Ogni riferimento a persone e cose esistite o esistenti e/o a fatti realmente accaduti e' puramente causale. Questo e' solo un gioco
 
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CAPITOLO 3

La sostituzione

Don Luca si fece largo fra i suoi uomini per raggiungere velocemente l’affollato tavolino al centro della sala. I tempi erano sempre più stretti, una persona da sostituire, faccende da sistemare, un assassino da trovare… e da far sparire nel più doloroso dei modi. Arrivato al tavolo il proprietario del locale subito fece i suoi omaggi al Don che rispose senza troppa convinzione concentrandosi immediatamente su Jackie. – “Ebbene, hai scoperto qualcosa? Hai degli indiziati?”
L’orientale si strinse nelle spalle – “Abbiamo una lista di persone, questo sì. E forse una pista da seguire, ma devo approfondire alcune ricerche…“
“E allora approfondiscile. Non c’è da perdere tempo. Quel bastardo dev’essere trovato il più presto possibile.” – lo interruppe Don Luca.\
Jackie si affrettò quindi a ritirare la lista di nomi che gli stava mostrando e aggiunse – “Sono d’accordo, quindi io andrei a fare ancora qualche altra domanda ai miei informatori. Con il tuo permesso tolgo il disturbo.”
Don Luca si accorse che non era la prima volta che l’altro gli dava del “tu”, ma su questo chiuse un occhio, mentre non poteva fare a meno di trattenerlo dicendo – “Fai pure tutte le indagini che vuoi ma non credere di andarci da solo. Tommy, accompagnalo.” I due si allontanarono fino a sparire oltre una porta e dopo poco tempo si sentì il motore di una macchina mettersi in moto nel parcheggio.
Non rimaneva che aspettare si diceva Don Luca… i suoi uomini erano lì con lui, tranne Livio che era in stazione per dargli quella garanzia in più che non ci sarebbero state sorprese per Tarano.
Doveva solo attendere ma non riusciva a rilassarsi.
Angelo Corleone stava strofinando lo straccio sul bancone del bar quando vide nuovamente la porta aprirsi. La persona che stava varcando la soglia in quel momento era la prima che gli aveva fatto visita in mattinata, il portavoce di Don Orazio.
Gli sembrava di rivedere una scena già vista: con assoluta calma l’uomo avanzava verso il bancone e nel suo lento incedere non abbassava mai lo sguardo da lui. Prese posto sullo sgabello proprio di fronte a lui.
Con un mano indicò la valigetta che Angelo aveva posto su un ripiano del bancone. – “Sono venuto per quella.”
Sentendo la strana affermazione del suo interlocutore, si fece ancora più vicino a lui. – “Non capisco…” “L’importante è che capisca io, ma soprattutto che l’abbia capito il Don. Quella valigetta era una prova, un modo di avere conferma della tua lealtà e a Don Orazio è garbato proprio come ti sei comportato.” – sentenziò il picciotto. Angelo trasse un sospiro di sollievo ma ancora non si fidava delle parole dell’uomo. – “Quindi mi sta dicendo che lei sa cosa contiene quella valigetta e che era un esame…” “Esattamente. Quella valigetta contiene informazione su Ciro Erba, false se proprio devo ammetterlo, e soprattutto tanto denaro. A tal proposito le comunico che comunque non sono qui per riprendermelo. Ma forse di è meglio parlare di queste cose non qui…” – disse con aria eloquente.
Angelo lo accompagnò nel retro. – “Cosa dovrei fare?”

L’uomo riprese – “Ci sarebbero un paio di lavoretti che lei dovrebbe fare… e una o due persone da far sparire…“
Con precisione gli diede due incarichi , fornendogli nuovi dossier, questa volta contenenti informazioni veritiere. Angelo ascoltava interessato e a suo parere i due servizi che doveva prestare a Don Orazio erano delle passeggiate.
“Va bene, allora passerò stasera, qui nel tuo bar prima della mezzanotte per prendere ciò che ti ho chiesto. Intesi?” – domandò l’uomo per concludere la loro trattativa.
Corleone annuì e accompagnò all’uscita l’uomo, dopodiché si fece nuovamente sostituire dal ragazzo che lavorava da lui e si diresse dove teneva i ferri del mestiere.
“Dove andiamo Jackie?” – chiese Tommy Calò mentre guidava tranquillamente per le vie di Crylo. Un pensiero stupido si fece largo nella sua testa: nel caso avesse mai deciso di diventare una persona del tutto rispettabile avrebbe anche potuto fare il tassista! “Torniamo alla centrale, devo riparlare con il mio amico di stamattina.” – il colloquio con gli uomini al Circolo della Botte gli aveva fatto venire qualche idea e dal momento che effettivamente non aveva tutte quelle piste da seguire che aveva sventolato di fronte a Don Luca, solo quella del misterioso uomo gli pareva percorribile. Giunsero in centrale e presto ritrovò il suo informatore. – “Ancora qui? Cosa posso fare per te?” “Guarda… è sempre per quello che è accaduto ieri sera… avrei bisogno che tu mi cercassi nei tuoi archivi qualcuno che corrisponda ad una descrizione che sono pronto a farti…” – disse a bassa voce l’orientale.
“Mi chiedi di guardare se c’è qualcuno con la fedina penale sporca che possa avvicinarsi a una tua descrizione? Beh ci vorrà un po’ di tempo… ma si può fare… in fondo mi hai dato un bell’incentivo stamattina…” – poi sembrò fermarsi a riflettere e riprese – “Aspettami qui un attimo, ho una persona che fa al caso nostro!”
