era il segretario. Se non ti serve altro mi appresterei anch’io a raggiungere gli altri.”
Il Don gli appoggiò una mano sulla spalla. – “No, ma ti ringrazio comunque. Ora devi solo fare le scelte giuste, mi raccomando.” – e con queste parole il funzionario si congedò.
Riccardo e Ciro si riavvicinarono al loro capo e chiesero a quel punto cosa rimaneva loro da fare. – “Da qui alle dieci abbiamo ancora un po’ di tempo… Riccardo, tu rimani qui a controllare la situazione. Ciro, io e te possiamo fare una visitina a Livì.” – sentenziò con voce ferma.
Jackie parcheggiò lontano dall’ingresso del Club Apollo, ci teneva a non essere notato.
Esaminò con attenzione quel posto: non era nient’altro che una grossa villa con piscina riadattato a funzioni di locale privato. Effettivamente era ben curato e purtroppo per lui, doveva ammetterlo, anche difficilmente accessibile. Lungo tutto il perimetro del grande giardino della villa correva un’alta cancellata.
Provò ad avvicinarsi, rimanendo più sulla parte laterale e vide all’interno una figura muoversi. Non impiegò molto a capire che quello era il giardiniere e volle subito fargli qualche domanda. – “Mi scusi! Non vorrei disturbarla ma volevo sapere se il Club è aperto ora…” L’altro si fermò e conficcò la sua vanga nel terreno, poi asciugandosi il sudore che imperlava la sua fronte, gli rispose. – “No ragazzo, mi dispiace. Questo locale apre la sera…” Jackie si mostrò dispiaciuto. – “E’ un peccato… ci tenevo ad entrare… ho visto che qui da voi ci sarà Livì Ariette…” E il giardiniere gli rispose: – “Sì, questa è una notizia che qui dentro circolava già da un po’ di tempo, ma solo stamattina hanno voluto darne pubblica conferma!” L’orientale provò ad insistere sull’argomento: – “E sa per caso dirmi quando Livì sarà qui?” All’altro la domanda sembrava parecchio stupida. – “Certo, per la serata di San Petronio!” Jackie scosse la testa. – “Mi scusi forse non mi sono spiegato bene… intendevo chiederle se sapeva quando lei sarebbe venuta qui prima della festa, ad esempio per provare…” Il giardiniere allargò le braccia. – “Mi dispiace ma di certo queste cose a me non le dicono! Ora non vorrei sembrarle maleducato ma dovrei riprendere il mio lavoro…” Non gli rimase che annuire e ringraziarlo. Decise che era giunto il momento di avvicinarsi all’ingresso principale. Non appena fu a pochi passi da questo, da una specie di guardiola uscì una persona che gli si fece incontro. – “Sta cercando qualcosa?” Jackie si strinse nelle spalle. – “No, stavo solo facendo un giro ed ero venuto a vedere se magari trovavo qualche informazione su un possibile spettacolo di stasera… Mi sa dire chi ci sarà?” L’altro lo guardo dubbioso: dall’altra parte del cancello vedeva solo un orientale mal vestito che faceva un giro dove non avrebbe dovuto. Ma rispose comunque: – “Sì, stasera c’è un’orchestra jazz…” “Ah… bello!” – commentò Jackie – “E non sa mica dirmi dove poter recuperare qualche biglietto ed il loro costo?” Il tizio lo guardò con sufficienza e gli rispose: – “Costano quattro dollari ma sono spiacente, temo che tutti i biglietti siano esauriti.”
Probabilmente stava solamente facendo selezione all’ingresso e rendendosene conto provò nuovamente ad insistere: – “Allora è davvero un peccato, perché mi avanzavano proprio quattro dollari da spendere per questa serata…” L’altro lo guardò nuovamente male e aggiunse: – “Non le basterebbero comunque, per affittare uno smoking per entrare qui dentro le servirebbe almeno un altro mezzo dollaro…” “Ma io il mio smoking ce l’ho già, è a casa pronto per questa serata…” – disse l’orientale in tono di sfida.
L’altro sembrava divertito a questo punto. – “Beh, stando così le cose, provi a passare questa sera, con un abbigliamento adeguato e magari potrà trovare qualche biglietto ancora in vendita.”
“Perfetto, farò così!” – e dicendo questo si allontanò dalla cancellata sotto lo sguardo attento della guardia.
Nella stanza 305 Livì stava leggendo il giornale quando sentì bussare alla sua porta. Chiese alla sua guardia del corpo di andare a vedere chi fosse e quando sentì che le risposte provenivano dalla voce di Don Luca si affrettò a raggiungere anche lei la porta.
Vide che non era solo ma accompagnato da un suo picciotto. Era un po’ preoccupata ma li fece comunque entrare tutti e due.