Dopo pochi istanti tornò accompagnato da un altro poliziotto che teneva in mano un bloc notes e una matita. – “Lui è Bruno, è il nostro uomo degli identikit! Fai pure a lui la tua descrizione e vedrai che risultati!”
Jackie vide che l’altro uomo era già pronto in posizione e attendeva solamente che lui si pronunciasse. – “Beh… dunque… allora… era alto… e magro…“
“Alto quanto? E cosa intende per magro? Secco secco?” – chiese l’altro che ci teneva a fare un lavoro preciso.
“Sarà circa un metro e ottantacinque… e non molto grosso… anzi magro…” – provò a ripetere Jackie, prima di aggiungere una nuova informazione – “Ed era stempiato!”
“Cosa intende per stempiato? Aveva i capelli ma con un’attaccatura molto alta? O era quasi calvo? O aveva i capelli giusto nella parte vicino alle orecchie fino a ricongiungersi dietro?” – volle sapere il poliziotto.
“Ecco sì, proprio così come dice!” – commentò trionfale l’orientale.
Il poliziotto iniziava un po’ a perdere la pazienza, l’altro non gli stava dando molti elementi per l’identikit. Vedendo che l’altro non aggiungeva nulla decise di tenere per buona l’ultima proposta da lui fatta riguardo i capelli dell’indiziato. – “E mi dica… di che colore erano i capelli?”
Jackie rimase in silenzio.
“E il colore degli occhi?” – chiese il poliziotto sconcertato.
Ancora silenzio.
“E sa dirmi di che nazionalità era quest’uomo? La carnagione della sua pelle?” – chiese nuovamente esasperato.
L’orientale scosse la testa. Si stava rendendo conto che non aveva poi così tante informazioni per quella pista…
“Senta… per fare un identikit avrei bisogno di qualche dato tangibile… aveva qualche particolare segno di riconoscimento? Indossava occhiali o qualcosa di caratteristico?” – provò ancora a chiedere il poliziotto.
“In effetti l’ho visto da dietro… quindi non sono molto sicuro… però credo che non portasse occhiali…” – rispose Jackie abbastanza imbarazzato.
Bruno si strinse nelle spalle, guardò il suo collega e dopo aver salutato se ne andò.
“Jackie… se devo essere sincero effettivamente non ci hai dato molte informazioni… ma vedrò di sfruttare quel poco che hai fatto disegnare a Bruno per trovare se in archivio c’è qualcuno che possa corrispondere…” – sembrava quasi che il poliziotto lo volesse confortare dopo una brutta figura.
La voce del tenente echeggiò all’interno dell’ufficio. – “Peter, ma sei ancora lì a perdere tempo? Qui c’è da lavorare, se vuoi farti una chiacchierata, aspetta di uscire qui la sera e vai al bar.”
Jackie si mise in mezzo a difesa del suo informatore. – “Mi scusi ma stava solo facendo il suo lavoro… mi hanno rubato il portafoglio e mi stava aiutando con la denuncia…“
Il tenente riprese: - “Bene, se ora avete finito direi che allora può tornare al suo lavoro.”
Il poliziotto salutò Jackie molto velocemente. – “Scusa ma non posso intrattenermi oltre… passa qui stasera, verso le 19:30 e ti dirò se ho trovato qualcosa!”
Fece ritorno alla sua scrivania e Jackie e Tommy abbandonarono la centrale. Il Tenente invece riprese posto dove trascorreva buona parte del suo tempo, la saletta del caffè.
Don Luca camminava nervosamente per la grande sala del Circolo della Botte. Era l’una, Giulio Tarano doveva essere arrivato e presto il suo autista l’avrebbe condotto da loro.
“Tito, hai una saletta dove possiamo sistemarci mentre aspettiamo?” – chiese mentre continuava a guardare fuori dalla finestra.
“Certamente, possiamo metterci là in fondo, dietro al palco.” – rispose prontamente il proprietario.
“E non è che avresti anche un’altra stanza… molto più buia, molto più imboscata, molto più infossata, dove sistemare la persona che stiamo aspettando?” – chiese nuovamente il Don.
“Ceeeetto ceeeeetto, pure quella abbiamo! Se lì lo mettiamo siamo sicuri che poi nessuno lo potrà ritrovare… all’infuori di noi autri…” – disse in modo rassicurante Tito.
Ciro Erba che fino a quel momento era rimasto in silenzio decise di intervenire. – “Sì Don… fin qui ci siamo… ma poi che ne facciamo di Giulio?”
Il Don rispose molto semplicemente – “Lo teniamo nascosto per uno, anzi due giorni… dove nessuno lo andrà a cercare.”
“Ok… ma dopo? Questo quando lo libereremo andrà a cantare!” – commentò il picciotto.
A Don Luca questo dettaglio era sfuggito. In quel momento gli venne in mente quando più volte Tony Mancuso gli aveva domandato in vece di Don Tommaso, se aveva già pianificato tutto circa la sostituzione. Come poteva essergli sfuggito questo importante dettaglio?! – “Ciro tieni ragione… beh, noi iniziamo a tenerlo nascosto… e poi lo faremo sparire.”
Il picciotto preso in uno dei suoi soliti slanci cominciò a dire: - “Oppure potremmo fare come con Mimmo il Chiacchierone… che dopo la nostra lezione è diventato Mimmo il muto…“
Il Don scosse la testa. – “No, nel caso ci fosse da farlo fuori è il caso che sia qualcun altro ad occuparcene… è meglio se noi rimaniamo puliti.” Si fermò a riflettere, come se stesse cercando in qualche cassetto della sua memoria un nome che proprio non voleva saltar fuori. – “Ciro…in città c’è un tizio… che chiamano il Macellaio… come minchia se chiaaaama?” L’altro rimase un secondo a pensarci – “Ah sì, Angelo Corleone!” Don Luca annuì con convinzione. – “Sì, proprio lui! Chiamatelo, lo voglio qui.”. E mentre Ciro si allontanava in direzione del telefono, il Don riprese posto vicino alla schiera degli altri suoi uomini. Fece capolino Montgomery. – “Forse non è il momento ma vorrei avere qualche informazione in più su quello che avverrà domani.” Don Luca alzò gli occhi al cielo – “Miiii non mi dire che ti sei già dimenticato l’Ave Maria?” Il ragazzo non perse tempo nel rispondere. – “No no, quello è chiarissimo. Mi chiedevo dalla sostituzione in poi…” “Allora… verrai portato in albergo e rimarrai tappato nella tua stanza senza farti vedere né incontrare nessuno causa una brutta tosse, fino al momento della riunione… che avverrà…” – si volse verso Riccardo chiedendogli di venire in suo aiuto. “Domani mattina alle otto!” – rispose il piciotto. “Domani alle otto?! Ah… in questo caso facciamo pure che hai una brutta influenza e fino a domani non uscirai dall’hotel. Poi sarai in riunione con altre cinque persone, quattro dei quali avranno potere decisionale come te, più un segretario. Tutta gente corrotta… metà da noi, metà da Don Orazio e tu farai pendere l’ago della bilancia dalla nostra parte.” “Perfetto. Tutto chiaro. Ora vorrei avere qualche informazione in più sugli altri quattro. Il vero Giulio conosce qualcuno di loro?” – chiese impaziente il ragazzo. Si era accorto che mancava davvero poco alla sostituzione e ancora sapeva poco e niente. “No, solo uno di loro Giulio l’ha già incontrato in una precedente riunione ma non ha stretto rapporti di amicizia. Fra di voi sarete tutti estranei.” – rispose solennemente Don Luca. Dopodiché riprese: - “Per ciò che riguarda gli altri quattro, uno è il funzionario bancario di Crylo, un altro è un ricco petroliere, poi c’è un funzionario della Banca di Galliena e poi ancora c’è un potente proprietario terriero. Ti serve sapere altro?”
Montgomery ci pensò un attimo ed aggiunse – “In effetti sì. Ho famiglia? Sono sposato? Ho dei bambini?”
Prese parola Riccardo, che era una delle persone che aveva partecipato ai primi tentativi, non riusciti, di corruzione di Giulio Tarano. – “Hai una moglie, una ragazza molto bella, che non hai ancora ingravidato. Per il resto ti basti sapere che vivi da solo con lei e che se hai raggiunto una tale posizione nonostante la giovane età, è tutto grazie al denaro di tuo padre, che è il possessore della Banca di Nivarro.”
Mentre concludevano questo discorso, tornò Ciro che comunicò al Don che non era riuscito a trovare Angelo. Dopodichè si sentì il rumore del sopraggiungere di un’automobile. Giulio Tarano era arrivato. La macchina si era fermata nel parcheggio e dopo poco sentirono pure il motore spegnersi.
“Cosa dobbiamo fare?” – chiese il proprietario del locale.
“Prendete Tarano, solo questo.” – rispose semplicemente Don Luca. E tutti iniziarono a spostarsi in direzione della porta.
Da fuori si sentiva arrivare il rumore dei passi di Giulio e del suo autista, insieme a svariate lamentele del primo. – “Ma ti pare il caso di portarmi qui? Va bene che devo ancora pranzare ma potevi scegliere un posto un po’ più a modo!”
Il Don aveva già capito che un damerino stava per entrare in quella sala. Lentamente il buttafuori procedeva verso la porta.
“Ma proprio in questa cavolo di bettola dimenticata da Dio dovevi portarmi?” – disse Giulio varcando la soglia d’ingresso. – “E guarda! E’ un mortorio! Non c’è nessuno! Non dico che mi aspettavo un comitato di accoglienza, ma almeno un qualcosina di più pot….” – non riuscì a terminare la frase che un gancio del buttafuori lo colpì in pieno volto. Si era stufato di sentire le sue lamentele.
Giulio cadde al suolo privo di sensi dopo la poderosa tranvata ricevuta da Giò.
“Ben fatto!” – disse Don Luca entusiasta – “E ora portatelo via!”
Poi si avvicinò a Ciro e gli disse a bassa voce: - “E ora lo stesso trattamento anche all’autista”.
Ciro con calma si avvicinò all’autista facendogli i complimenti per l’ottimo lavoro svolto, lo prese sottobraccio e lo invitò a bere qualcosa per festeggiare. Lo condusse in una stanza a pochi metri da una delle due zone bar e dopo poco si sentì un tonfo sordo provenire dall’interno. Poi si vide Ciro che trascinava il corpo privo di sensi dell’autista.
Dall’altro lato del salone faceva il suo ingresso Livio Marturano, che aveva ormai terminato il suo compito di stare alle calcagna del sosia.
Il Don guardò l’orologio, non era presto ma non erano nemmeno troppo in ritardo. “Veloce Riccardo, porta il nostro Giulio all’Hotel Royal, là stanno aspettando il suo arrivo.” – poi, vedendo ritornare Ciro, aggiunse – “E Corleone? L’hai trovato?”
Il picciotto scosse il capo – “No, al suo bar non risponde…“
“E allora andatemelo a prendere!” – sbottò il Don facendo segno a Livio di partecipare al recupero.