“Ciao Livì, ero da queste parti ed ho pensato di passare a salutarti.” – cominciò il Don.
“Onestamente non mi aspettavo di vederti così presto… sai, dopo quello che è successo ieri… ma forse è meglio non pensarci più…” – disse arrossendo, sapeva di non aver toccato un tasto felice. Poi riprese: – “Comunque mi fa sempre piacere una tua visita…” “Ne sono contento.” – affermò il Don – “Ma già che sono qui volevo anche parlarti di un’altra cosa… ho visto in giro i manifesti per San Petronio. Non so quanto ti abbia dato Don Orazio ma credo che potremmo trovare insieme un accordo vantaggioso per entrambi, che ne dici? Mi piacerebbe se tu venissi al Club del Giglio…” La ragazza si fece seria. – “No… Luca… mi dispiace ma non posso accettare, qualsiasi sia la tua offerta.”
“Suvvia… se è un problema di denaro credo che riusciremo ad arrivare ad una soluzione ragionevole…” – provò ad incalzare il Don.
“Non è questione di denaro.” – disse in modo pacato Livì – “Diciamo che Don Orazio mi ha fatto un’offerta che non posso rifiutare.”
Don Luca si accigliò. – “E che razza di offerta ti avrebbe mai fatto che io non possa superare?” La ragazza era evasiva. Guardò prima lui, poi la sua guardia, poi il picciotto e poi ancora lui. Sembrava combattuta. Poi prese coraggio e avvicinandosi al Don gli disse: – “Andiamo a parlarne fuori, sulla terrazza, noi due soli.”
Fece strada e il Don si ritrovò a seguire quello splendido corpo che si muoveva, seguendo ogni movimento prodotto da quel passo delicatamente ancheggiante.
Si sedettero ad un tavolino e la ragazza sembrava ancora non essere a suo agio.
Fu Don Luca che decise quindi di rompere il ghiaccio. – “Livì… mi vuoi dire cosa sta succedendo?” L’altra mise una mano sul viso e dopo un attimo di riflessione cominciò a parlare. – “Tutti noi facciamo degli errori… anch’io ne ho fatti in passato, in un passato recente se devo essere sincera…” Il discorso iniziava a diventare di interesse per il Don che la invitò a continuare il suo racconto.
“Vedi… ho avuto una relazione con un politico… che… sì era stato gentile con me e mi aveva anche aiutato molto… ma aveva un piccolo difetto. Era sposato.” – si fermò per qualche secondo poi riprese – “Il vero problema fu quando una notte venimmo immortalati ripetutamente mentre eravamo a casa sua… in un momento decisamente… passionale…” Si fermò ancora per vedere la reazione del Don, poi continuò: – “Ebbene… quelle foto mi potrebbero rovinare… la mia reputazione, la mia carriera… tutto insomma. E quelle foto le ha in mano Don Orazio, il quale mi sta ricattando. Non solo dovrò esibirmi da lui per San Petronio, ma ha già pianificato tutta una serie di date nelle quali dovrò essere nel suo locale.
Tutto questo in pratica gratuitamente.”
Ora il problema era decisamente chiaro, solo che Don Luca non si aspettava che fosse di quella portata. – “Quindi se mi permetti di arrivare al dunque, se io riuscisse a recuperarti quelle foto non avresti più alcun legame con Don Orazio e potresti venire nel mio club per San Petronio…” Nell’altra si accese un barlume di speranza. – “Per San Petronio? Ma se riuscissi a recuperarmi quelle foto verrei anche a cantare a tutti i vostri compleanni!” – esclamò Livì.
Il Don era pensieroso. Recuperare delle foto sottraendole direttamente a Don Orazio era un’operazione molto pericolosa. Guardò l’orologio e vide che erano quasi le dieci. Si alzò e disse a Livì che avrebbe fatto il possibile e che ora la doveva salutare perché aveva un importante impegno.
Pochi minuti dopo Don Luca e Ciro lasciarono l’Hotel Royal sotto lo sguardo di un attento spettatore.
Montgomery non sapeva più a cosa pensare, quella riunione si stava dimostrando dannatamente lunga e noiosa.
Dall’inizio di quell’incontro aveva già avuto modo di assistere ad un’estenuante e dettagliata spiegazione su come la viabilità dell’area del polo commerciale avrebbe tratto beneficio con l’aggiunta di un secondo parcheggio.
Poi fu il turno dell’esposizione del progetto riguardante il nuovo cantiere al porto, che era risultato interessante, ma solo nei primi venticinque minuti, poi aveva avuto l’impressione che si parlasse solo di aria fritta.
L’attenzione venne richiamata dal segretario, il quale fece presente che erano le dieci e che potevano accomodarsi in una saletta poco distante per avere un momento di pausa.