“Maaa… con le buone o…..?” – chiese Ciro sempre in preda a quel formicolio alle mani… “Con le buone… oppure non con le buone…” – rispose il Don abbozzando un sorriso. Erano le 13:45 ed Angelo Corleone si trovava davanti alla sede di una delle tre testate giornalistiche di Crylo. All’interno avrebbe trovato l’uomo che cercava.
Con passo spedito attraversò l’ingresso e si ritrovò in una specie di Hall. Vide che le scrivanie si trovavano tutte in uno spazio aperto e che a pochi passi da lui c’era un giovane alle prese con la sua macchina da scrivere.
“Mi scusi, sto cercando una persona.” – disse Angelo per catturare l’attenzione.
“Mi dica chi e vediamo se posso esserle utile…” – gli rispose l’altro.
“Si tratta di un vostro giovane reporter, Gabriel.” – disse con calma Angelo.
“Aaah lui! Beh, a quest’ora è ancora in pausa pranzo, dovrebbe riprendere alle due… ma è sempre in ritardo quindi probabilmente arriverà tra una buona mezzora!” – lo disse come se ciò che aveva descritto fosse ormai un’abitudine frequente.
“Capisco… posso lasciargli un messaggio?” – incalzò Angelo.
“Certo, mi dica pure, ma l’avviso che se è un messaggio tipo inserzioni d’amore c’è da pagare una quota per essere pubblicati!” – mentre lo diceva voleva fare lo spiritoso ma vedendo la faccia del suo interlocutore capì di aver fallito il suo obiettivo.
Dal canto suo Angelo prese un foglietto di carta ed iniziò a scrivere. Una volta terminato lo diede all’altra persona unitamente ad una forte mancia che mise in imbarazzo l’altro ragazzo.
“Caspita… dev’essere una cosa davvero importante per…” – ma venne interrotto da Angelo. – “Pago anche perché tu non legga questo biglietto o lo consegni così com’è a Gabriel. Intesi?”
“Se devo essere sincero con il suo atteggiamento mi sta incuriosendo davvero… ma devo ammettere che per la mancia che mi ha dato sono pronto a tenere questo suo segreto.”
Angelo non fece commenti, si limitò a salutare e a lasciare la sede di “sCRYviLO”. Riccardo e Montgomery arrivarono davanti all’Hotel Royal. Il secondo sembrava aver acquistato maggior sicurezza in quanto sapeva che ora la sua scorta non poteva più prendersi alcuna libertà e sarebbe stato sotto i suoi ordini. O per lo meno lo sperava.
Come per testare questa nuova situazione prima di entrare nell’albergo disse al picciotto: - “E da qui in avanti devi stare in silenzio, penso a tutto io.” – si sentì rinfrancato per aver dato il suo primo ordine a un picciotto.
Si volse in direzione dell’ingresso e fece per provare un finto colpo di tosse ma un secondo dopo sentì una forte spinta sulla spalla che gli fece varcare la soglia in un terzo del tempo che avrebbe normalmente impiegato. A bassa voce Riccardo gli disse – “E tu non dimenticare come ti devi comportare con noi.”
Riprese a sforzarsi di tossire mentre si avvicinava al receptionist che li stava guardando in un modo alquanto incuriosito.
“Avrei una camera prenotata a mio nome.” – affermò Montgomery.
“Lei è?” – gli chiese.
“Giulio Tarano.” – rispose con decisione.
L’altro incominciò a sfogliare il registro delle presenze e trovando il nome suggeritogli esibì un sorriso, prese una chiave dalla bacheca alle sue spalle e la porse verso il finto Giulio. –”A lei signore, terzo piano, stanza 312.”
Poi guardando Riccardo aggiunse – “Ma la prenotazione era per una persona sola…“
Montgomery si affrettò nel giustificarsi dicendo – “Beh ma lui è solo il mio portaborse… mi porterà i miei bagagli in camera.”
“Ma non c’è bisogno! Abbiamo del personale apposta per questo genere di lavori… comunque se vuole far portare qui la sua valigia da lui, poi la farò accompagnare direttamente nella sua camera.” – lo interruppe l’altro.
Montgomery fece un cenno a Riccardo per dirgli di andare a prendergli la valigia, l’altro fece una smorfia ed uscì per recuperarla in macchina.
Mentre attendeva l’arrivo del suo bagaglio il finto Giulio si guardò in giro. Una visione lo lasciò a bocca aperta: dall’altra parte del salone, da una zona composta da divanetti, si stava alzando una ragazza splendida, elegantemente vestita e fine nei suoi movimenti.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso. Era qualcosa di eccezionale. Rimase con la sua immagine negli occhi anche quando la vide scomparire su per la scalinata.
Il receptionist notò immediatamente la reazione del ragazzo e sorridendo ricercò la sua attenzione. – “E stupenda vero? Eh sì… tutti abbiamo assunto quell’espressione la prima volta che ce la siamo trovata davanti! Nel caso non lo sapesse è Livì Ariette è starà per tutta la settimana qui nel nostro hotel!” – sembrava abbastanza orgoglioso di quanto aveva appena detto.
Montgomery annuì ed intanto arrivò Riccardo con la sua valigia. Il receptionist fece un segno ad un facchino che venne a recuperare sia la valigia che Montgomery e lo guidò fino alla sua camera.
Giunto al terzo piano vide che dall’altra parte del corridoio c’era ancora Livì attorniata da fans ma protetta dalla sua guardia del corpo.
Il facchino lo portò fino alla sua stanza, fece per estrarre il portafoglio per lasciargli la mancia ma si accorse di non averlo più, l’aveva lasciato negli altri suoi abiti. Chiese di attenderlo un attimo e ritornò a piano terra per parlare con Riccardo. Quest’ultimo aveva già inquadrato la situazione ed ancora prima che gli spiegasse il suo problema, il picciotto gli stava già allungando un portafoglio. – “Tieni… è quello di Giulio Tarano, trovi dentro i suoi documenti e un po’ di spiccioli.”
Montgomery fu felice di quel gesto insperato e corse nuovamente al terzo piano dove lo stava attendendo il facchino. Gli diede mezzo dollaro come mancia e poi gliene allungò altri 5.
– “Potresti far recapitare da parte mia un mazzo di rose rosse a Livì?” – chiese sottovoce. L’altro rispose facendo un cenno con il capo e lasciò la sua stanza.
Era ben arredata come camera. Dalla finestra poteva vedere la sala congressi che l’avrebbe atteso il giorno successivo, l’edificio era esattamente dall’altro lato della strada.
Tornò alla porta e provò ad origliare per capire se Riccardo fosse o meno dall’altra parte, ma non sentì nulla. Iniziò a fingere di tossire poi provò ad uscire e vide che il picciotto si era posizionato in mezzo al corridoio. Con noncuranza attraversò quello stretto spazio e giunse davanti alla porta dove prima aveva visto Livì. Era la 305.
Fece ritorno nella sua camera seguito da Riccardo.
Gabriel entrò di corsa in redazione. Come al solito era in ritardo e come al solito qualcuno gliel’avrebbe fatto notare.
Come aveva previsto, non appena seduto sulla sua scrivania, un suo collega gli si era già fatto incontro. – “Senti, so che anche oggi non sono stato molto puntuale ma ero a casa da mia mamma, non potevo lasciarle finire il pranzo da sola…“
“Guarda, non sono qua per richiamarti… tanto è inutile! Piuttosto, prima è venuto qua a cercarti un tipo strano. Voleva parlarti e non trovandoti mi ha dato questo biglietto per te.
Aveva un modo di fare particolare… e per consegnarti questo foglietto ha pure voluto pagarmi.
Dammi ascolto… tieni gli occhi aperti!”.
Gabriel prese il biglietto e ne lesse contenuto e senza mostrarlo all’altro.

Biglietto

Ho altre foto di
LIVI ARIETTE
ore 14:50 Bar Bé
Non cerco soldi
Solo vendetta

Quel messaggio era davvero interessante. – “Scusatemi ma nonostante sia appena arrivato devo subito uscire… faccenda importante!” – e dicendo questo Gabriel sparì dalla porta d’ingresso con la stessa velocità con la quale l’aveva varcata pochi minuti prima.
La Chrysler nera di Tommy si fermò davanti alla porta di casa di Jackie.
“Ora ho un po’ di cose da rivedere… avrò da fare per un bel po’ di tempo… quindi puoi pure tornare dal Don, io qui sono a posto…” – disse Jackie mentre scendeva dall’auto.
“No. Non hai capito. Don Luca mi ha detto di starti appiccicato? Ed è quello che farò.
Quindi da qui non mi sposto. In fondo non avevi voluto una scorta?” – gli rispose seccamente il picciotto.
L’orientale si strinse nelle spalle. Se voleva star lì ad aspettare erano solo affari suoi ora doveva pensare di produrre qualcosa per Oscar o il suo posto di lavoro avrebbe potuto diventare drammaticamente precario.
Salì in casa e si mise subito al lavoro per riordinare le idee. Entro sera doveva scrivere qualcosa di buono, di davvero buono.
Don Luca guardava l’orologio. – “Ma è possibile che quei due non siano ancora tornati?! Li ho mandati solo a qualche chilometro da qui…“
Mentre lo diceva Ciro e Livio entravano dalla porta sul retro del circolo.
“Miiiinchia, con comodo ve la siete presa…e il Macellaio dov’è?” – chiese esasperato Don Luca.
“Non c’era… l’abbiamo cercato al bar, lo abbiamo aspettato, abbiamo fatto qualche domanda, ma c’era solo un ragazzino al suo posto.” – gli disse Ciro allargando le braccia. “E non potevate dire al ragazzo di rintracciarlo?” – incalzò Don Luca.
“Ma io volevo non usare le buone maniere, ma il ragazzo sembrava proprio che non sapesse nulla…” – affermò Erba.
“Miiiii Ciro… fosse per te e in questa città saremmo solo in cinque…” – disse ironicamente il Don.
Sottovoce il picciotto aggiunse: - “Beh, fosse per me ci sarebbe posto anche per la tua cameriera…“
“Allora qui c’è da muoversi, devo andare all’Hotel per vedere com’è la situazione. Tu Ciro richiama il bar e dì a quel diavolo di ragazzo e lasciagli detto di comunicare ad Angelo di venire assolutamente oggi da me in villa, per le 16:30.” – dicendo questo riprese la sua giacca si diresse al parcheggio. “Ma io volevo non usare le buone maniere, ma il ragazzo sembrava proprio che non sapesse nulla…” – affermò Erba.
“Miiiii Ciro… fosse per te e in questa città saremmo solo in cinque…” – disse ironicamente il Don.
Sottovoce il picciotto aggiunse: - “Beh, fosse per me ci sarebbe posto anche per la tua cameriera…”
“Allora qui c’è da muoversi, devo andare all’Hotel per vedere com’è la situazione. Tu Ciro richiama il bar e dì a quel diavolo di ragazzo e lasciagli detto di comunicare ad Angelo di venire assolutamente oggi da me in villa, per le 16:30.” – dicendo questo riprese la sua giacca si diresse al parcheggio.