Il finto Giulio apprezzò l’arrivo di quel momento, finalmente poté sgranchirsi le gambe, non era abituato a rimanere così tanto tempo seduto nella stessa posizione.
Quando raggiunse la saletta che gli avevano indicato vide che c’era Riccardo che lo stava aspettando. – “Come sta andando Giulio?” “Per il momento tutto bene… devo solo combattere contro il sonno.” – gli rispose Montgomery.
Dopo poco tempo fece il suo ingresso anche Don Luca, accompagnato da un uomo della sicurezza. Anche lui andò a sincerarsi con il giovane elettricista che tutto stesse andando per il meglio.
Poi decide di dedicarsi al funzionario bancario di Galliena, un altro che non era riuscito a corrompere, ma come era successo con Josè Casari, non gli diede molta corda.
I venti minuti di pausa terminarono molto velocemente e i sei dovettero ritornare nella sala della riunione, mentre tutti gli altri vennero riportati al piano sottostante.
Nella successiva ora e mezza vennero presentati i due progetti mancanti, anch’essi carichi di un forte potere soporifero nei confronti di Montgomery, il quale stava abbandonando le sue palpebre alle leggi di gravità.
Fu la voce del segretario che sanciva la fine delle dimostrazioni a dargli quella scossa che lo fece riprendere. – “Bene, tutto quello che c’era da sentire l’avete sentito. Sono stati tutti oltremodo precisi nel delineare i loro progetti. E’ giunto il momento della votazione.
Ora consegnerò ad ognuno di voi un fascicolo contenente un documento per progetto, nel quale dovrete indicare la vostra intenzione di appoggiarlo o meno e che dovrete firmare a fondo pagina. Dopodiché raccoglierò i vostri fogli firmati ed andrò a leggerne il responso, foglio per foglio. Credo che non debba aggiungere altro…” Le persone sedute intorno al tavolo risposero tutte affermativamente e sembrava che non vedessero l’ora di terminare quella lunga seduta.
Come aveva anticipato, il segretario iniziò a passare intorno al tavolo per consegnare i fogli da firmare. Per ultimo tenne Montgomery, al quale consegnandogli gli fece notare un foglietto che spuntava fra le pagine e gli fece un segno d’intesa.
Onestamente si aspettava che pure il segretario in qualche modo doveva essere corrotto ma non aveva ben chiaro cosa potesse contenere quel foglietto. Senza farsi vedere dalle altre persone, lo mise in una posizione tale da permettergliene la lettura.
Le cose si complicavano. Ma tutto sommato sarebbero stati problemi del vero Giulio Tarano. A lui bastava che gli fosse garantita la massima protezione fino a quando la faccenda si fosse conclusa.
Sui vari documenti mise le sue preferenze seguendo la sua Ave Maria e fregandosene del contenuto di quel biglietto. Volle apporre su ogni foglio vicino alla sua firma un solco fatto con l’unghia, in modo da essere sicuro che sarebbe stato in grado di riconoscere se quello era o meno il documento da lui firmato.
Il segretario passò a raccogliere tutti i documenti e poi si diresse nuovamente verso il suo posto. Senza sedersi, iniziò piano piano a prendere ogni foglio, leggendo a voce alta il nome del votante e la decisione presa.
Rimanevano solo i quattro documenti di Montgomery e la lettura dei precedenti fogli non aveva dato alcuna sorpresa. Il segretario prese il primo e dopo averne il letto il nome si fermò, come per assicurarsi di non essersi sbagliato, dopodiché lesse le quattro decisioni che aveva preso il finto Giulio.
“E questa era l’ultima scheda. Direi che dalla somma delle vostre preferenze è passato il finanziamento per la creazione del nuovo cantiere navale e dell’area di servizio vicino al comune.” – sembrava stizzito – “Vi chiedo ancora pochi minuti di attesa”.
Prese i fogli con le votazioni che aveva letto ad alta voce, li richiuse in una cartelletta ed andò alla porta. Dall’altra parte una persona prese i documenti e scambiò poche parole con il segretario. Quest’ultimo rimase qualche secondo sulla porta, poi tornò al suo posto.
Iniziò a compilare diverse scartoffie, applicò dei timbri e quando ebbe finito riprese parola.
– “Le decisioni sono state prese e qui abbiamo finito. Volevo solo rammentarvi di tenervi a disposizione nei prossimi giorni, per eventuali altre formalità che sarete richiesti di ottemperare per la buona riuscita dei progetti. Vi ringrazio per l’attenzione e vi lascio tornare ai vostri impegni.”
Tutto sommato era stato facile pensò Montgomery mentre con gli altri tornavano al piano sottostante, preceduti da un uomo della sicurezza.

capitolo sesto



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