Il telefono della camera 312 iniziò a squillare.
Riccardo guardò accigliato Montgomery e gli fece segno di andare a rispondere; il ragazzo si diresse verso il telefono e per continuare la sua farsa, ancora prima di rispondere, iniziò a dare qualche colpetto di tosse. – “Coff coff… ehm… pronto?” “Mi scusi signor Tarano sono Nino della reception. Ho un messaggio per lei da parte di Livì Ariette: la ringrazia e dice di aver gradito molto il suo pensiero e vorrebbe invitarla a bere un drink nella sala bar di questo hotel nel pomeriggio. Posso confermare la sua presenza?” – chiese come se la risposta fosse già scontata.
Riccardo aveva sentito tutto, si era piazzato esattamente alle spalle di Montgomery e iniziò a scuotere la testa negativamente con fare minaccioso.
Il finto Giulio alzò gli occhi al cielo pensando che un’occasione del genere non gli sarebbe più capitata nella sua vita… ma anche che se voleva che quest’ultima fosse lunga gli conveniva fare come suggerito dal picciotto.
“Coff… mi spiace… sono davvero desolato ma devo rifiutare. Purtroppo il viaggio deve avermi creato qualche problema di salute e credo che oggi mi convenga stare a letto a riposo. Ringrazi comunque Livì.” – disse questo ma avrebbe voluto mangiarsi le mani.
“Come desidera signore…” – rispose l’altro sbigottito. Alla consegna delle chiavi non gli era sembrato che la sua salute fosse così precaria.
“Ah… mi scusi… già che c’è potrebbe chiamarmi un dottore, credo che sia il caso di farmi visitare. Se fosse disponibile potrebbe far venir qui il Dot. Gustavo Maluccio? Si sa che è uno bravo…” – chiese Montgomery.
“Caspita, è in città da poco ma conosce bene i dottori della zona!” – gli rispose Nino. Con una mano Riccardo si coprì il volto. Montgomery aveva capito che forse la sua era stata una grezza e si limitò a confermare al receptionist la sua volontà e poi chiuse la telefonata.
Angelo era seduto ad un tavolino del Bar Bè dal quale poteva sorvegliare benissimo l’ingresso senza farsi vedere. L’attesa non fu lunga, mancavano pochi minuti alle quindici e vide entrare un giovane ragazzo nel locale. Corrispondeva proprio alla foto che gli aveva passato il picciotto di Don Orazio.
Vedendo che il ragazzo era spaesato non vedendo nessuno che lo stesse aspettando decise di richiamare la sua attenzione. Si alzò e gli fece un gesto come per invitarlo a sedersi al suo tavolo.

Gabriel non si fece attendere. Prese subito posto davanti a lui ed altrettanto velocemente arrivò un cameriere a prendere le ordinazioni. Risolsero con un caffè per entrambi. “Ho ricevuto il suo messaggio al giornale…è molto interessante… tanto quanto curioso…” – affermò il giovane.
Angelo alzò le spalle – “Lo so. Ma non c’è molto da dire in più a quanto le ho scritto.”
“Capisco… ma lei quindi avrebbe delle foto di Livì Ariette… diciamo compromettenti… e si è rivolto a me. Come mai? – chiese il ragazzo voleva finalmente colmare il suo dubbio. “Lei lavora per un giornale, no? E io voglio solo vendetta. Quindi sono disposto a darle queste foto. Se è interessato bene, sennò cercherò qualcun altro.” – disse con calma Corleone.
Il ragazzo era titubante, qualcosa gli sfuggiva. Non capiva se potesse fidarsi o meno ma l’occasione che gli si era presentata gli faceva molto gola. Però doveva sforzarsi di essere razionale e aggiunse – “Va bene, sono interessato. Ma lei cosa vuole in cambio? Non ho un grosso budget a disposizione…“
“Lei non ha capito. Non voglio denaro, voglio solo avere la certezza che le foto che le darò saranno pubblicate. Non mi interessa altro, spero sia chiaro ora.” – concluse Angelo. Al giornalista sembrava che questa storia puzzasse sempre di più, ma non voleva comunque giocarsi questa possibilità. – “Accetto la sua offerta. Ha qui il materiale?”
“No, volevo prima assicurarmi che ne fosse realmente interessato. Sono disposto a consegnarglielo oggi. Mi dica dove preferisce.”
Gabriel ancora non si fidava di quello strano tizio e allora decise di proporre un posto che era sicuro sarebbe stato parecchio affollato. – “Potremmo fare in via Pellegrini, ci possiamo trovare vicino al fruttivendolo. Le va bene?”
“Va benissimo, troviamoci lì tra quaranta minuti e le darò le foto.” – disse Angelo con fare accomodante.
L’altro ragazzo annuì e vedendo che c’era poco tempo a disposizione si congedò in fretta e furia.
Anche Corleone lasciò il locale. Andò a prepararsi, vestendosi tutto di nero e recuperando alcuni ferri del mestiere. Anche se mancava ancora un po’ di tempo all’ora dell’appuntamento si recò sul posto per studiare bene la zona e programmare quali sarebbero stati i suoi spostamenti. Don Luca e la sua schiera di picciotti fecero apparizione nella hall dell’Hotel Royal. Facendo affidamento sul potere dato dalla sua fama riuscì ad ottenere senza difficoltà il numero della stanza di Montgomery, dove vi si recò senza indugiare. La prima cosa che fece fu chiedere a Riccardo come si stesse comportando il loro Giulio. “Benissimo! Sta curando bene la sua tosse!” – gli confermo il picciotto.
“E ha visto altre persone?” – incalzò il Don.
“Solo il tizio della reception e il facchino. A dirla tutta ha pure ricevuto un invito da Livì Ariette che è qui in albergo… ma l’ha dovuto rifiutare!” – gli rispose Riccardo. “Ah Livì è qui… bene bene bene!” – esclamò il Don.
La conversazione fu interrotta dal telefono che iniziò a squillare. Montgomery fece per rispondere, anticipando la sua risposta con gli ormai soliti colpi di tosse. – “Sì?” “Pronto… volevo avvisarla che è arrivato il dottore che ha richiesto, lo faccio salire nella sua camera.” – gli disse il receptionist.
“Coff coff… ahem… va bene, perfetto grazie.” – disse il ragazzo attaccando la cornetta. Nel giro di pochi minuti il dottor Gustavo Maluccio era già all’interno della stanza. Quel dottore aveva già seguito diverse volte la famiglia Santè e in più di un’occasione aveva anche fatto qualche certificazione poco regolare per andare in loro aiuto. Il Don gli fece subito capire che anche in quel caso si trattava di una finta visita e che avrebbe fatto bene ad accomodarsi per una mezz’oretta sorseggiando un whiskey in tutta tranquillità.
Quest’idea lo condusse ad un’altra… che poteva rivelarsi altrettanto vantaggiosa. Prese il telefono per chiamare la reception. – “Sì, sono Don Luca. Dovreste portare alla signorina Ariette una bottiglia di Champagne da parte mia. Grazie.”
Un gesto carino e di classe avrebbe potuto dare un buon risultato.
E così fu. Non passò molto tempo da quando il telefono riprese a squillare: era il receptionist che comunicava a Don Luca che Livì aveva gradito il suo omaggio e che lo invitava nella sua camera per berne un calice insieme.
Tronfio del suo successo il Don dopo pochi minuti si diresse nella stanza 305 dove la giovane ragazza lo aspettava. Purtroppo però la lunga conversazione ed i suoi tentativi di approccio non produssero i risultati da lui sperati. Infilò una sequenza di uscite poco fortunate durante la loro chiacchierata ed anche alcuni suoi palesi tentativi di avvicinamento risultarono alquanto goffi. Alla luce di tutto questo Livì simulò un mal di testa e chiese di poter essere lasciata sola a riposare.
Gabriel passeggiava per Via Pellegrini. Non era solo. Al di là della folla presente in quel luogo a quell’ora, la persona con la quale aveva parlato al Bar Bè non l’aveva convinto e aveva deciso di portarsi dietro un uomo di fiducia per guardargli le spalle. In fondo non gli era stato detto di presentarsi da solo, quindi non stava venendo meno ad alcun patto. Mentre raggiungeva il luogo convenuto vide da lontano che la persona con cui aveva appuntamento era già lì ad aspettarlo. Si avvicinò tenendosi al fianco la sua guardia del corpo e una volta vicini si scambiarono brevi saluti. “Bene… siamo qui… mi hai portato il materiale?” – chiese Gabriel che non vedeva l’ora che tutto finisse nel minor tempo possibile.
Angelo abbozzò un sorriso. – “Certo, ho tutto qui con me.” – disse questo estraendo dalla sua lunga giacca una busta e porgendola sul lato piatto verso il giornalista. Mentre effettuava questa operazione con l’altra mano stava già preparando la pistola, puntandogliela contro nascosta dalla voluminosa busta sovrastante.
Appena la mano del ragazzo si chiuse sulla busta partì un colpo di pistola, che raggiunse lo stomaco del giornalista, colpo fatale, il corpo crollò a terra inerme. La guardia del corpo estrasse velocemente la pistola tentando di fare un balzo laterale per disorientare Angelo. Ma il Macellaio quando agiva era freddo e preciso. Al suo primo colpo ne seguì un altro indirizzato al torace del bodyguard. Andò a segno ma anche il suo antagonista riuscì a far esplodere un suo colpo, che per fortuna di Corleone lo prese poco più di striscio sulla gamba.
Preferì non correre rischi e sparò un’ennesima volta contro l’uomo che aveva scortato Gabriel e fu nuovamente preciso. Dei tre era l’unico rimasto in piedi… ma soprattutto in vita.
Solo in quel momento si accorse che la gente intorno a lui urlava grida di terrore, scappando in tutte le direzioni, alla ricerca di qualche poliziotto che potesse intervenire.
Si chinò per recuperare la busta vuota che aveva portato con sé e velocemente corse verso un vicolo che aveva studiato in precedenza, attraverso il quale avrebbe potuto raggiungere velocemente ed indisturbato la sua macchina.
Si diresse immediatamente verso casa. Abitava nell’appartamento sopra il bar “Da Angelo”. Ritirò in garage la macchina, preferiva non lasciarla in girò.
Poi si fece una doccia e iniziò a medicarsi alla meglio la ferita alla gamba. Mentre faceva tutto questo, sentì che qualcuno stava insistentemente bussando alla sua porta. “Angelo finalmente sei tornato!” – disse il ragazzo che aveva preso come aiutante al bar. “Ora sono impegnato Nando, ho da fare.” – rispose Angelo da dietro la porta. “Fai come vuoi, ma è importante… oggi t’hanno cercato più volte gli uomini di Don Tommaso! Un paio di loro erano anche venuti qui a prenderti…” – aggiunse il ragazzo che non riusciva più a tenere per sé quello che era accaduto in giornata.
“Due picciotti? E cercavano me? Porca…” – iniziava ad essere preoccupato.
“Beh ma sembravano abbastanza tranquilli… comunque poi hanno ritelefonato… e mi hanno comunicato di dirti che oggi sei richiesto nella villa del Don alle 16:30.” – concluse il ragazzo.
Angelo non riusciva ad immaginare cosa diamine potessero volere da lui… aveva già abbastanza cose da fare e quei nuovi pensieri di certo non lo rinfrancavano. Sentì che Nando lo stava salutando per ritornare al bar e così aggiunse – “Nando, aspetta un attimo.” “Che c’è?” – chiese il ragazzo tornando sui suoi passi.
“Visto che manca poco tempo e tu hai la macchina già fuori sul viale ti spiace se uso la tua? Tu usa pure la mia, a me scoccia solo che l’ho già ritirata…” – domandò Angelo. Nando accettò di buon grado, aggiungendo che già che c’era avrebbe dovuto fargli un po’ di benzina visto che era a secco. Pensava di essere stato più furbo di lui ma non immaginava che il Macellaio voleva solo evitare di andare in giro con un auto che scottava. Meglio lui che me, pensava fra sé e sé.
All’Hotel Royal Don Luca tornava mestamente nella stanza 312. Fece in tempo a salutare il dottore che si era trattenuto più del previsto e mentre si era soffermato a ripensare alla figuraccia appena fatta la voce di Ciro lo trasse dai suoi pensieri.
“Don… è un po’ tardi, alle quattro e mezza deve incontrare quel sicario in villa!” – gli disse il picciotto con fare concitato.
Don Luca guardò l’orologio e si accorse di essere in ritardo. – “Hai ragione, non perdiamo tempo! Tu riaccompagnami in Villa. Riccardo, Livio, voi due rimanete qui con Giulio. Non mollatelo un attimo. Poi stasera mi farete rapporto.”
Dicendo questo varcò la soglia con passo spedito, ora aveva altri affari urgenti che dovevano essere sistemati.
Finito! Dopo ore di lavoro finalmente l’articolo era terminato! Jackie stava rileggendo ciò che aveva prodotto e ne era proprio soddisfatto: era riuscito a riversare tutto ciò che aveva appreso al circolo, omettendo solo alcuni particolari che preferiva tenere per sé, tutte le informazioni ricavate dal fascicolo recuperato in centrale in un unico articolo ottimamente realizzato.
Scese le scale in fretta e furia raggiungendo Tommy che era ancora in macchina a fare la guardia. – “Dovremmo andare al mio giornale…“
“Altre piste da seguire?” – chiese il picciotto.
“Più o meno…” – mentì l’orientale.
In poco tempo raggiunsero la sede de “La Voce di Crylo”. Non appena entrarono nel salone principale Mario andò subito incontro a Jackie. – “Finalmente sei qui! Ma credo sia meglio per te che tu abbia una bella e resistente corazza… Oscar è su tutte le furie per la tua sparizione di oggi… se ti becca è la fine…” – prese fiato – ”…e tra l’altro senza nemmeno avvisare! Dài, almeno una telefonata potevi farla per dirci che fine avevi fatto…” Jackie lo interruppe. – “No, non potevo… ero troppo preso nelle mie ricerche, e fidati, ne è valsa la pena. Dove trovo Oscar?”
Mario si strinse nelle spalle. – “Ovviamente nel suo ufficio… ma non so se ti conviene farti vedere…“
“Non ti preoccupare.” – concluse l’orientale, voltandogli le spalle e incamminandosi verso l’ufficio del capo redattore.
Quando quest’ultimo lo vide entrare avvampò. Si poteva leggere la collera nei suoi occhi. – Tu? Finalmente ti sei degnato di farci visita, eh? Ora sappiamo che sei ancora vivo… anche se non so per quanto…“
Ma l’orientale cercò di intromettersi in quella sfuriata. – “Sì, so che il mio atteggiamento le può sembrare strano ma stavo recuperando tutto il materiale per l’articolo…“
A quelle parole Oscar si scaldò ancora di più. – “Articolo che non mi hai ancora consegnato! Bella figura abbiamo fatto! Io contavo su di te per buttare giù qualcosa di buono e andare in stampa stamattina, seppure in ritardo, con un articolo di una notizia importantissima ancora fresca! E invece niente… ci siamo fatti battere da tutte le altre testate… pure quelli di sCRYviLO hanno dato la notizia prima di noi. Ma ti rendi conto quanto ci è costata la tua sparizione?” – era una fortuna che una scrivania separasse l’orientale dal suo capo.
Jackie estrasse la bozza dell’articolo che aveva scritto e la diede ad Oscar. – “Vede, c’è voluto più tempo del previsto, ma quello che abbiamo in mano noi surclasserà tutti gli articoletti degli altri giornali. Noi abbiamo un resoconto davvero approfondito di tutto il caso.”
L’espressione del capo redattore stava lentamente cambiando mentre dava una veloce lettura all’articolo di Jackie. Da infuriato era passato a scocciato, poi iniziando a leggere alcune parti che erano evidenziate sembrò essere interessato. Prese posto sulla sua poltrona e lesse tutto quello che il ragazzo gli aveva portato. – “Effettivamente è più che buono… ma come hai avuto tutte queste informazioni?”
“Faccio solo il mio lavoro… a proposito… prima pagina di domani?” – disse questo riprendendosi la bozza.
“Eh sì, questa saremo noi a far mangiare la polvere agli altri giornali!” – esclamò Oscar davvero convinto del buon lavoro di Jackie.
Quest’ultimo lasciò l’ufficio di Oscar con un’espressione più che soddisfatta.

capitolo quarto